Tra l’infinito e la mondanità. Una mattinata con Leone XIV

Sabato mattina, Roma, metà novembre che sembra marzo, se non fosse la fine del mondo sarebbe bellissimo. Sono in taxi, Palermo qualcosa, se mi dice l’indirizzo magari… certo scusi: Porta del Perugino, sa dove è? Certo, sono trent’anni che faccio questo lavoro. Riaccende il motore, alla radio pianoforte e orchestra. Mando messaggi al mio migliore amico: sono angosciata, non so come fare e lui risponde con un vocale mentre fa ginnastica: la fai troppo lunga, vai, ascolti il papa, gli stringi la mano e torni. Dopo poco il tassista: «Ma secondo lei cosa ci fa dire sì a quello che non vogliamo e cosa ci porta ad allontanarci da quello che ci piace?» E aggiunge: «Ho sentito che va dal papa, se mi posso permettere io la penso come lei: è l’uomo più potente del mondo, la capisco che sta agitata, ma faccia un rosario prima di entrare, una preghiera qualsiasi, e vedrà che tutto si dispiegherà di fronte a lei. Lei crede, nel senso ha fede?». E io: «Sì, credo, credo e dubito ma credo». E come mai va dal papa? Di che è il giubileo? No, non è il giubileo, è un’udienza dedicata – si dedicano le udienze? – a registi e attori, è il papa che incontra il cinema, organizzata da monsignor José Tolentino de Mendonça e Valerio Carocci presidente della fondazione Piccolo America. Ma solo «nostri»? No, no anche internazionali… E in effetti a parte gli italiani, tanti – da Bellocchio a Garrone, da Ozpetek a Buy a Ferzetti e Sandrelli – ci sono Refn e Lee, Gerwig e Van Sant… Il tassista, che si chiama Alberto: E secondo lei tutte queste persone credono? Il papa: «Il cinema va sostenuto, la sua sopravvivenza è in pericolo» Fatto soprannaturale Non penso, non lo so, ma non è un requisito per accedere a un’udienza, e poi il cattolicesimo è inclusivo e contiene gli opposti (più opposto di Maria Vergine e Madre cosa c’è?). Comunque si calmi, non si stia a preoccupare, lei non deve fare niente. Come quando ti operi, penso, hai paura anche se non devi fare niente. Sono agitata, quasi che l’udienza richiedesse un’azione e non solo l’ascolto – cara Elisa ti ricordo che il giorno del tuo battesimo al giovane prete che ti spiegava la liturgia hai chiesto in che momento era previsto il tuo discorso… che ovviamente non era previsto. Mi faccio lasciare davanti al Burger King a cento metri dalla porta, qui ho appuntamento con la mia amica Lorenza. Ci salutiamo, mi dice che la prossima volta vuole la risposta alla domanda iniziale… e mi ricordo che un prete tanti anni fa mi ha posto la stessa questione, però a proposito di Dio. La verità è che ancora oggi incontrare il papa è un fatto per certi versi soprannaturale. È come confrontarsi con un simbolo, o vedere l’istante in cui una persona nasce o muore o si innamora di te, insomma un’intermittenza dell’esistente che lo fa vibrare in modo diverso, e forse ne smaglia la griglia ossessivo-compulsiva di causa effetto. Aspetto Lorenza nella puzza di fritto, vorrei un tè ma ordino una Coca-Cola che non bevo. Dopo una decina di minuti arriva, è agitata anche lei, ma meno di me, e mi fa notare: hai aspettative troppo alte. Ha ragione forse, anche se in realtà non mi aspetto nulla di reale e concreto, vorrei solo sfiorare per un secondo quella grazia che certe volte mi è capitato di incrociare ascoltando un Angelus di Bergoglio o una messa delle ceneri di un giovane prete di periferia. Mondanità e spiritualità, una storia che va avanti da sempre, non posso certo scardinare oggi in pochi minuti una questione eterna. Raggiungiamo un gruppo di persone in abito scuro – da lontano sembra un funerale, perché ci siamo tutti vestiti di nero? L’incapacità contemporanea di gestire il cerimoniale, la forma. Da Wojtyła a papa Leone: il summit per la pace è qui, al meeting interreligioso di Sant’Egidio Eternità e attualità Mi fermo davanti la porta del Perugino, Lorenza saluta i suoi amici, mi metto di lato e immagino come sarà dall’altra parte, la percezione di un confine, ho la sensazione netta della differenza tra fuori e dentro, due città nella stessa, due possibilità in una. È ora di entrare, metal detector, documento, un piccolo corridoio e poi la luce, l’ordine e la scala diversa: giardini, San Pietro a portata, Santa Marta dove viveva Bergoglio. In quello che vedo non trovo una trama diversa, quella che distingue l’eternità dall’attualità. Ma che c’entra, questo è un luogo, uno spazio, è un fatto del mondo, abitato da uomini e donne (molte ragazze nello staff e suore con il velo crema e scarpe da ginnastica dalla faccia simpatica), che pensavi di entrare e ritrovarti in paradiso? O in una chiesa piena di incenso e con l’organo di Bach? Se credi di vedere l’invisibile, che come ti ha detto il primo cardinale che hai conosciuto è la base per credere, sono i tuoi occhi e doverlo fare, non puoi credere che un’istituzione possa accoglierti con queste rivelazioni. Non ho mai conosciuto un papa, anzi forse è meglio dire incontrato, perché conoscere significa un’altra cosa e credo di aver conosciuto Bergoglio perché l’ho ascoltato, seguito, vissuto, come pure Ratzinger che ho studiato e letto. Quanto ai precedenti ero troppo piccola e radicalmente atea per averne memoria… Leone non è il papa che sognava la destra Maga, rimane la frattura tra Vaticano e Usa Vietato passeggiare Camminiamo, hanno diviso i tanti ospiti in gruppi, io cerco di concentrarmi, di parlare poco e non dimenticare la meta di oggi, di sempre, che è una specie di pellegrinaggio quotidiano, o più laicamente di infinita erranza. D’altronde la vita funziona se siamo concentrati, nella distrazione si perde la mira, non si centra il bersaglio quindi: si compie peccato (etimologicamente, in greco, significa questo e non voglio dimenticarlo mai). Il giovane uomo che ci accompagna ci spiega che è vietato passeggiare, nello stato del Vaticano ti muovi se hai una destinazione, altrimenti resti dove sei. Noi però abbiamo una traiettoria precisa, dieci minuti di cammino, profumo di fiori invisibili, pace, un’ambulanza, e poi tutti i cliché da fotografare (si possono fare foto?) le guardie svizzere, la bellezza delle corti, il Rinascimento e tutto quello che è stato dopo e prima, tengo gli occhi con il fuoco lontano, non mi accorgo di quello che ho intorno, concentrati, prega, perché sei qui? Non è un’attrazione, una meta turistica, ricorda le tue scelte, resta anche quando dubiti anche quando vorresti andare altrove anche quando ami quello che misteriosamente ti ama e vorresti solo scappare (a proposito della domanda di senso del tassista). Allora che vuoi? La speranza che ci sia un Senso dietro i nostri errori e successi e insuccessi, dietro quest’apocalisse che viviamo e che non fa più neanche lo sforzo di dissimularsi. Papa Leone XIV ha raccolto l’eredità di Francesco. E l’ha fatta propria L’essenza della questione Siamo in anticipo, l’udienza è alle 11, un’ora da passare in una bella galleria affrescata. Gli altri parlano, giustamente, che altro dovrebbero fare? Mi siedo, non vado più lontano delle mie due amiche Lorenza ed Elena. È strano perché riconoscere qui volti amici, noti o conosciuti (nel senso di famosi) è quasi impossibile. In parte per la tenuta formale, in parte per il contesto, lo sfondo influenza la figura, la modifica e a volte la divora. A volte, come questa volta. L’unico che individuo, forse perché anomalia, è Viggo Mortensen che di schiena fa foto alle grottesche sulle pareti. Lo trovo un gesto dolcissimo ed intelligente: guarda esattamente nel modo opposto degli altri. Guarda come vorrei fare io. Perché non ci ho pensato? [Missing Caption][Missing Credit] Molti fanno foto, alcuni si chiedono se è il caso di fare foto, ma alla fine la voglia di esserci – a prescindere dalla propria religiosità e dal dove si è – vince pudore e remore ed ecco i primi post… così contemporanei agli eventi che sembrano generati dall’intelligenza artificiale il giorno prima. Sei anacronistica, sei assurda. Sì, è vero, lo sono, però credo pure che un briciolo di forma dovremmo difenderla e quindi nonostante la mondanità del momento, sarebbe importante tornare all’essenza della questione, che è sempre una questione di senso. Poco dopo le porte della sala Clementina si aprono, ci sediamo, fa caldissimo contro ogni aspettativa e calcolo, il papa non appare finché non si installa un silenzio affidabile, giustamente dovuto e invocato. La forma, il rispetto, i simboli, ma anche il buon senso. La solita tosse pre-concerto si dirada e si quieta quando entra e tutti applaudono (non ero pronta neanche a questo) e poi con gentilezza parla di tante cose, di soglia e speranza, di sale da salvare e immaginazione che si dilata, e poi che il cinema è «capace di diventare espressione della volontà di contemplare e di comprendere la vita, di raccontarne la grandezza e la fragilità, d’interpretarne la nostalgia d’infinito». È proprio questa nostalgia dell’infinito che combatte la claustrofobia dello stesso (infinito), il bersaglio, la meta che cercavo sabato e cerco sempre in questo pellegrinaggio mondano – che dobbiamo confermare ogni giorno, anche quando lo manchiamo. Forse, soprattutto, allora. Leone vola alto, ma la politica non lo ascolta