Confini e totalitarismi. La lezione di Einaudi sull’Europa da unire

Terra di popolo, la canzone scritta da The IIs Nobili Band, il gruppo composto dalle studentesse e dagli studenti del Nobili di Reggio Emilia, riassume il sentire delle giovani generazioni rispetto all’Europa: una costruzione in mezzo al guado, indefinita, eppure percepita quale approdo risolutore. «Europa sei grande ma piena di difetti», costruisci «un futuro che ora non c’è». Il brano da essi proposto compendia la incompiutezza di una istituzione dai meccanismi istituzionali farraginosi, con un irrisolto nodo sulla sovranità. Appartiene alle cittadine e ai cittadini oppure ai governi nazionali? L’Europa è meta naturale per la propria affermazione individuale, realtà necessaria in un mondo altrimenti grande e terribile, alle prese con trasformazioni dalla forza sconosciuta, che affascinano e insieme spaventano. L’apparente scetticismo nasce dallo smarrimento delle nuove generazioni. «L’Unione Europea fa la forza», l’evento della Fondazione Einaudi a Torino L’iniziativa della Fondazione Einaudi Così, la Fondazione Einaudi di Torino – istituzione accademica che dagli anni sessanta sostiene gli studi postuniversitari – ha promosso il progetto sull’Europa rivolte alle scuole superiori. Diffondere la conoscenza dell’opera di Luigi Einaudi sull’Europa, sulla democrazia, sull’economia, sulle libertà serve ad affrontare il presente. Il progetto si propone non solo di diffondere conoscenza, ma di stimolare la riflessione delle giovani forze del paese sulla prospettiva europea. Studentesse e studenti coinvolte/i in questi incontri promossi dalla Fondazione hanno espresso, rispondendo a un questionario, questo chiaroscuro nel rapporto con l’Europa. I risultati saranno al centro del dialogo nell’incontro dell’8 ottobre alle Ogr di Torino. Luigi Einaudi ha ancora qualcosa da dire alle nuove generazioni sulla questione europea, sulla consapevolezza che i confini nazionali sono angusti e ricchi di pericoli e non di opportunità nella realtà contemporanea, senza tuttavia che una nuova dimensione sovranazionale emerga in modo compiuto, col rischio di conflitti e di ricadute autoritarie se non totalitarie. La rivoluzione informatica, che si è presentata – ed è – occasione di una ancora più piena libertà e di nuovi impensabili sviluppi democratici, può però volgersi al contrario e divenire strumento di vecchie e nuove oligarchie, ristabilendo il controllo dall’alto e riproponendo in inedite forme la logica padrone sovrano/suddito sottomesso. Sono questi temi classici di Einaudi. Divenuto rettore dell’università di Torino nei quarantacinque giorni che intercorsero tra la liquidazione della dittatura fascista e l’8 settembre, egli con la moglie Ida riparò in esilio in Svizzera. Si gettò a capofitto in una attività pubblicistica in cui il tema dell’Europa primeggiava. Einaudi aveva ben chiare le ragioni storiche, politiche e pratiche, che imponevano allora la Federazione europea. Già in un testo del 1943, rimasto a lungo inedito, aveva affermato: «Senza saperlo, gli anglosassoni hanno combattuto per la stessa causa per cui ha combattuto Hitler: la unificazione dell’Europa. Hitler voleva unificare l’Europa soggiogandola. Tentativo mostruoso che è fallito. Gli anglosassoni, combattendo Hitler, hanno avvicinato il momento dell’unificazione europea da parte di stati liberali ed uguali». Il Rapporto Draghi un anno dopo. L’Europa sempre in affanno Le difficoltà dello stato nazione Era così tratteggiato un tema fondamentale che sarebbe stato al centro della riflessione di Hanna Arendt sul totalitarismo. L’approdo alla costruzione imperiale secondo una logica razzista costituiva una risposta alla crisi dello stato nazione. In fin dei conti, in quell’apparente sospensione dei processi di globalizzazione che si verificò tra le due guerre, con l’autarchia dominante e infine con lo scoppio del secondo conflitto mondiale si andava profilando una via totalitaria con l’obiettivo di individuare entità più vaste di fronte alle crescenti difficoltà dello stato nazione. Quella strada, costruita sulla distruzione dell’ebraismo europeo, di altre minoranze e sul trattamento semischiavistico di popoli ritenuti inferiori a vantaggio del popolo ariano eletto, era l’alternativa imperiale totale alla globalizzazione liberale. Esaltando appunto il monopolio in tutte le sue forme quale forma di brutale affermazione. Le grandi trasformazioni dell’ultimo cinquantennio hanno provocato, come hanno scritto gli storici, lo «shock del globale». Come tale, va sciolto e liberato. Riguardo l’Europa significa compiere i passi decisivi in avanti nell’integrazione e nell’affermazione della sovranità dei cittadini per non ritornare ai decenni della distruzione e della morte. Per i giovani l’Europa è una risorsa: il sondaggio della Fondazione Luigi Einaudi