Questo colpisce se si pensa che le indicazioni della Commissione europea sull’utilizzo del Recovery sono nette: tra le tre priorità definite trasversali viene esplicitato il principio della parità di genere. Significa che i piani nazionali dovranno chiarire, prima di entrare nel merito delle singole misure, quali siano le carenze principali in termini di parità a livello nazionale, come la crisi le abbia aggravate e, ancora, con quali strumenti si intenda affrontare il problema in ognuno dei futuri capitoli di investimento. 

Colpisce anche per l’evidenza degli effetti della crisi circa l’aumento delle disuguaglianze e il prezzo più alto che ne stanno pagando le donne. Istat ha rilevato come il 70 per cento dei posti di lavoro andati perduti nel 2020 fossero occupati da donne. L’ispettorato del lavoro ha messo in evidenza come, nei primi 3 anni di vita dei figli, il 70 per cento dei genitori che si dimette dal lavoro pagato (sarebbe da discutere se davvero “volontariamente”, come affermato dal linguaggio usato dall’Ufficio), nel 2019 siano state mamme; nei contesti locali in cui l’Ispettorato ha aggiornato il fenomeno al 2020, i dati sono andati peggiorando. Nessuno dimentica che il tasso di occupazione femminile, in Italia, è di 20 punti inferiore a quello maschile.

Parità nei comuni e non solo

Colpisce inoltre per il fatto che esistano da tempo norme antidiscriminatorie che influenzano e vincolano gli 8000 Sindaci d’Italia nella formazione dei governi locali (le Giunte) secondo il principio per cui nessuno dei sessi possa essere sotto rappresentato del 40 per cento. È stato proprio un parere ministeriale (ministero degli Interni -a guida all’epoca Lamorgese - 20 novembre 2019) ad avere esplicitato il fatto che la norma che il Parlamento aveva sancito solo per i Comuni sopra ai 3000 abitanti, andasse interpretata come valevole per tutti.

Per le società quotate in borsa, in aggiunta, l’ultima normativa (la legge di bilancio 160 del 2019) ha modificato da un terzo a due quinti (in una evoluzione quindi maggiormente paritaria), la soglia sotto la quale nessun genere possa essere sotto rappresentato, sia negli organi di amministrazione (nei cda, per intenderci) che negli organi di controllo (i collegi sindacali).

Le donne si batteranno

Quale evoluzione prenderà tutto questo, è molto difficile immaginare. È certo, invece, che le donne non si metteranno alla finestra. Sul piano più strettamente partitico, trovo improbabile che si imbocchi la strada dei partiti femminili. Neppure l’attuale legislazione favorirebbe questa evoluzione. In aggiunta, dell’unica esperienza simile di cui si ha memoria nel nostro paese (la Lista Emily) è saggio ricordare che rimase circoscritta nel tempo e in una unica esperienza locale. È molto più probabile che sia loro più favorevole scegliere di candidarsi alla guida dei partiti, a partire dai contesti locali; a meno che non siano gli stessi partiti ad assumere fino in fondo, nei volti che li rappresentano e nei programmi che li definiscono, il valore della più piena uguaglianza che non è (solo) questione di posti, ma di un modo giusto ed equo di affrontare la crisi sanitaria, economica e sociale in atto.

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