«In mezzo a tanta violenza e sofferenza qualcosa avevo fatto. Solo questo. Questo, e niente di più». Sono le parole di Pierantonio Costa già console in Rwanda dal 1988 al 2003 che ci ha lasciato. Era nato a Mestre il 7 maggio 1939, quinto di sette figli, si trasferì nella Repubblica Democratica del Congo dov'era emigrato suo padre. Ben presto l'Africa lo mise alla prova. Nel 1960 a Bukavu, salvò gruppi di rifugiati congolesi attraverso il Lago Kivu. Trasferitosi nel vicino Rwanda si ritrovò nel ruolo di console durante i cento giorni del genocidio.

Mettendosi in gioco in prima persona e utilizzando i suoi soldi e le sue conoscenze, ha salvato la vita a più di duemila persone, occidentali e ruandesi, adulti e bambini. Ha viaggiato dentro e fuori il paese, ha passato innumerevoli volte i posti blocco, trattando con i miliziani con tutti gli inevitabili rischi per la sua vita. Si è fermato solo quando, passando ancora una volta il confine tra Ruanda e Burundi, gli è stato consigliato vivamente di non tornare indietro, di restare a Bujumbura: sapeva che, in caso contrario, sarebbe stato ucciso. In quell’ultimo viaggio aveva salvato 375 bambini.

L’incontro con le persone aiutate

Della sua storia e di quelle vicende non ne ha voluto mai parlare, fino all'incontro con il giornalista di Famiglia Cristiana Luciano Scalettari. Dalle loro chiacchierate nasce il libro "La lista del console", dieci anni dopo gli avvenimenti. Nel 2010 ho avuto l'occasione di conoscerlo, sempre grazie a Luciano. Avevo letto il libro, tutto d'un fiato, durante un volo che mi riportava per l'ennesima volta in Africa. Ho pensato che quella storia andasse raccontata anche con un film. Con Luciano incontrammo Pierantonio vicino a Bruxelles dove viveva con la moglie Marian. Non era convinto della cosa. Gli pesava tornare su quelle storie, in quei luoghi. Ma qualche giorno dopo mi chiamò e mi disse: «Facciamolo!».

Così tornammo sui luoghi e incontrammo coloro che devono la vita a un uomo che ha saputo essere coraggioso in mezzo al terrore, abbiamo cercato di capire, con le testimonianze dei protagonisti di allora una tragedia che ha creato decine di migliaia di orfani e mutilati, in un paese dannatamente bello nel cuore dell’Africa.

Durante le riprese del film mi disse: «Le cicatrici dei sopravvissuti hanno colpito l’immaginazione del mondo intero. Ma a Kigali non aiutano la memoria. Qui se porti addosso i segni del genocidio la gente pensa che tu sia stato semplicemente fortunato. Perché sei ancora vivo».

Costa con Alessandro Rocca e Luciano Scalettari (foto Francesco Cavalli)

«Ho solo risposto alla mia coscienza»

L'Italia lo ha insignito di medaglia d'oro al Valor Civile e così anche le autorità del Belgio. Nel 2008 gli è stato dedicato un alberello nel Giardino dei Giusti del Mondo di Padova e nel 2009 un cippo nel Giardino dei Giusti di tutto il mondo di Milano. Pierantonio Costa è stato tra i candidati al Premio Nobel per la Pace 2011 insime a Zura Karuhimbi e Yolande Mukagasana. Luciano Scalettari, commentò così: «Secondo me, è un giusto, nel senso che danno a questo termine gli ebrei». A questa affermazione Pierantonio Costa disse: «Ho solo risposto alla mia coscienza. Quello che va fatto lo si deve fare».

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