Il risultato del referendum è netto, 70 per il Sì 30 per il No. Certo, se si pensa al punto di partenza e alle tante iniziative per condizionare il risultato (election day, campagna elettorale accorciata, eccetera) il risultato finale non è affatto disprezzabile, anzi è la conferma che la campagna del No ha costretto il Sì a impegnarsi, perchè il risultato non era più scontato.

La democrazia ne guadagna, quando il confronto politico tra le posizioni obbliga tutti ad impegnarsi e porta ad un aumento dei partecipanti al voto. Purtroppo l'accorpamento di più elezioni ha nascosto largamente il valore di una scelta che ha modificato in modo non marginale la Costituzione e la maggiore partecipazione al voto è stata condizionata da questa scelta di mascheramento.

Anche l'articolazione dei risultati del No tra centri grandi e piccoli e tra aree del nord e del sud ha un significato rilevante, anche se non è arrivato ad invertire il risultato finale.

Il risultato del referendum porterà tra qualche tempo gli elettori a votare per eleggere 400 deputati e 200 senatori e, se il parlamento non correggerà rapidamente la legge scritta da Roberto Calderoli per conto della Lega nel maggio 2019 e già in vigore, approvandone una nuova, i contraccolpi negativi del taglio del parlamento si faranno sentire pesantemente.

Certo per arrivare alla nuova legge elettorale occorrono altre modifiche della Costituzione. Ad esempio, occorre decidere se il Senato così rimpicciolito continuerà ad essere eletto su base regionale. Questo sancirebbe di fatto un sistema elettorale iper maggioritario nelle regioni più piccole, qualunque sia la soglia di accesso prevista dalla futura legge. Occorrono correttivi non solo sul territorio ma anche prevedendo un collegio unico nazionale per avvicinarsi almeno un poco al proporzionale. Così andrebbe ridefinito il collegio per eleggere il presidente della Repubblica, per evitare uno squilibrio tra il ridotto numero dei parlamentari e i delegati delle regioni.

Questo per ricordare che la nuova legge elettorale può essere definita effettivamente solo quando tutte le modifiche della Costituzione saranno state approvate.

La legge elettorale deve ridare il diritto agli elettori di scegliere direttamente il parlamentare in cui ripongono fiducia e deve evitare soglie di sbarramento tali da tagliare fuori tutte le forze minori.

È auspicabile che il percorso che deve portare ad approvare tutti i correttivi inizi rapidamente, con chiarezza, mentre finora abbiamo visto solo propaganda e poco altro e la maggioranza è attesa al varco del rispetto degli impegni presi..

E' un modo per ridurre i danni del taglio del parlamento. Danni che sono pesanti. Il colpo portato dal referendum al ruolo del parlamento è pesante. Non a caso Grillo ha subito rilanciato una posizione che prevede il superamento della democrazia rappresentativa, quindi del parlamento, o per lo meno un suo pesante ridimensionamento.

Quando ho ricordato le analoghe frasi di Davide Casaleggio venivano fatte spallucce, ora lo dice il fondatore e garante del Movimento 5 Stelle e nessuno potrà negare che il tema torni di attualità politica, ben oltre il referendum.

In gioco c'era e c'è la questione della democrazia rappresentativa: il parlamento ne è l'asse fondamentale, anche se oggi largamente inibito a svolgere il suo ruolo per l'accentramento dei poteri nel governo e nel suo ambito nel presidente del Consiglio, i quali trattano direttamente con i presidenti delle regioni, a torto chiamati governatori, che in un quadro politico debilitato e incerto hanno cercato in ogni modo di accrescere i loro poteri. Altro arriverà se riusciranno a mettere di nuovo al centro delle scelte il regionalismo differenziato, che renderebbe ancora più esangue il ruolo del parlamento.

Solo il parlamento può resistere a questa deriva e ritrovare il coraggio della propria funzione, mettendo all'ordine del giorno diritti fondamentali per tutti i cittadini come quello alla salute. La salute oggi è un diritto esigibile in modo diverso da regione a regione e, di fronte al ritorno delle preoccupazioni della pandemia, la questione è di grande urgenza. Ne aveva parlato Andrea Orlando.

Nelle prossime settimane governo e parlamento dovranno definire come usare le risorse europee per sostenere la ripresa economica e sociale. Un impegno epocale. È un impegno che non avrà prove d'appello, riguarda direttamente il futuro del nostro paese e le aree sociali più colpite, chi cerca lavoro, i giovani in cerca di futuro, l'ambiente sempre più stressato e ingovernabile per troppe scelte sbagliate.

Non è il momento di rinunciare ad una presenza attiva e protagonista anche del 30 per cento dell'elettorato che al referendum ha votato No, per riaffermare il ruolo centrale del parlamento. Il parlamento è il luogo del confronto tra opinioni, tra territori e tra realtà sociali per costruire una composizione avanzata delle posizioni in campo. Questo vuol dire premere sul parlamento che deve essere spinto a ritrovare, almeno in parte, la consapevolezza del suo ruolo e quindi a rivendicare il ruolo di rappresentanza generale.

Difficile? Certo. La vittoria del No avrebbe dato risultati migliori, ma ora non ci si può attardare, il terreno di impegno è diverso perchè le scelte incombono e occorre costruire soluzioni positive, incrociando il bisogno di stabilità che il voto per le regioni ha messo in luce con ancora maggiore forza.

La situazione non è affatto più stabile con la vittoria del Sì, anzi. Il governo e il parlamento debbono compiere scelte importanti e le prime avvisaglie dicono che le contraddizioni e i rischi sono tutti in campo, perfino una crisi imprevista non è affatto scomparsa definitivamente.

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