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Nulla è meno superficiale della moda, o dello stile in generale. Nessuno ne è fuori. La moda che un tempo si chiamava maschile, soprattutto. Siamo dentro a una “lunga durata” del tempo durante la quale a mano a mano il “colletto bianco” si sgretola per aprirsi verso l’indifferenza del genere.
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Siamo ancora lontani dal tramonto della rappresentazione del rigido patriarcato bianco, tutt’altro che finito e tuttora imperante specie nel vecchio potere. Ma l’assalto alla fortezza dello stile novecentesco è stato inesorabile e molte mura e porte sono crollate.
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Abbiamo messo insieme una sorta di giro di discussione su tre domande centrali per meglio entrare nel cuore delle cose. E per questo abbiamo chiamato un superteam: Gert Jonkers, Guy Trebay, Angelo Flaccavento, Giorgio de Mitri.
Nulla è meno superficiale della moda, o dello stile in generale. È un’affermazione banale, a prova di idiota: sono la nostra rappresentazione nei confronti dell’esterno, del mondo e dell’intera popolazione degli esseri viventi, umani e non. Basta sfogliare un qualunque sussidiario di antropologia. È inutile arricciare il naso. Nessuno ne è fuori. La moda che un tempo si chiamava maschile, soprattutto. Straordinaria, gloriosa, astrale o semplicemente altamente immaginifica nel corso di seco



