Andreas è tedesco, Bruno italiano. La storia di due amici di penna nata grazie a un annuncio su Cioè. La passione per la letteratura italiana, la musica e la lunga attesa per un concerto di Nena a Montemagno
Molti anni fa, Bruno è diventato amico di penna di un ragazzo tedesco di Hagen scovato sulle pagine del giornaletto di Cioè di cui sua sorella era una vorace lettrice. Il tedesco si chiamava Andrea e aveva la stessa età di Bruno; studiava letteratura italiana e non aveva mai visto o letto Cioè in vita sua; aveva pubblicato l’annuncio su numerose riviste solo per avere l’opportunità di dialogare con un ragazzo italiano e accrescere la sua padronanza della lingua.
Per quanto riguarda Bruno, qualcuno gli aveva detto che Andrea in Germania era un nome da femmina, e aveva pensato che conoscere una ragazza tedesca fosse molto meglio che perdere tempo con le solite ragazze monferrine castigate come suore ed eccitanti come pezzi di legno secchi sulla riva del Tanaro.
Quando dopo la prima lettera aveva capito che Andrea era un maschio, Bruno avrebbe voluto interrompere lo scambio epistolare immediatamente, ma non lo ha fatto, giacché Andrea aveva scritto di essere cugino di primo grado della cantante Nena, di cui Bruno si era invaghito un paio di anni prima.
Il seme del piangere
Andrea (il cui vero nome era Andreas) scriveva in italiano ed era appassionato di letteratura e di musica.
Aveva esordito domandando a Bruno cosa facesse un diciottenne in Monferrato, Bruno rispondeva descrivendo scene immaginarie di vita agreste nel suo paese, Montemagno, un posto a diciotto chilometri da Asti, e raccontava della trebbiatura del grano e della vendemmia, che detestava. Andreas rispondeva che la vita in Vestfalia era uno schifo, e che cercava conforto nella narrativa italiana. Bruno chiedeva perché gli piacesse tanto la narrativa italiana, Andreas rispondeva che quando aveva nove anni suo padre gli aveva comperato alle bancarelle un libro di poesie intitolato Il seme del piangere, scritto da un certo Giorgio Caproni. Il libro era scritto in italiano, lui non ci capiva un’acca, lo aveva buttato da qualche parte in solaio.
Quando suo padre era morto in un incidente in fabbrica, tre anni dopo, aveva cercato il libro una settimana, lo aveva trovato, aveva giurato a sé stesso che avrebbe imparato l’italiano talmente bene da riuscire a leggerlo; quattro anni dopo si era sentito pronto, aveva aperto il libro a caso, aveva capito quasi tutto, si era innamorato delle poesie, era rimasto stregato e rapito e sconvolto da ogni verso, aveva deciso che sarebbe diventato uno studioso di letteratura italiana in Vestfalia.
La telefonata
Dopo una decina di lettere, nelle quali Andreas domandava a Bruno informazioni su Pavese e Fenoglio, su Calvino e Pasolini – richieste che maceravano Bruno nel mosto della sua ignoranza –, avevano lasciato perdere la narrativa italiana e avevano cominciato a scrivere di musica.
Bruno chiedeva informazioni su Nena, Andreas scriveva «non so, non la vedo spesso, ha fatto una canzone ed è diventata famosa», Bruno si irrigidiva e scriveva «ti confesso di essere innamorato di tua cugina», Andreas lo invitava ad Hagen, Bruno non aveva i soldi neppure per andare ad Alessandria, scriveva «no, grazie, non posso, vieni tu in Monferrato con tua cugina», Andreas scriveva che era impegnatissimo a studiare la narrativa italiana e non poteva muoversi. Chiudeva ogni lettera con una canzone di musica pop-rock tedesca che Bruno non aveva mai sentito nominare.
Una sera, dopo due anni di lettere, Andreas aveva telefonato a Bruno e gli aveva fatto una proposta: uscire in motorino nello stesso momento ed esplorare il mondo. Per fare le cose insieme come gli amici in carne e ossa, aveva detto. A Bruno era sembrata una cosa un po’ da finocchi, lo aveva detto ad Andreas, Andreas si era messo a ridere e aveva proposto di portare con loro una ragazza ciascuno. Per farla sembrare una cosa meno da finocchi, aveva detto. Bruno aveva accettato. Aveva chiesto a Sonia di fare un giro in motorino, con il Ciao che era stato di sua zia, Sonia aveva detto no, lo aveva proposto a Giovanna, Giovanna aveva detto no. Alla fine aveva convinto una di Castagnole Monferrato che si chiamava Fabiana, e il giorno dopo, alla stessa ora, era sabato pomeriggio, erano partiti, Bruno e Fabiana in Monferrato, Andreas e Kristina a Hagen, per esplorare il mondo in motorino.
Poi avevano scritto il resoconto della loro esplorazione, e avevano preso a telefonarsi per organizzare le loro uscite del fine settimana.
La sincronizzazione
Bruno diceva a Andreas che sarebbe andato al cinema, ci andava anche Andreas; Andreas diceva a Bruno che sarebbe andato in discoteca, Bruno veniva preso dallo sconforto (odiava le discoteche) e andava in discoteca. Bruno diceva che sarebbe andato a vedere la partita del Toro allo stadio, Andreas, che non aveva mai seguito una partita di calcio in vita sua, comperava i biglietti per una partita del Borussia Dortmund e si divertiva novanta minuti più quindici di intervallo leggendo Kaputt di Curzio Malaparte.
Questa cosa della sincronizzazione è andata avanti per molti anni, talvolta con esiti ridicoli. Per esempio il dieci novembre ottantanove Andreas telefonava per dire «sono a Berlino, tiro giù il muro a picconate»; quando Andreas riattaccava il telefono Bruno non sapeva bene cosa fare, restava fermo a fissare la cornetta, rifletteva qualche istante, in seguito rubava un piccone dal garage del vicino e andava a piedi verso Grana, dove c’era un edificio pericolante, era la vecchia caserma abbandonata, e cominciava a prenderlo a picconate per staccare pezzi di muro finché non spezzava il piccone. Fausto e Remo gli dicevano che era scemo, e che quello era un comportamento un po’ da femmine.
Bruno rispondeva che erano gelosi della sua amicizia con Andreas.
Forse era vero.
Un giorno Andreas aveva cominciato a spedire quarantacinque giri in cambio di libri in lingua italiana.
Per i libri Bruno chiedeva consiglio a Fausto, poi spediva L’avventura d’un povero cristiano, Cristo si è fermato a Eboli, Le mosche del capitale (Fausto era comunista fino al midollo), Andreas spediva quarantacinque giri di musica pop tedesca e fotografie di sua cugina Nena. Bruno si innamorava di Nena follemente. Ascoltava a ripetizione 99 Luftballons, fantasticava rapporti sessuali, immaginava di invitare Nena a Montemagno per un grande concerto.
Sognando Nena
A quest’ultima fantasia di Bruno, Andreas rispondeva che avrebbe provato a convincere sua cugina a tenere un concerto in Monferrato. Bruno impazziva dalla gioia.
Teneva una fotografia di Nena sul comodino accanto al letto, ogni tanto si masturbava ascoltando 99 Luftballons, sognava Nena nuda e bellissima, circondata da novantanove palloncini rossi, i quali poi scappavano via nel cielo azzurro di Montemagno mentre lui la baciava.
Negli anni Andreas spediva numerosi quarantacinque giri di musicisti tedeschi: Radio-Aktivität dei Kraftwerk, Big city nights degli Scorpions, Cheri Cheri Lady dei Modern Talking, Major Tom di Peter Schilling, Big in Japan degli Alphaville, Face to face, Heart to heart dei Twins, ecc. Bruno spediva ad Andreas La giornata d’uno scrutatore, Lo stadio di Wimbledon, Tempo di Uccidere, diventava un cultore del pop-rock tedesco, tormentava Remo e Fausto, era sempre più ossessionato da Nena.
Nelle conversazioni con Andreas continuava a progettarne il concerto.
Nel frattempo Andreas diventava docente di letteratura a Heidelberg, Bruno rilevava la falegnameria di suo padre; provava a suonare la chitarra, poi la batteria, poi il basso, senza successo. Provava a formare una band che suonasse pezzi di musica pop-rock tedesca, era stonato come una campana, lasciava perdere.
Bruno e Andreas continuavano a scriversi lettere anche dopo l’avvento della posta elettronica.
Avevano fissato una prima data per il concerto di Nena a Montemagno il dieci agosto novantadue, ma all’ultimo non si era riuscito a combinare niente.
Altre date erano saltate, finché il ventotto agosto duemilaundici in piazza a Montemagno si era finalmente tenuto il concerto di Nena.
A sostituire i musicisti c’era una base registrata. Il palco lo aveva eretto Bruno, con l’aiuto di suo padre, in tre giorni. L’idea era quella di organizzare un festival di musica pop tedesca, ma la gente del Monferrato non era pronta per esperienze di questo livello; inoltre quasi tutte le band di pop muzik tedesche erano cadute in disgrazia.
Nena aveva cantato diciassette volte 99 Luftballons. Alla prima esecuzione del brano c’erano circa novanta spettatori, alla settima trentatré, alla diciassettesima c’erano Bruno, Fausto e Remo e altri due.
Ogni volta novantanove palloncini rossi erano volati nel cielo del Monferrato, che quel giorno aveva il colore delle zampe di quell’uccello chiamato sula piediazzurri, per un totale di milleseicentottantatré palloncini rossi volati nel cielo del Monferrato.
Quando Nena era scesa dal palco per salutare gli spettatori rimasti, Bruno aveva fatto per baciarla, poi con gli occhi pieni d’amore era svenuto per l’emozione; fino a un attimo prima aveva ripetuto che era la donna più bella del mondo, nonostante paresse la brutta copia di Alice Cooper, una cosa da togliere la pace ai vivi e ai morti.
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