Da una prospettiva evolutiva, è fonte di nutrimento e di sopravvivenza. Da un punto di vista sociale è molto di più e coinvolge aspetti erotici e sessuali, scientifici e sanitari, culturali e di costume, religiosi e anche magici. In Tette Sarah Thornton racconta come è cambiata nel tempo la sua percezione
C’è chi le mostra, chi le nasconde, chi le vorrebbe diverse e chi invece farebbe di tutto pur di non averle. In italiano le chiamiamo in tanti modi e quasi tutti hanno un’accezione almeno in parte negativa, spesso sessualizzata. In Tette. La rivoluzione femminile, presa di petto (Edizioni Sonda, 2025) la sociologa e autrice Sarah Thornton percorre un viaggio alla scoperta del seno, del suo ruolo sociale e culturale al di là degli stereotipi e di come questo si è evoluto nel tempo.
L’inizio della riflessione del libro parte dalla decisione dell’autrice di sottoporsi, dopo anni di biopsie, a una doppia mastectomia, che la porta a chiedersi «come mai guardiamo così tanto le tette ma riflettiamo così poco su di loro?». Da questa domanda inizia quello che Thornton chiama «una spedizione di ricerca», che affronta varie tappe e accompagna chi legge in luoghi che sembrano avere poco in comune l’uno con l’altro, ma che in realtà si rivelano collegati e che conducono a un percorso di analisi culturale del seno.
Da una prospettiva evolutiva, il seno è fonte di nutrimento e di sopravvivenza per i neonati, identificato spesso con il ruolo materno delle donne. In realtà, da un punto di vista sociale è molto di più perché può coinvolgere aspetti erotici e sessuali, scientifici e sanitari, culturali e di costume, religiosi e anche magici.
Spedizione di ricerca
La spedizione parte dal Condor Club, lo storico strip club che negli anni Sessanta ha contribuito a diffondere nell’ambiente la “moda” di essere disinvolte in topless grazie a una cameriera che serviva i clienti indossando solo la parte inferiore del bikini. Il Condor Club per Sarah Thornton è il luogo per osservare da vicino come si comportano le spogliarelliste, i modi con cui si approcciano ai clienti e chi sono gli uomini che frequentano quegli ambienti, ma soprattutto per intervistare ballerine di burlesque e sex worker. Ed è negli strip club l’autrice capisce che «in questo contesto i seni non sono tanto giocattoli sessuali quanto assistenti salariati», usati proattivamente per intrattenere e guadagnare.
Dal Condor Club la spedizione continua nelle banche del latte umano e racconta l’esperienza di alcune «donatrici in lutto», cioè donne che hanno perso il proprio figlio e che decidono di donare il latte per aiutare altre famiglie. Analizza da un punto di vista quasi scientifico il ruolo e la struttura della Mothers Milk Bank californiana, sottolineando l’importanza di questo luogo in particolare per i neonati nati prematuri e per i bambini che hanno genitori che per vari motivi non li possono allattare.
Emancipazione
«La moda può emanciparci?», si chiede l’autrice. «In molte circostanze i vestiti sono più eloquenti delle parole», si risponde. Basti pensare al power dressing emerso a partire dalla fine del Novecento, quando l’uso dei tailleur maschili che nascondevano le forme del corpo femminile era associato a potere e determinazione in ambito lavorativo.
Anche nella moda il seno ha un suo ruolo. Dai reggiseni ai costumi da bagno, Sarah Thornton intervista designer di intimo e di costumi ed esperte del settore per capire il ruolo dei reggiseni e la loro evoluzione nel tempo: rifiutati e bruciati alla fine degli anni Sessanta, sono stati per decenni ritenuti un indumento senza cui era impensabile uscire di casa, oggi molte persone hanno deciso di abbandonarlo perché si sentono più libere, mentre altre non riescono a stare senza.
Bellezza e salute
Per decenni sono state le gambe la parte più erotizzata del corpo femminile, poi l’ossessione si è spostata sui seni. Il boom è iniziato con il successo della rivista Playboy fondata nel 1953 dall’editore statunitense Hugh Hefner ed è continuato fino all’episodio finale della serie televisiva Baywatch nel 2001. Come spiega Thornton, quel periodo «ha idealizzato e globalizzato la sessualizzazione aggressiva dei seni», diffondendo la moda dei seni grandi, tondi, alti, non cadenti, non rugosi, idealmente perfetti.
Nel tempo si sono alternati diversi standard e per rispondere a quell’ideale è aumentata la diffusione della chirurgia estetica. «La maggior parte delle donne americane odia i propri seni», ha raccontato nel libro una designer di lingerie e costumi da bagno. Per questo chi può permetterselo a livello economico spesso decide di ricorrere a un intervento per modellarli a suo piacere. Per molti anni «le femministe hanno visto la chirurgia plastica, in particolare gli interventi estetici al seno, come la prova di un maschilismo interiorizzato».
Alcune hanno catalogato la chirurgia come una forma di sottomissione, di adeguamento a uno standard stereotipato e patriarcale imposto dalla società, condannando quindi qualunque tipo di intervento. Ma la chirurgia estetica non si è diffusa solo per rispondere a uno standard sociale, ci sono anche donne che l’hanno usata come mezzo di “resistenza”, di autodeterminazione, che hanno usato gli interventi come uno strumento per prendere possesso del proprio corpo, per piacersi e sentirsi meglio.
I seni però non sono solo simbolo di piacere, maternità o bellezza, a volte celano qualcosa di cui ci si vorrebbe subito liberare, che comporta operazioni, paura e cambiamento. Molti interventi di chirurgia plastica sono estetici, ma un numero significativo è eseguito dopo malattie o lesioni. «Quando una donna perde i seni a causa del cancro, la chirurgia ricostruttiva ha spesso lo scopo di ricostruire la femminilità» per questo, spiega l’autrice, «a volte vedo la mia ricostruzione del seno come un intervento di riaffermazione di genere».
La fine della spedizione
Esplorando ambiti che spesso sono rimasti ai margini anche delle rivendicazioni femministe, grazie al contributo di chirurghi plastici, consulenti dell’allattamento, modelle, designer, streghe e attiviste, Sarah Thornton accompagna chi legge in un viaggio in cui unisce esperienze personali e indagini sul campo, in una sorta di percorso di scoperta e consapevolezza.
Capisce che «un seno emancipato non ha un aspetto particolare. Può essere tonico, prosperoso o piatto; senza reggiseno o avvolto nel pizzo; modificato chirurgicamente, fonte di nutrimento o mezzo di guadagno». Perché secondo lei «un seno liberato non è dominato da criteri estetici. Né è soggetto alla costante pressione di uno sguardo maschile controllante o oggettificante».
Tette. La rivoluzione femminile, presa di petto (Sonda 2025, pp. 352, euro 22) è un saggio di Sarah Thornton
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