Ho fatto la mia prima modifica a Wikipedia nel 2005, il giorno del mio ventunesimo compleanno. Era un contributo da poco: avevo solo migliorato l’ortografia dell’articolo su un Pokémon, Bulbasaur, che era stato scritto in un italiano stentato, probabilmente da un ragazzino. Non che li amassi particolarmente, i Pokémon, ma era l’azione in sé che mi affascinava, che era assolutamente rivoluzionaria; sul web esisteva un sito che si poteva modificare liberamente, senza permesso. In maniera ancora più incredibile, quel sito voleva essere un’enciclopedia, scritta collaborativamente. Non immaginavo che quel sitarello sarebbe diventato così grande, così inestricabilmente intrecciato con la vita delle persone, fra cui la mia, in tanti modi diversi.

È stato detto molte volte che Wikipedia funziona in pratica, ma non in teoria. Anche in quel luogo ottimista e ansioso di scoprire il proprio futuro che era la rete dei primi anni Duemila, non sembrava possibile che un progetto sarebbe sopravvissuto ad un’apertura così radicale come quella che Wikipedia metteva in atto.

Invece, paradossalmente, la radicalità è stata quella che ha salvato Wikipedia, che l’ha resa ciò che è: l’unico sito, fra quelli più visitati al mondo, che non fa profitto e sopravvive di donazioni. Un progetto costruito quotidianamente da migliaia e migliaia di volontari anonimi, nel loro tempo libero, e che ha creato 55 milioni di voci in oltre 300 lingue in vent’anni di lavoro.

È praticamente impossibile sottostimare l’impatto che Wikipedia ha avuto sulle nostre vite: prima del web, la ricerca di informazioni era un affare che coinvolgeva biblioteche, schede di catalogo, giri fra gli scaffali e un'enorme dose di pazienza. Le enciclopedie storiche – come la Treccani in Italia o la Britannica nel Regno Unito – erano un privilegio di parenti colti e benestanti, oppure delle stesse biblioteche, che ancora oggi ospitano le enciclopedie in una saletta apposita per la consultazione.

In pochi anni, molto di ciò che volevamo sapere è stato scritto da qualcuno su Wikipedia. A volte in maniera incompleta o superficiale, molte altre in un modo che permette di farci un’idea e approfondire altrove. La nostra capacità di sapere e di conoscere si è moltiplicata per milioni di volte in un battito di ciglia, in un click di mouse.

L’obiettivo segreto e paradossale di ogni servizio utile è quello di diventare invisibile, di diventare infrastruttura: Wikipedia è lì, allo stesso modo dell’acqua corrente e dell’elettricità in casa. Non sappiamo ricordare o immaginare la nostra vita senza di esse, e nemmeno intuire il lavoro necessario per la loro manutenzione. Wikipedia è un’infrastruttura cognitiva ed educativa multilingue, ubiqua e capillare, costruita collaborativamente, volontariamente e gratuitamente, senza redazione centrale, senza un coordinamento centrale. In molti modi, un progetto completamente alieno dai luoghi digitali che frequentiamo tutti i giorni.

Pubblicità che non c’è

Prima di tutto, Wikipedia è senza pubblicità, il vero business model egemonico del nostro tempo, il solo che sia riuscito ad imporsi sulla rete a livello globale. Se la nostra vita può (quasi) interamente svolgersi sul digitale in maniera gratuita è perché l’infrastruttura digitale ci è fornita da gigantesche compagnie che ci regalano un servizio in cambio del nostro sguardo: le ripaghiamo guardando migliaia di piccole inserzioni pubblicitarie costruite su misura proprio per noi, con i dati che noi stessi abbiamo fornito. Wikipedia funziona invece solo grazie alle donazioni degli utenti: ogni anno la campagna di raccolta fondi raccoglie decine di milioni di dollari. Abbastanza per finanziare lo staff che mantiene il sito, pagare l’hosting e la bolletta della luce, nonché centinaia di progetti piccoli e grandi volti a organizzare i volontari wikipediani sparsi per il mondo.

Individualismo

Un altro aspetto in cui Wikipedia è completamente diversa è il suo radicale approccio collaborativo e non competitivo, orientato al progetto e non al singolo contributore. Nessuno firma gli articoli, neanche se ne è il creatore. Ogni articolo mantiene traccia di tutti gli utenti che l’hanno modificata, ma questa lista non è visibile se non cliccando la pagina “Cronologia”. Non esiste un concetto di proprietà, se non collettiva: su Wikipedia ogni voce è di tutti, tutti possono contribuire. Non solo i wikipediani esperti, ma anche i lettori: basta cliccare “Modifica” per dare il proprio contributo ad una voce.

Nei social che abitiamo, il singolo utente è sempre lo scopo: in maniera declinata diversamente, ma noi stiamo sempre coltivando un capitale sociale. Su Wikipedia, ogni riga aggiunta migliora il progetto, non si può monetizzare.

Beni comuni

Wikipedia è, letteralmente, un “bene comune digitale”. Come definito da Elinor Ostrom – prima donna a ricevere un Nobel per l’economia – un bene comune, un commons, non è (solo) una risorsa a libero accesso, come pensato dall’economia classica, ma qualcosa di definito e gestito da una comunità, secondo regole che essa stessa si è imposta, con processi per trovare un consenso accettato da tutti e metodi facili per la risoluzione di conflitti. I commons sono, in un certo senso, una terza via fra stato e mercato. E non è un caso che i commons abbiano trovato nel digitale il loro habitat migliore. Se la conoscenza è un bene comune, Wikipedia è un bene comune digitale.

Origini

Wikipedia nasce ufficialmente nel 2001, quando l’imprenditore Jimmy Wales e il filosofo Larry Sanger si trovavano in difficoltà con il loro progetto Nupedia. Wales aveva fatto i soldi con la bolla dot-com, e stava cercando di avverare il suo sogno di poter creare un’enciclopedia online. Per far questo, aveva assunto Sanger, un giovane accademico conosciuto, paradossalmente, in alcuni forum online dedicati ad Ayn Rand, la controversa filosofa dell’egoismo razionale.

Nupedia era un’enciclopedia tradizionale, con una redazione e un coordinamento centrale. Il suo problema era che stava procedendo troppo lentamente: una singola voce enciclopedica, scritta da un esperto, doveva passare un vaglio complicato, e ci metteva mesi per poter essere pubblicata.

Sanger decise di sperimentare con un nuovo tipo di sito, chiamato wiki (una parola hawaiana che significa “veloce”), che permetteva al lettore di modificare direttamente la pagina. Per scherzo o per disperazione, decise di dargli una possibilità e lasciare che la comunità anonima di lettori scrivesse l’enciclopedia: dopo il primo anno di vita, Nupedia aveva completato sette voci, Wikipedia oltre diecimila. La cosa interessante è che così facendo Wikipedia realizzava il sogno originale di Tim Berners-Lee, il creatore del world wide web: nei suoi progetti originali, mai attuati, le pagine web potevano dovevano poter essere modificate dagli utenti. Wikipedia incorporava in un unico progetto alcune tendenze che stavano correndo sotterranee per la rete: come l’etica hacker e la libertà di condivisione e modifica del software libero e open source.

Senza comitato di redazione, senza controllo centrale, libera e aperta nei contenuti, gratis per i lettori e gratuitamente scritta da volontari anonimi: Aaron Swartz era fra questi.

I vent’anni di Wikipedia sono un risultato incredibile, eppure con un retrogusto amaro. Se dobbiamo giustamente gioire per un successo insperato, di un progetto che, con tutti i difetti, rimane il più grande esperimento collaborativo della storia dell’umanità, un monumento stesso alla conoscenza e alla condivisione del sapere, è giusto chiedersi se nel web di oggi sarebbe stato possibile.

Non è affatto scontato – come afferma anche Katherine Maher, Ceo della Wikimedia Foundation – che Wikipedia potesse nascere anche oggi, in una rete così divisa e orientata al profitto. Proprio perché l’infrastruttura è invisibile dobbiamo prestarle tutta l’attenzione possibile. Le cose belle non vanno mai date per scontate.

Andrea Zanni, bibliotecario digitale, è stato membro del consiglio direttivo di Wikimedia Italia dal 2010 al 2016 ricoprendo varie cariche, fra cui quella di presidente.

 

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