L'ambiguità ha da sempre caratterizzato l'atteggiamento di Berlusconi e di Forza Italia nei confronti della Russia di Putin. Ma dopo il 24 febbraio, dopo l'invasione russa dell'Ucraina, questa ambiguità non è più accettabile. A parole Forza Italia si dice europeista ed atlantica, fa parte del Partito popolare europeo, addirittura si presenterà alle elezioni con la scritta del Ppe nel logo ma questo è un atteggiamento ipocrita che contribuisce ad aumentare la sua ambiguità.

Infatti, se ad esempio il Ppe ha condannato la propaganda russa nelle televisioni europee, Rete4 ha invece ospitato, unica televisione in Occidente, Lavrov in prima serata. Alle polemiche che ci sono state verso quella trasmissione, anche in riferimento alle risoluzioni del Pe contro le ingerenze russe, a difesa della scelta di intervistare Lavrov sono scesi proprio autorevoli esponenti di Forza Italia.

Forza Italia e la Lega hanno votato documenti parlamentari di condanna dell'invasione russa e per l'invio di armi alla Ucraina, ma contemporaneamente hanno sostenuto pubblicamente l'argomento che le armi date all'Ucraina dovevano essere solo 'difensive' e non avrebbero dovuto potenzialmente colpire la Russia (FI), o espresso dubbi sullo stesso invio di armi (Lega). Anche queste sono posizioni di grande ambiguità.

L’amicizia di Berlusconi

È notoria l'amicizia che lega Berlusconi a Putin, ma in passato questa amicizia poteva essere giustificata dall'asserito tentativo di Berlusconi di voler ancorare la Russia all'Europa ed all'Occidente. Oggi questa posizione non è più sostenibile: Putin ha come obiettivo dichiarato quello di destabilizzare le democrazie liberali occidentali. Eppure, anche recentemente, Berlusconi ha espresso parole di stima verso Putin e critiche verso le leadership europee e occidentali.

La Russia vuole influenzare e dividere i nostri paesi e l'Europa. E sono stati proprio Lega e Forza Italia, a determinare, con il M5S, la caduta del governo Draghi, non votando la fiducia ad un documento che prevedeva semplicemente "udite le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, le approva". Tutto questo è accaduto pochi giorni dopo la visita di Draghi a Kiev con i leader europei. Giova ricordare inoltre che il governo Draghi è stato in Europa quello più deciso nel sostenere le sanzioni europee alla Russia e gli aiuti militari all'Ucraina e che certamente Draghi è il leader europeo più sinceramente atlantico. Inoltre, il governo Draghi è stato il primo in Italia dopo decenni ad operare per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, che era giunta a fornire sino al 40 per cento delle nostre importazioni di gas.

Il caso Crimea

D'altra parte, sono stati proprio Salvini e Berlusconi, i leader della Lega e di Forza Italia, a recarsi in Crimea dopo l'occupazione da parte della Russia, legittimandola platealmente. E se nel precisare che le armi inviate all'Ucraina non dovevano colpire il territorio russo, gli esponenti di FI si riferissero proprio alla Crimea? Era stata proprio FI a pubblicare, alla vigilia dell'invasione russa, sui social una cartina geografica nella quale la Crimea era colorata come la Russia! Ed era stato lo stesso Berlusconi a difendere il referendum per l'annessione della Crimea, risultato mai riconosciuto dalla comunità internazionale ma da alcune regioni a guida del centrodestra si, che adesso lo hanno dovuto frettolosamente rinnegare.

Ed era stata ancora Forza Italia a dire, in relazione al massacro di Bucha, che toccava alla stessa Russia accertare e punire i responsabili. Una posizione ancora una volta ambigua che proteggeva la Russia ed il suo leader dalle inchieste degli organismi internazionali contro i crimini di guerra.

Poca trasparenza

Sulla organizzazione da parte dell'ambasciata russa, durante l'invasione dell'Ucraina, del viaggio a Mosca del leader della Lega, Salvini e sul ruolo avuto da un ex deputato, guarda caso di Forza Italia, si è parlato molto ma si è saputo poco e forse non si saprà mai tutto, nemmeno se è vero che sia stato chiesto se la Lega avesse intenzione di ritirare i suoi ministri dal governo Draghi. Ma è certo che quel viaggio destabilizzava la politica estera del governo Draghi, politica internazionale e governo che a parole la Lega sostenevano. Infine, dopo le recenti parole di Medvedev, Salvini ha precisato di non avere rapporti da anni con politici russi. Risulta invece ancora in vigore un accordo di partenariato tra la Lega ed il partito di Putin, Russia Unita.

Meloni e FdI vogliono presentarsi come partner affidabili in politica estera, quasi a volersi distinguere da Lega e FI, ma i contenuti della loro campagna elettorale sono di limitazione dei diritti civili e delle donne, caratterizzanti le democrazie occidentali. Non può essere un caso che per urlare all'Italia ed all'Europa il suo programma Meloni abbia scelto il palco di una formazione estremista di destra spagnola.

Meloni contro i diritti

FdI in Europa non ha votato per la parità salariale tra uomo e donna, non ha votato per il riconoscimento del diritto all'aborto e ha difeso Polonia e Ungheria quando la Commissione europea ha avviato nei loro confronti procedimenti per leggi che violavano lo stato di diritto ed i diritti da garantire alla comunità Lgbt+. Spesso poi Meloni parla, del tutto a sproposito, di una fantomatica lobby Lgbt, e adopera pressoché le stesse parole utilizzate dal Patriarca Kirill a Mosca per motivare, dare una giustificazione ideologico-religiosa all'invasione russa dell'Ucraina, invasione che pure FdI ha condannato, ed alla guerra alle società occidentali ed ai nostri valori di libertà e di tolleranza.

La destra italiana ha dato grande sostegno, pochi anni fa, al Congresso mondiale della famiglia di Verona, al quale intervennero la stessa Meloni e l'allora ministro dell'Interno Salvini. Quel congresso fu partecipato e organizzato da ambienti internazionali di destra ultraconservatrice, da esponenti trumpiani e da arcipreti della Chiesa ortodossa russa, che sostengono  i temi della difesa della cosiddetta famiglia tradizionale per non riconoscere e per compromettere le libertà ed i diritti tipici delle società liberali e delle democrazie occidentali, in analogia con quanto accade nelle autocrazie orientali. Ed è in questo inquietante brodo di coltura che nasce lo slogan oggi preferito da Meloni - Dio, Patria e Famiglia -, slogan che d'altra parte proprio a quel Congresso venne evocato da formazioni estremistiche di destra.

Insomma, la destra in Italia si dice europeista, si dice atlantica ma in pratica non lo è affatto. O meglio, lo è, ma in sostegno a leader e posizioni europee ed americane, da Orbán a Trump, che in realtà tendono a snaturare i valori e le ragioni storiche dell'alleanza occidentale che ci ha assicurato libertà e sicurezza.

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