La politica dei muscoli e delle ritorsioni degli ultimi anni ha oggettivamente danneggiato tutti. Il summit NATO e il vertice Ue-Usa di questi giorni archiviano la parentesi della presidenza Trump, connotata da una marcata propensione all’unilateralismo e da diversi momenti di tensione tra gli storici alleati. Favoriti dall’agenda positiva e dalla propensione a lavorare con i partner europei dimostrata dal Presidente Biden, entrambi i meeting sono stati marcatamente orientati al futuro, facendo rinascere il cosiddetto “blocco occidentale”. Le relazioni transatlantiche tra Stati Uniti e Unione europea ritornano a essere un punto di riferimento per il mondo intero, un faro per molti Paesi che su diritti fondamentali, cambiamento climatico, lotta alla pandemia, ripresa economica e giustizia sociale cercavano da tempo una bussola. Ritorna il multilaterale e noi non possiamo che esserne compiaciuti.

Esame di maturità

Questo cambio di passo segna però una sfida importante per l’Unione europea che dovrà verosimilmente e concretamente intensificare il suo operato nel proprio immediato vicinato, al fine di non lasciare la possibilità ad attori terzi, già presenti e spesso in aperto contrasto col paradigma liberal-democratico proposto dall’Ue, di occupare ulteriormente quegli spazi che il nuovo focus Indo-Pacifico dell’Alleanza – così come degli Stati Uniti che non abbandoneranno il pivot to Asia già voluto dal Presidente Obama - potrebbe lasciare. Si tratta di una prova di maturità importante per Bruxelles che dovrà mostrarsi in grado di diventare attore geopolitico credibile e capace di agire anche da solo, quando e se necessario, pur senza snaturarsi e continuando quindi a prediligere l’azione multilaterale concertata con gli alleati.

Rendere l’Unione europea un attore credibile sullo scacchiere internazionale, dotandolo di una vera e propria autonomia strategica, non aprirebbe in alcun modo una frattura con la NATO, la quale rimane la vera pietra angolare della sicurezza europea e internazionale. Al contrario, solo con un’Ue più forte potremo avere una NATO più forte, con due solidi e più equilibrati pilastri a Bruxelles e Washington, che possa impegnarsi concretamente su scala globale nella difesa dei suoi valori fondanti: supporto alla democrazia, rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto. Pertanto, autonomia strategica europea e rafforzamento della NATO risultano essere due facce della stessa medaglia, e senza l’una non si potrà ottenere l’altra.

Gli Usa sono avanti su brevetti e tasse

I valori del multilateralismo sono inoltre premessa per una nuova epoca di fiducia per gli operatori economici, gli investitori e i risparmiatori. Da questo punto di vista, la pace commerciale siglata fra Unione europea e Stati Uniti è un’ottima notizia in primis per il Made in Italy che, grazie anche agli effetti del Patto per l’Export voluto dalla Farnesina, potrà così ritornare a volare. Se sul riconoscimento del cambiamento climatico come la maggiore sfida del nostro tempo e la necessità di trovare risposte ambiziose e coordinate a livello globale fra le due sponde atlantiche c’è grande sintonia, su altri due dossier l’Unione europea arranca e non riesce a stare al passo degli Stati Uniti sui temi del progressismo e della solidarietà, che dovrebbero esserle propri. Uno di questi è sicuramente quello della liberalizzazione dei brevetti dei vaccini. L’iniziale proposta del Segretario Usa al Commercio Tai, che andava incontro alle legittime richieste di India e Sud Africa, è stata inspiegabilmente cestinata anziché essere stata accolta con entusiasmo. Lo stesso è accaduto sul tema delle tasse sulle multinazionali: Biden aveva proposto una aliquota al 21 per cento, il compromesso finale in sede G7 è stato fissato al 15 per cento, una soglia troppo bassa se comparata soprattutto al carico fiscale di moltissime altre aziende e di tutti i cittadini e un regalo agli arcinoti paradisi fiscali interni all’Ue.

L’Europa è più sensibile ai potenti

Su questi due temi Biden ha dato una scossa ma l’Unione europea è apparsa sposare posizione da ancien régime, più vicina ai forti e ai potenti che alla maggior parte dei cittadini. Ricordiamo che, grazie al vaccino, Pfizer ha incassato 3,5 miliardi di dollari solo nei primi tre mesi di quest’anno con ricavi in aumento del 45 per cento rispetto al 2020. AstraZeneca ha raddoppiato il suo utile netto, per Moderna è stato di 1,22 miliardi di dollari mentre quello di Johnson & Johnson è cresciuto del 6,9 per cento. Non dimentichiamo inoltre che - secondo un’inchiesta del portale olandese Follow The Money (FTM) - Pfizer utilizza paradisi fiscali come Paesi Bassi, Lussemburgo, Irlanda e Delaware per eludere le tasse negli altri Paesi europei. Commissione e Consiglio dovrebbero ascoltare un po’ di più il Parlamento europeo che ha votato una coraggiosissima risoluzione sui brevetti dei vaccini e che da anni chiede maggiore equità sociale. All’Europa serve un’agenda progressista e il Movimento 5 Stelle è pronto a contribuire con le sue idee già a partire dalla Conferenza del Futuro dell’Europa, il luogo giusto per rilanciare il cammino dell’integrazione della nostra amata “vecchia” Europa.

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