«Prova a metterti nei panni di un Profeta», ho detto a mia moglie. «Quello ti grida nelle orecchie: ti succederà questo ti succederà quest’altro. Più che profezie sono degli ordini. Se tu non gli dai ascolto e fai delle cose diverse, lui si trova in difficoltà e prima o poi si vendica».

«Ma che cosa stai a dire, Gaspare, si tratta di un sogno!»

Avrei voluto spiegare a mia moglie che i Profeti mica si incontrano di giorno in via del Tritone. Sono entità che vengono da lontano, di notte, in sogno. Ma non avevo voglia di imbarcarmi in una discussione e allora ho tagliato corto.
«Io ai sogni ci credo, tutto qui».
«E io nei panni di un Profeta non mi ci metto», ha risposto mia moglie.

Aveva una barba lunga e nera, la fronte alta, e indossava una palandrana bianca che gli cadeva sui piedi, proprio come i Profeti che si vedono dipinti nelle chiese. Che fosse Isaia Geremia Ezechiele o Malachia non saprei dire. Non mi ha detto il suo nome, ma sapeva che io mi chiamo Gaspare e che faccio l’ascensorista.

«Tu che sali verso il cielo con i tuoi ascensori», mi aveva detto, dimenticando che gli ascensori salgono verso il cielo ma poi ridiscendono verso la terra.

È la seconda volta che sogno lo stesso Profeta. La prima volta, due o tre anni fa, mi ha consigliato di investire i miei risparmi in azioni della jwt. Si sono raddoppiate nel giro di un anno.

«Stai a sentire, Gaspare», ha detto mia moglie, «ho capito che vuoi andare a caccia in Umbria: vai pure, ma non raccontarmi queste scempiaggini».

«A caccia? Lascio a casa la doppietta, non ti basta?»

«Sai cos’è? Io non mi fido dei Profeti. Hai in mente quegli imbroglioni che si vedono in tv con la palla di cristallo?»

«Questo viene dalla Bibbia, non dalla tv. L’altra volta ci ha fatto guadagnare un fracco di milioni in Borsa».

«L’altra volta lo hai sognato che stava a Francoforte seduto sul grattacielo della Deutsche Bank. Questa volta mi hai detto che stava seduto su una nuvola. Capisci la differenza? Ma lasciamo perdere, a me mi serve la macchina per andare a Fregene da Carolina. Basta che ne prendi una in affitto e poi vai dove ti pare. Però mi sembra una gran frescaccia andare fino a Massa Martana perché te lo ha ordinato un Isaia qualsiasi in sogno».

«Io non so se era Isaia o Malachia, era un Profeta della Bibbia e mi ha ordinato di andare a Massa Martana. Questo è tutto».

«Eccolo lì. Volevo andare a Fregene e subito arriva il Profeta per rovinarmi il sabato».

«Perché non facciamo testa o croce a chi prende la macchina?»

«Io sento che devo andare a Massa Martana perché da quel bambino pare che dipende il futuro del mondo».

«L’ha messa giù dura il tuo Profeta!»

La partenza

Ho dovuto discutere, ma alla fine mia moglie invece di andare a Fregene ha deciso di andare al cinema, Kevin Costner è il suo idolo, così ha lasciato libera la macchina. Naturalmente a mia moglie non ho detto che a quel bambino dovevo portare un regalo d’oro. Un oggettino qualsiasi, aveva detto il Profeta, ma deve essere d’oro. Di nascosto sono andato a frugare nei cassetti e finalmente ho trovato una catenella che avevamo regalato a Carolina il giorno della Prima Comunione. Peccato per la catenella, ma dovevo obbedirgli a tutti i costi.

«Ma guarda un po’ se devi fare più di cento chilometri per un sogno, per dare ascolto a un Profeta», ha detto ancora mia moglie mentre stavo uscendo di casa.

«Scusa tanto, ma anche Gesù Cristo ha fatto quello che dicevano i Profeti».
«Bravo. Fai come Gesù Cristo e vediamo che cosa ti viene in tasca».
«Sarà meglio Gesù Cristo o il tuo Kevin Costner?»
«Io vado al cinema e tu vai a Massa Martana. Divertiti».

Sono uscito sbattendo la porta così le ho mandato di traverso il film e il suo Kevin Costner. Al casello di Orte mi sono fermato a fare benzina, quella verde perché io sono ecologico della prima ora. Poi ho parcheggiato la macchina e sono andato al bar a prendere un caffè. È qui che mi si è avvicinato un tizio e mi ha domandato se sapevo la strada migliore per andare a Massa Martana.

«Devo andare a Massa Martana anch’io. Ho qui la carta del Touring. Secondo la carta bisogna uscire dal casello di Orte».

Gli ho mostrato la carta del Touring. Si poteva arrivare a Massa Martana prendendo la superstrada per Perugia e poi la statale per Foligno. Una cinquantina di chilometri.

«Posso venirle dietro con la mia macchina? Così sono sicuro che non mi perdo. Devo arrivare a Massa Martana prima di mezzogiorno e poi da lì devo cercare una casa di campagna».

Quel tizio tirò fuori un pezzo di carta spiegazzato dove aveva scritto il nome della casa.

«Il casale Trefinestre».

«Cristo che coincidenza! Anch’io devo andare al casale Trefinestre».

«Buona cosa, andiamo insieme».

«Sono le dieci e mezzo. È meglio che ci mettiamo sulla strada. Se vuole può seguirmi, però io pensavo di fermarmi cinque minuti a Terni per comprare un regalino, una catenella d’oro o qualcosa del genere».

«Se passiamo da Terni facciamo tardi», disse il mio compagno.
«Io le consiglio di arrivare a Massa Martana. Un regalino così si può trovare anche lì».

«Ci sarà un orefice?»

«Sicuro. Massa Martana fa comune, è un paesone con tanti negozi».

«Ma sì. Alla peggio un regalino d’oro ce l’ho nella borsa. Ho preso una catenella in un cassetto di casa, ma preferirei comprare qualcosa di nuovo. Sa com’è, se si può evitare di toccare le robe di casa è meglio».

I regali

Mi dà molto fastidio viaggiare con una macchina al seguito. Bisogna sempre stare lì a guardare lo specchietto e se la perdi devi fermarti ad aspettare.

Quasi quasi era meglio se dicevo a quel tizio di salire sulla mia macchina, ma ormai avevamo deciso così.

Siamo arrivati a Massa Martana alle undici e quaranta. Ho trovato un negozietto di orologiaio e il mio compagno ha voluto accompagnarmi. Ho chiesto al negoziante una catenella d’oro o un ciondoletto per un neonato. Ho comprato la catenella, ottantacinquemila. Il mio compagno mi guardava con curiosità. Quando siamo usciti dal negozio si è presentato.

«Io mi chiamo Baldassarre Diotallevi».

«Gaspare Reali».

«La cosa strana è che andiamo nella stessa casa e che tutti e due portiamo un regalo per un neonato».

«Anche lei?»

Baldassarre si mise a ridere.

«Lei non ci crederà, ma io sono venuto a Massa per via di un sogno. Ho sognato un vecchio con la barba che mi ha ordinato di venire a portare un regalo a un bambino nato in una famiglia di povera gente. Pare che quel bambino farà cose grandiose, così ha detto quel vecchio con la barba».

«Cristo!»

«Che cosa c’è?»

«C’è che anch’io ho sognato un Profeta che mi ha ordinato di venire qua».

«Dio santo!», esclamò Baldassarre. «Lei dice che era un Profeta anche il mio?»

«Non saprei. Io è la seconda volta che sogno lo stesso vecchio con la barba. La prima volta è stato lui a dirmi che era un Profeta, ma la cosa seria è che mi ha fatto guadagnare un fracco di milioni in Borsa. E allora, lei capisce, quando mi ha detto di venire qua e di portare un regalo a questo neonato io ho preso la strada e sono venuto di corsa. Questi Profeti vanno forte con la Borsa. Chissà se mi dà una dritta anche questa volta».

«Anche il mio aveva la barba, ma non mi ha detto che era un Profeta».

«Si vede che voleva rimanere in incognito».

«Vai a capire. Il mio non ha parlato di soldi. Sono venuto solo per scaramanzia. Sembrava che se non venivo sarebbe crollato il mondo».

«Strano fatto. Lo stesso sogno, lo stesso Profeta, lo stesso indirizzo».

«Tutto il mondo è strano. La stranezza guida la nostra vita», disse Baldassarre con un’aria ispirata, da filosofo.

«Lei che regalo ha portato?»

«Non avevo voglia di andare in giro per negozi e allora mia moglie ha comprato sotto casa una bottiglietta di profumo. Un profumo esotico, ricavato da una resina africana, la mirra, come quella là dei Re Magi».

Adesso bisognava trovare la strada per il casale. Sulla piazza del paese ci siamo rivolti a una vecchietta che però non sapeva niente.

L’ispettore

Siamo entrati in un bar e nemmeno lì sapevano dove si trovasse questo casale Trefinestre. Mai sentito. Erano le dodici meno dieci. Intanto al posteggio era arrivata una Bmw targata Roma. Ne era sceso un tale, sui cinquanta, giacca sportiva, camicia a quadri, aria sicura. Ha tirato fuori dalla tasca un foglietto e ha cominciato a guardarsi intorno a trecentosessanta gradi. Ci siamo avvicinati come attratti da una calamita e abbiamo chiesto se per caso sapeva indicarci il casale Trefinestre. L’uomo fece una smorfia di sorpresa.

«Sto andando proprio lì».

«Anche noi».

L’uomo ci guardò con diffidenza, diede una occhiata alla targa delle nostre macchine posteggiate davanti al bar e targate Roma come la sua. Non riusciva a rendersi conto come due romani fossero arrivati lì a Massa Martana per andare anche loro a cercare un casale chiamato Trefinestre.

«Io sono un agente del ministero della Sanità, mi chiamo Melchiorre Natalini e sono anch’io diretto al casale Trefinestre. Sono qui per lavoro. Non so se sapete che si tratta di un caso di maternità molto speciale».

«Perché speciale?»

«Il vecchio padre del bambino è sterile».

«Ah».

«La moglie è stata resa madre artificialmente e fin qui siamo ancora nell’ordine della normalità. Ci sono molti casi come questo. La novità è un’altra».

«E quale sarebbe la novità?», domandò Baldassarre.

«Lasciamo perdere», disse Melchiorre, «lasciamo perdere, io sono un pubblico ufficiale».

«Scusi», dissi io a questo punto, «dal momento che andiamo tutti a trovare questo bambino e questa madre, perché non ci racconta la novità?»

L’uomo si avvicinò alla sua macchina. Era evidente che non voleva parlare. Si accese una sigaretta.

«Meglio andare, se no arriviamo in ritardo».

Poi si voltò verso di me e disse sottovoce:

«La madre è vergine, come se il bambino fosse figlio dello Spirito Santo, questa è la novità e questa è la ragione per cui il Ministero mi ha mandato qui nella mia funzione di Ispettore medico».

Poi diede un’altra occhiata al foglietto con una piantina disegnata a matita.

«Dobbiamo prendere la strada per Focette e, dopo due chilometri, una strada sterrata sulla destra. Dopo altri cinquecento metri ci sono due case sulla sinistra e subito dopo, ancora a sinistra, c’è il casale Trefinestre. Se questa piantina è esatta arriviamo in pochi minuti». Siamo partiti con le nostre macchine, prima l’Ispettore, poi Baldassarre e io alla fine.

Il casale

Il casale Trefinestre era una misera baracca costruita con pietrame raccogliticcio, solo pianoterra. La porta era appena accostata.

L’ispettore bussò alla porta.

«Entrate», rispose una voce di donna.

Il locale era quasi buio, il pavimento di terra battuta e sul fondo una mangiatoia che serviva un tempo per le bestie. Una stalla abbandonata dai contadini. Nella mangiatoia, coperto di stracci, un neonato che strillava spaventato dall’arrivo dei tre estranei.

Mi avvicinai alla donna e le misi in mano la catenella d’oro che avevo comprato poco prima.

«Per il bambino», dissi.

«È una bambina», disse la donna.

«Ah».

Ci scambiammo una occhiata di meraviglia.

«Questo è per lei», disse Baldassarre consegnandole la bottiglietta di profumo.

«Grazie», disse la giovane donna, «io mi chiamo Maria».

L’ispettore del ministero tirò fuori da una borsa un pacchetto e lo mise in mano alla donna.

«Questa è una roba che si brucia e fa un buon profumo. Qui c’è ancora odore di stalla».

Maria prese il pacchetto senza dire niente. Io e Baldassarre ci scambiammo una occhiata di fastidio per la villania dell’ispettore.

«Se non vi dispiace», disse l’Ispettore, «io dovrei parlare a tu per tu con la signora Maria».

«Noi possiamo andarcene», dissi io. «Le facciamo tanti auguri, signora».

«Tanti auguri per il bambino. Per la bambina», si corresse Baldassarre.

Io e Baldassarre uscimmo all’aria aperta. C’era un bel sole e un’aria fresca di dicembre con le cime dei monti coperte di neve.

«È una bambina!», dissi.

«Già».

«Abbiamo fatto il nostro dovere», dissi, «adesso possiamo ritornare a Roma e aspettare che il mondo migliori».

«Ce n’è bisogno», disse Baldassarre.

In quel momento arrivò un vecchio con una sega in mano. Si capiva che era lui il padre virtuale della bambina.

«Buongiorno», dissi.

«Salute a voi», disse il vecchio, «io sono Giuseppe».

«Complimenti e auguri».

«Grazie».

«Fate il falegname?», domandò Baldassarre.

«Sì, ma qui non c’è lavoro. Aggiusto qualche finestra, qualche mobile da cucina, poca roba. L’ufficio di collocamento e i sindacati non si occupano dei vecchi. Pazienza, tanto dovremo andarcene via da qui perché il Sindaco ci ha fatto mettere nella lista dei vagabondi».

«Mi dispiace. Allora buona fortuna anche alla bambina».

«La fortuna la assisterà. Al giorno d’oggi c’è tanta gente cattiva che cerca tutte le occasioni per metterti in croce, ma lei saprà come difendersi».

Il vecchio falegname ci salutò con la mano e entrò nella sua baracca.

Il racconto è tratto dalla raccolta Buon Natale Perfidia (Exòrma, 2023)

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