Si è chiusa la contestata vicenda della foresta di Danneroeder, in Assia. La foresta centenaria è stata teatro di conflitti violenti tra attivisti climatici e forze di polizia che hanno coinvolto manifestanti provenienti da tutto il paese e hanno sconfinato in proteste in Austria e altri stati limitrofi. Appropriandosi della filosofia dei “tree-huggers” del secolo scorso, quegli ambientalisti che si arrampicavano sulle sequoie millenarie californiane rifiutandosi di scendere per anni, gli attivisti di Danneroeder Forst avevano occupato questa foresta per fermare il piano di espansione dell’autostrada A49. Questo piano, esistente da quarant’anni, era da altrettanti anni contestato dalla popolazione locale. Da un anno e mezzo a questa parte, gli occupanti vivevano in case di legno costruite sulle querce secolari della foresta di Danneroder.

Nella passeggiata settimanale, parte della protesta che i cittadini locali avevano organizzato nella foresta per creare una coscienza del valore di questa zona (e portare biscotti e torte agli attivisti), si poteva da mesi ormai osservare una linea bianca che segnava alcuni tronchi, la loro sentenza di morte. È seguendo questa linea che gli attivisti si sono orientati, costruendo case sugli alberi e strutture di difesa che avrebbero dovuto rallentare l’avanzata dei macchinari. Con architetture precarie fatte di corde e tronchi, sospesi a decine di metri di altezza, gli attivisti hanno legato la loro vita a quella degli alberi. Questo metodo di protesta funziona con un ricatto disperato: «Se avanzi, uccidi una persona».

In ognuna di queste strutture c’era posto per un attivista che, seduto sospeso ad un paio di corde o di tronchi (chiamate monopodi, bipodi o tripodi, dipendentemente dal numero di gambe di legno che la struttura presentava), aspettava con pazienza di essere raggiunto dai poliziotti arrampicatori, una nuova squadra della polizia nata dopo la protesta alla foresta di Hambach, dove gli attivisti usano gli stessi metodi da anni per impedire la deforestazione.

Nessuna solidarietà

Gli attivisti hanno assistito increduli alla distruzione di tutte le loro strutture e alla completa deforestazione dell’area destinata al cantiere nel lasso di due mesi. La protesta ha generato particolare scalpore per il fatto che la regione dell’Assia è governata dal partito Verde, che durante i mesi della deforestazione ha dichiarato di essere impotente a riguardo, evitando perfino di dichiarare la propria solidarietà con i protestanti. Verso la fine, la protesta si è allargata a tutti gli strati della società: anche persone anziane dei paesi circostanti hanno raggiunto i manifestanti e si sono arrampicati sugli ultimi alberi insieme ai più giovani. Sono addirittura state indette proteste riservate agli “Over 60”.

Nulla ha fermato l’avanzata delle motoseghe, protette da forze di polizia chiamate appositamente da tutte le diverse regioni del paese, in un dispiegamento di forze e mezzi costato 15 milioni di euro.

Eppure, sembra che la possibilità di un intervento politico esistesse. Come aveva reso noto l'associazione Bund (Friends of the Earth Germany) in seguito a un’inchiesta, la decisione di far proseguire i lavori si scontrava con le leggi europee di protezione dell’acqua. Infatti, la foresta cresceva sopra ad un Wasserschutzgebiet, un’area di protezione dell’acqua protetta dalla legge, dalla quale ricevevano direttamente acqua pulita tutti gli abitanti dei villaggi circostanti. Questo cavillo legale avrebbe dato spazio ai Verdi per intervenire sulla situazione, e possibilmente fermare la deforestazione. Questo, se ci fosse stata la volontà politica di fermare la deforestazione.

Gli occhi al 2021

Ma gli interessi dei Verdi sono altrove. La possibilità di aspirare al governo nelle elezioni dei 2021 li rende molto morbidi con le politiche della Cdu. Il partito della cancelliera Angela Merkel e del controverso ministro dei Trasporti Andreas Scheuer, ha spinto a lungo per il via libera al piano dell’autostrada A49. I Verdi, evitando un’aperta opposizione al progetto, si sono però impegnati a chiedere quantomeno la pubblicazione dei contratti firmati dal ministro dei Trasporti Scheuer.

Nonostante ciò, il ministro dei Trasporti, spesso accusato di scarsa trasparenza e di essere influenzato dalla lobby dell’industria automobilistica tedesca, che ha sempre sostenuto a spada tratta, ha rifiutato ogni intervista sul piano della A49. Non solo, ma da mesi rifiuta di pubblicare i contratti che lui stesso ha firmato in agosto per la costruzione dell’autostrada. O meglio, rifiuta di pubblicare la versione non censurata, visto che la versione aperta al pubblico presenta grosse lacune. I Verdi spingono per la trasparenza, e Scheuer ribadisce che i contratti contengono informazioni confidenziali.

Nonostante molte differenze sul piano della politica ambientale, l’unica possibilità dei Verdi al parlamento è un’alleanza con la Cdu. Il rischio è che il prezzo da pagare siano le battaglie come quella della foresta di Dannroeder.

Il tentativo di salvare la faccia è arrivato con dichiarazioni in teleconferenza con gli attivisti durante una delle giornate dell’ultimo Parteitag (la convention del Partito). Il tema dell’incontro è stato il rapporto con la polizia. Non si sarebbe potuto scegliere argomento migliore per infiammare i giovani occupanti, che negli stessi giorni stavano subendo trattamenti molto aggressivi proprio da parte dei poliziotti. E così le dichiarazioni della deputata Eva Goldbach sono state accolte da risate e schiamazzi. Arrivati a questo punto, convincere gli attivisti che l’ambiente resta un punto fermo nella politica dei Verdi era tutt’altro che semplice.

La rottura

Non sono mancate le azioni di protesta contro il partito stesso: la sede regionale in Assia (nella capitale regionale, Wiesbaden) è stato occupata da manifestanti che hanno lasciato i loro messaggi sui muri, «Danni Resta» (Danni è il nomignolo dato alla foresta, ndr), «Bosco, non asfalto». Inoltre, il partito ha subito una rottura interna su scala nazionale: la sezione giovanile si è schierata a favore dell’occupazione, e non sono mancate le foto pubblicate dai giovani membri del partito mentre si facevano arrestare nella foresta innevata.

La rottura si è manifestata in modo eclatante alla convention del partito, dove i giovani hanno presentato ripetute mozioni che puntavano ad una formulazione a chiare lettere dell’impegno dei Verdi all’azione climatica. I giovani Verdi non hanno accettato sofismi politici, volendo vedere il limite degli 1,5 gradi dichiarato in modo perentorio nel manifesto di partito.

Per la leadership del partito, composta dai due presidenti Annalena Baerbock e Robert Habeck, l’obiettivo rimane invece Berlino. Dai sondaggi emerge che Verdi sono gli opponenti più pericolosi per la Cdu. Negli anni il programma dei Verdi si è di fatto molto ammorbidito: oggi il partito è considerato quasi mainstream, mentre subito dopo la sua fondazione era assolutamente di nicchia.

I Verdi hanno abbandonato le vocazioni di democrazia diretta e di pacifismo che li avevano distinti quando erano nati come movimento di opposizione allo status quo. Erano emersi dal movimento radicale ambientalista degli anni Ottanta, solo per naufragare in quello degli anni Venti del nuovo secolo.

Oggi, confrontati con una nuova ondata di ambientalismo radicale e con un movimento giovane e poco disposto ad accettare promesse vaghe, hanno assunto un tono di verde più sfumato, che rassomiglia meno a quello delle querce della foresta di Danneroder, ma che forse renderà più facile un compromesso con la democrazia cristiana tedesca. 

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