Le Conferenze delle parti (Cop), sono gli incontri annuali organizzati dalle Nazioni Unite per concordare efficaci politiche di contrasto al riscaldamento globale. A novembre 2021 in Scozia si terrà la ventiseiesima edizione, presieduta congiuntamente da Italia e Regno Unito. La Cop di quest’anno è particolarmente importante per due motivi: è la prima dallo scoppio della pandemia ed è chiamata ad aggiornare gli Accordi di Parigi, ovvero la più avanzata intesa mai raggiunta in tema di lotta alla crisi climatica. In questo spazio bisettimanale ci proponiamo di raccontare le notizie, i meccanismi, i retroscena dei negoziati per il clima. Siamo arrivati all’ottavo numero, a questo link trovi i precedenti.

I negoziati non sono andati molto bene

Tra il 31 maggio e il 17 giugno si sono tenuti i negoziati intermedi in vista della Cop26 del prossimo novembre a Glasgow. Questi appuntamenti sono fondamentali nel percorso degli accordi internazionali per il clima, poiché danno la possibilità ai delegati dei Paesi di arrivare preparati alla Cop così che l’incontro ufficiale sia proficuo e parta con il piede giusto.

Erano dunque queste le aspettative per i negoziati intermedi: spingere in avanti l’agenda e arrivare con obiettivi e accordi di massima a Glasgow. Aspettative deluse, almeno stando a quanto raccontano tutti gli osservatori.

Non si è trovato un accordo su nessuno dei punti fondamentali trattati anche a Madrid nel 2019, alla Cop25. In primis, la durata degli NDCs - i contributi determinati a livello nazionale di cui vi abbiamo parlato da poco - non è stata definita.

Rimangono quindi sul tavolo tutte le opzioni: durata di cinque anni, di “cinque più cinque” o di dieci anni, con varie tappe di monitoraggio a seconda dei casi. Nessun accordo nemmeno a proposito di trasparenza e reportistica generale, e ancora meno riscontro è stato dato alla definizione dei meccanismi di mercato e non di mercato - in relazione all’articolo 6 degli Accordi di Parigi del 2015 - capitolo spinoso e congelato da anni.

Il rischio è che si arrivi all’apertura di Cop26 esattamente al punto in cui ci si è lasciati alla Cop25 di Madrid di due anni fa. Non le migliori condizioni per quella che dovrebbe essere la Cop del secolo.

Gli italiani non sanno cosa siano le Cop

Otto italiani su dieci non hanno idea di cosa siano le Cop. Questo uno dei dati emersi dalla rilevazione YouTrend per SkyTg24 dedicata ai temi ambientali pubblicata la scorsa settimana. Nello stesso studio leggiamo come ambiente e crisi climatica siano la principale preoccupazione a carattere globale per la maggioranza relativa degli italiani, il trentuno punto quattro per cento, seguita da questione sanitaria, lotta alla povertà, immigrazione, sviluppo economico, terrorismo. Il primo posto, però, è garantito soprattutto dagli estremi della piramide demografica - generazione Z e baby boomers - mentre le fasce d’età intermedie si dimostrano più preoccupate dalle questioni relative alla salute.

È interessante notare come i risultati cambino visibilmente quando dal globale si passa al piano nazionale. La lotta a povertà e disoccupazione schizza al primo posto quando al campione viene chiesto quale sia il problema più importante che il nostro governo si trova ad affrontare. Ambiente e crisi climatica scendono al terzo gradino del podio, ma con significative differenze generazionali: è la seconda priorità per i più giovani (la generazione Z), ma solo la sesta per la generazione X, quella dei nati tra il 1965 e il 1980.

Notevole, infine, la domanda relativa alla missione più importante da realizzare tra le sei proposte dai sondaggisti (salute; equità sociale, di genere e territoriale; istruzione, formazione, ricerca e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo; infrastrutture per la mobilità). La salute, priorità per tutte le altre fasce d’età, crolla nella classifica della generazione Z, che è invece l’unica a premiare col ventisette punto nove per cento transizione ecologica e rivoluzione verde - scelta che nella media generale si ferma al quattordici punto otto.

I risultati di questo sondaggio sembrano dimostrare quanto già intuibile da altre rilevazioni passate. Tra gli italiani è diffusa la consapevolezza dell’esistenza e della gravità della crisi climatica ed ecologica (un’altra domanda dello stesso studio mostra come il 93,8 per cento degli intervistati sia convinto dell’origine antropica del riscaldamento globale) ma risulta difficile calare questa preoccupazione nell’immediatezza del dibattito politico. Si può tentare di spiegare così lo iato tra problemi globali - in cui clima e ambiente fanno la parte del leone - e priorità nazionali, in cui lo stesso tema scivola al terzo posto.

Evidente, infine, la differenza generazionale. La generazione Z è di gran lunga la più attenta alle questioni climatiche (e anche quella che si percepisce più informata a riguardo, stando ad un’altra domanda inserita nello stesso sondaggio) mentre la fascia dei nati tra il 1965 e il 1980 appare la meno preoccupata di tutte.

Nuovo decreto, nuovo gasdotto

Altri quattro anni per Poseidon, il gasdotto che dovrebbe portare il gas del mediterraneo orientale in Italia. È quanto ha deciso con un decreto il Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani. Il tubo, progettato da una joint venture della greca Depa e l’italiana (ma di proprietà francese) Edison, dovrebbe collegare le coste della Grecia occidentale con la Puglia, e rappresenta il tratto terminale del più ampio Eastmed, che origina a Cipro. Questo maxi-progetto è al centro delle contese geopolitiche sul mediterraneo orientale - che coinvolgono Israele, Cipro, Turchia, Grecia, Egitto, Italia, Francia - ed è finito l’anno scorso nella lista dei dodici “killer del clima” redatta da alcune ong ecologiste.

L’autorizzazione data a Poseidon appare coerente con la strategia di decarbonizzazione italiana, che punta ad una lenta transizione alimentata con gas fossile. Un percorso criticato da attivisti e scienziati, ma difeso anche recentemente dal ministro Cingolani. Ambigua in questo caso specifico la posizione che potrebbe assumere il governo degli Stati Uniti. Washington è storicamente sponsor di EastMed - perché permetterebbe di allontanare l’Europa dalla dipendenza dal gas russo - ma l’inviato speciale per il clima degli Stati Uniti Kerry si è recentemente espresso criticamente sui progetti dei nuovi gasdotti mostratigli proprio da Cingolani. Poseidon era tra questi?

© Riproduzione riservata