La contrapposizione tra "aperturisti" e "rigoristi" sulle disposizioni anti-Covid, che aveva non poco condizionato la vita del governo Conte II, si è riaccesa anche nel nuovo governo, nonostante l'obbiettivo aggravamento della situazione epidemiologica e gli impegni alla "unità nazionale".

Inevitabilmente il conflitto tra le ragioni della salute e dell'economia  mette in gioco il "terribile calcolo" del valore della vita umana (grim calculus,  secondo la celebre copertina dell'Economist del 4 aprile 2020). La gran parte dei governi democratici ha agito dando priorità alla tutela della salute bilanciata da considerazioni economiche. I leader "aperturisti" come Trump, Bolsonaro, Modi, Johnson (prima maniera), o Salvini e Meloni in Italia, enfatizzano i costi economici delle restrizioni, ma si guardano bene dal rispondere alla domanda (che, a onor del vero, nessuno rivolge loro): quanto costa una chiusura in meno? D'altra parte accusarli di essere incoscienti o immorali non sembra particolarmente efficace. Forse è meglio stanarli sul terreno del terribile calcolo, che non hanno il coraggio di fare ad alta voce perché sanno che crea repulsione.

In realtà, la valutazione economica della vita umana entra in gioco in molti momenti che ci toccano da vicino, dalle assicurazioni alle aule di tribunale, dall'indennità per i rischi sul lavoro ai compensi per la partecipazione agli esperimenti farmacologici. Esistono diversi metodi di calcolo, che però danno risultati molto diversi tra loro, dipendendo dalle ipotesi iniziali, dal contesto a cui si applicano, dalle finalità. Due rassegne giornalistiche ben fatte (Stefano Feltri, Il Fatto Quotidiano, 15 aprile 2020; Francesca Coin, Internazionale, 5 gennaio 2021) riportano valutazioni di esperti tra i cinque e i quattordici milioni di euro. In Italia esiste un minimo legale di copertura dei rischi di danni alle persone di sei milioni applicato alle polizze assicurative che conosciamo (o dovremmo conoscere) meglio, quelle delle nostre autovetture, dove la copertura standard si aggira intorno ai sette, otto milioni di euro.  

          Prendiamo il 2020, di cui abbiamo i dati consuntivi. Secondo Istat la perdita di Pil  è stata di 139,4 miliardi, il 7,8 per cento dell'anno precedente. I decessi sono stati 73.600, equivalenti, in base al minimo legale, a un costo attuariale di 414,6 miliardi, ossia il 24,7 per cento del Pil del 2019 e i due terzi dell'intero patrimonio delle assicurazioni italiane. È più repulsivo fare questi calcoli sul valore delle vite perdute o ignorarli nel computo dei danni, e dei risarcimenti, della pandemia, magari perché i morti non scendono in piazza e non votano più?  

240mila euro per contagio

n rapporto dell'Istituto superiore di sanità ha stimato che il rapporto di letalità (tra decessi e contagi) in Italia è del 4,3 per cento. In altre parole, se osserviamo la popolazione colpita da Covid-19, ogni 25 contagiati troviamo un deceduto. In termini attuariali, ogni 25 contagiati emerge un danno di sei milioni, o se vogliamo, ogni contagiato in più comporterebbe un costo assicurativo di 240 mila euro.

L'Inail e lo stesso Iss dispongono di stime del rischio di contagio per i diversi settori di attività. In linea teorica possiamo quindi dire che se ad esempio un'attività economica aperta al pubblico presenta un rischio di contagio dell'un per cento (più o meno la media nazionale finora) il costo assicurativo di tale attività è di 2400 euro all'anno per il numero di presenze annuali.

Dunque il bilancio sociale di questo tipo di attività, che dovrebbe interessare l'autorità pubblica, è dato dalla differenza tra il suo valore economico, per esempio il fatturato annuale, e il costo assicurativo. Se nessuno lo paga, infatti, si crea un conflitto tra soggetti privati: coloro che godono del beneficio economico dell'attività e coloro che subiscono il rischio sanitario come clienti. È un classico caso di "esternalità negativa", presente da lungo tempo nei manuali di economia – l'esempio più comune è la fabbrica che inquina – , i quali prescrivono che deve essere corretta, indipendentemente se il bilancio sociale tra benefici e costi sia positivo o negativo. L'intervento pubblico che stiamo osservando nella gran parte dei paesi consiste nella chiusura delle attività rischiose con il risarcimento dei titolari. Ma ci sono altre soluzioni, in teoria, che costituirebbero un buon test della logica, e dell'etica, "aperturista".

414,6 miliardi per il 2020

La prima è che l'autorità pubblica faccia il contrario: non chiude le attività rischiose, ma risarcisce le vittime di Covid-19. Oltre a violare il mandato costituzionale della salvaguardia attiva della salute, che non può ridursi al risarcimento delle vittime, questa soluzione non sembra raccomandabile per le finanze pubbliche, ossia per i contribuenti tutti. Nel 2020 il governo ha stanziato circa 160 miliardi di aiuti e ristori, anziché i 414,6 di risarcimenti per i decessi calcolati al minimo legale, e senza chiusure i decessi sarebbero stati certamente di più. La seconda soluzione è quella liberale classica, ideata dal Premio Nobel Ronald H. Coase, di lasciar "contrattare" i cittadini. Potremmo applicarla così: chiunque desidera continuare a condurre liberamente un'attività rischiosa può farlo a condizione di coprire il costo del rischio sanitario, per esempio contribuendo ad un fondo di categoria per il risarcimento dei danni pandemici.

Questo sistema sarebbe molto attraente per l'autorità pubblica. Essa  potrebbe liberarsi del fardello morale, politico ed economico di fare il terribile calcolo al posto dei singoli individui direttamente interessati. Quali attività rimarrebbero aperte, e quali chiuderebbero, sarebbe il risultato spontaneo delle valutazioni individuali, la disponibilità del titolare dell'attività a pagare per la copertura del rischio sanitario, e la disponibilità dei clienti ad accettare il rischio a fronte dell'inden­nizzo. Perché gli "aperturisti", soprattutto i sedicenti liberali, non fanno questa proposta? In conclusione, non sembrano disponibili soluzioni serie e non demagogiche sul piano morale, giuridico ed economico alternative a quelle adottate finora dal governo precedente e dall'attuale. Informare l'opinione pubblica che per ciascuna vittima di Covid-19, come per le vittime della strada, un beneficiario avrebbe diritto di ricevere sei milioni di euro da qualcuno, potrebbe aiutare ad affrontare con minor ipocrisia il dibattito sulle riaperture.

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