Nella sua molto attesa introduzione al simposio virtuale dei banchieri centrali di Jackson Hole, il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha: 1) negato, con un’accurata documentazione, che vi siano prospettive di inflazione ed eccessi di domanda tali da richiedere un arresto brusco dell’espansione monetaria; 2) dato informazioni confortanti sui progressi dell’economia Usa verso la stabilità dei prezzi e la piena occupazione; 3) confermato quanto la Fed aveva detto in luglio: se le cose continuano come sembrano andare, entro l’anno si potrà cominciare a ridurre gli acquisti di titoli del Quantitative Easing; 4) rinviato i rialzi dei tassi a quando l’inflazione tenderà a superare il 2 per cento per un tempo sufficiente.

Nel complesso, buone notizie per i mercati: sono salite le borse ed è sceso un poco il dollaro, segnalando forse l’intenzione degli investitori di assumere fiduciosamente nuovi rischi.

Il compito della Fed, che guida il concerto delle principali politiche monetarie del mondo, è delicatissimo: uscire da più di un decennio di fortissimi stimoli espansivi, senza traumatizzare chi ha approfittato a lungo della sovrabbondanza di liquidità gonfiando i suoi debiti a tassi molto bassi e acquistando titoli in continua crescita di valore.

Andrà peggio o meglio?

L’uscita dev’essere ben preannunciata, molto graduale, pianificata ma capace di adattarsi alle continue evoluzioni degli scenari economico-politici. La Fed si è messa in cammino; la Bce, sorprendentemente assente dal simposio, è un passo indietro.

Powell, dal tono con cui parla, sembra senta di aver trovato un equilibrio che supera i contrasti fra i falchi, come vengono chiamati i fautori di politiche restrittive, e le colombe che vogliono continuare a creare liquidità e tenere i tassi molto bassi. Un equilibrio difficile perché, in tutti gli aspetti del problema, a buoni argomenti dei falchi si possono opporre plausibili argomenti delle colombe.

Per i falchi le vaccinazioni sono un successo e con la prossima primavera la pandemia sarà domata, mentre le colombe temono le varianti e nuovi intoppi alla crescita per la nuova ondata di contagi.

Secondo i falchi, il Pil cresce in modo brillante e scende la disoccupazione: si può togliere il piede dall’acceleratore monetario per non rigonfiare troppo la domanda. Per le colombe, la crescita attuale non è sostenibile e ripiegherà presto se si smettono gli stimoli.

I falchi temono l’inflazione che eccede già molto il 2 per cento; le colombe rispondono che l’accelerazione dei prezzi è temporanea e concentrata su alcuni prezzi che si fermeranno. I falchi temono che il rigonfiamento dei prezzi dei titoli finanziari formi bolle speculative pericolose, mentre le colombe temono che l’interruzione dello stimolo monetario produca panico fra gli investitori e faccia crollare le borse.

I falchi danno ragione a chi critica l’espansione monetaria dell’ultimo decennio perché, rigonfiando i prezzi delle attività finanziarie detenute da chi è più ricco, ha esasperato la diseguaglianza delle ricchezze; le colombe, pur comprendendo l’argomentazione, sostengono che la crescita sospinta dall’espansione monetaria aumenta di più i salari bassi di quelli alti, riducendo perciò la diseguaglianza dei redditi.

I falchi sostengono che le politiche di bilancio molto espansive dei governi bastano a sostenere la domanda aggregata e possono sostituire gli stimoli monetari; le colombe dicono che le due politiche sono complementari e l’espansione della spesa pubblica dev’esser facilitata dalla creazione di liquidità della banca centrale.

Secondo i falchi le politiche espansive scoraggiano la ricerca di investimenti più produttivi e lo sforzo politico di fare le riforme strutturali che favoriscono la crescita di lungo periodo, mentre per le colombe è vero il contrario.

Colombe in vantaggio 

Le banche centrali dovrebbero essere in grado di pesare empiricamente gli argomenti e decidere da che parte pende la bilancia. Ovviamente non è un compito facile e, dopo tanti anni di politiche molto espansive, la bilancia tende ad avere un bias favorevole alle colombe.

Il loro vantaggio sta nel fatto che non chiedono nuovi provvedimenti, anche perché è difficile immaginare come essere ancor più espansivi, ma solo la continuazione delle politiche in corso. Soprattutto in periodi di grande incertezza generale, la tentazione di rinviare i cambi di politica è spesso irresistibile.

Senza contare le pressioni ad acquistare titoli e tener bassi i tassi che le banche centrali, pur difendendo la loro indipendenza, subiscono dai grandi debitori pubblici e privati.

Vedremo nei prossimi tempi se la Fed avrà davvero superato il bias attuando con coerenza una graduale normalizzazione delle sue politiche. E vedremo se, compatibilmente con le rispettive situazioni macroeconomiche, altrettanto faranno le altre maggiori banche centrali.

© Riproduzione riservata