Il diciotto settembre sono passati cinque anni esatti dal dieselgate, la truffa per superare i controlli sui gas inquinanti. Nel paese che chiede l’archiviazione delle indagini per frode contro Volkswagen e dove lo storico stabilimento Fca di Mirafiori ha iniziato solo da poche settimane a produrre il modello completamente elettrico della 500, non è facile parlare di mobilità sostenibile. Eppure proprio questo è un fronte strategico per il futuro.

L’europa si sta muovendo

Lo racconta bene l'azione europea: non solo l'innalzamento del taglio delle emissioni serra al 55 per cento. Nella sua comunicazione sugli obiettivi climatici dell'Ue al 2030 la Commissione europea ha anche messo nero su bianco che bisogna tagliare in maniera drastica le emissioni, in questo scenario il motore a combustione interna è destinato a uscire dal mercato auto al più presto. Come tutti i settori, infatti, anche quello dei trasporti deve contribuire alla riconversione ecologica della nostra economia altrimenti non riusciremo ad affrontare in modo adeguato la crisi climatica e non centreremo l'obiettivo europeo della neutralità climatica al 2050.

Nella necessaria decarbonizzazione della nostra società dobbiamo, infatti, pensare soprattutto al taglio delle emissioni dei trasporti poiché specialmente nelle città sono una delle fonti più importanti di inquinamento e il settore che mostra ad oggi la minore flessione nelle emissioni. Programmare la transizione della mobilità significa anche valorizzare le imprese più virtuose della filiera automotive, accompagnare tutto il settore in questo cambiamento, investire in ricerca e innovazione, creare realtà e occupazione più solide proprio perché improntate allo sviluppo sostenibile. E oggi grazie alla priorità che l’Europa ha impresso agli obiettivi della neutralità climatica e della conversione ecologica abbiamo un’occasione importantissima, da cogliere, per accelerare in questa direzione. Consapevoli che non partiamo da zero.

Oltre a nuovi mezzi puliti, la mobilità sostenibile è anche un cambiamento nei servizi e negli stili di vita che già vediamo nelle grandi città, come Milano. Sempre più cittadini stanno capendo che per essere liberi di muoverci e respirare in sicurezza dobbiamo puntare sulla mobilità del futuro: elettrica, condivisa, ciclopedonale e multimodale. Dalla e-car alla bici ai monopattini elettrici in sharing fino al traporto pubblico locale. Per cambiare passo e promuovere in tutto il Paese queste nuove modalità di muoversi sarebbe utile mettere in rete le migliori pratiche e realizzare un coordinamento tra le 14 aree metropolitane. Ma servono anche e soprattutto visione, coraggio e coerenza.

Servono anche soldi

Come ricordo spesso, questo governo ha ottenuto la fiducia parlando di Green Deal, salvo poi fare alcuni gravi passi falsi, vedasi gli incentivi alle auto diesel recentemente concessi. Errori che non possiamo più permetterci e che spero non si ripetano perché levano risorse alla mobilità davvero sostenibile e rallentano la transizione.

Alcune proposte utili per andare nella giusta direzione sono arrivate da Legambiente e Kyoto Club in apertura dell’European Mobility Week. Sono sia proposte di medio termine da finanziare sfruttando il Recovery Fund, che misure da adottare già nella prossima Legge di Bilancio. Tra le sei proposte strategiche fatte dalle due associazioni ci sono: la nuova economia circolare delle batterie per la trazione elettrica, su cui è scesa in campo anche l’Ue con l'European Battery Alliance, da sostenere con 2 miliardi di euro, e il trasporto pubblico e pendolare solo elettrico su cui mettere 4 miliardi. Poi ci sono la green logistics con l’elettrificazione di porti e interporti, treni e ultimo miglio su cui investire 3 miliardi e la città con mobilità a zero emissioni entro il 2030 cui destinare ancora 3 miliardi. Un miliardo andrebbe investito poi nella riconversione della filiera automotive e bisognerebbe mettere mano anche al codice della strada e alla fiscalità del trasporto per rendere le città più a misura di utenze “deboli” quali pedoni o ciclisti, sia per dare un vantaggio fiscale ai cittadini che scelgono di muoversi in modo più responsabile e sostenibile.

Alcune proposte

Per iniziare bene dovremmo confermare e rifinanziare dal 2021 il bonus mobilità senz'auto in tutte le città inquinate con 300 milioni di euro all'anno. Tra le misure immediate da mettere all’ordine del giorno per Legambiente e Kyoto Club ci sono anche l’estensione del welfare mobilità – ossia la detassazione sui benefit di mobilità sostenibile - dal trasporto pubblico locale ai mezzi condivisi per milioni di lavoratori e famigliari. Sarebbe molto utile anche decidere di destinare il 10 per cento dell’Iva per tutti i servizi di sharing mobility, dall’auto elettrica al monopattino, al pari del trasporto pubblico locale, rendere la mobilità pedonale e ciclabile sicura e rafforzare quella scolastica. Misure che potrebbero partire, bonus mobilità senza auto a parte, con un finanziamento di 600 milioni e che andrebbero accompagnate con la rimodulazione delle accise e lo stop dei sussidi a biocarburanti dannosi come l'olio di palma. Necessario inoltre il rafforzamento delle rete di ricarica elettrica. Sarebbe benvenuta anche una data per la fine della vendita di auto con motori a combustione interna. Una scelta già fatta da diversi paesi europei e che darebbe un quadro più chiaro a cittadini e imprese.

Spero che il Governo valuti con attenzione queste proposte che sosterrò in Parlamento. Ci vuole coraggio e coerenza e non abbiamo più tempo da perdere.

Rossella Muroni è ecologista e vicepresidente commissione ambiente della Camera dei deputati

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