Cultura

Tartufi, annusamenti e igienizzanti. La crisi gastronomica vista da Alba

Un’immagine dell’asta mondiale del tartufo bianco ad Alba, quando ancora si poteva maneggiare il tuber magnatum pico senza igienizzarsi ossessivamente le mani FOTO LAPRESSE
Un’immagine dell’asta mondiale del tartufo bianco ad Alba, quando ancora si poteva maneggiare il tuber magnatum pico senza igienizzarsi ossessivamente le mani FOTO LAPRESSE

Si è appena conclusa la Fiera del tartufo, ma non se n’è accorto nessuno: annusare in compagnia è l’eresia più sozza. Nelle Langhe manca un antico rituale collettivo, ma mancano anche i turisti stranieri che pagano 30 euro la grattata

  • A metà di questa settimana, è finita la novantesima Fiera del tartufo. Solo che nessuno se n’è accorto: perché ci hanno provato, a tenerla viva, ma poi il decreto di fine ottobre ha staccato la spina.
  • Il kit in vendita per riprodurre in casa il pranzo a base di tartufo, col guanto affettatore e le tovagliette griffate, era il meglio che si potesse fare, stanti le restrizioni. Ma ha il sapore del volere e non potere.
  • E adesso chi se lo mangia, il bianco d’Alba? Non è un vino da invecchiamento, è un fungo ipogeo: a dieci giorni dalla raccolta, puoi buttarlo nel cassonetto. Parlare di freezer è come nominare Belzebù a messa.

Di questi tempi, l’anno scorso, per le vie del centro di Alba ci si prendeva a gomitate. A metà della strada principale, via Maestra, si veniva presi a schiaffi dalle vampate di tartufo bianco dei due negozi storici, con le campane di vetro alzate e abbassate di continuo per il rito collettivo dell’annusamento. Che quest’anno ci sembra la più sozza delle eresie: toccare in mille mani lo stesso pomello, maneggiare il tuber magnatum pico senza sfregarlo col gel, appoggiarlo al naso privo di masche

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