- La magistratura è stata scossa dallo scandalo dei rapporti clientelari nel Csm e questo ha indotto il governo ad avanzare una proposta di modifica della legge elettorale. La riforma, però, dimentica le donne: sono il 53,8 per cento dei magistrati, ma il 5 per cento degli eletti nella sua storia.
- La riforma, in realtà, continua a favorire rapporti prettamente maschili, basati su legami informali e di cooptazione. Le magistrate da questo sono tagliate fuori perché su di loro ricade ancora tutto il peso sociale della cura familiare.
- L’unica riforma vera, allora, è quella di prevedere il 50 per cento di magistrate elette al Csm. Solo così si avvierebbe una vera riforma dell’istituzione, rompendo relazioni consolidate di potere e favorendo una vera parità democratica.
Il problema della rappresentanza in magistratura non riguarda i sistemi elettorali o le correnti degenerate, è una questione culturale e di democrazia. Alle donne è stato vietato l’accesso alla magistratura fino al 1963, oggi sono il 53,8 per cento del corpo giudiziario ma solo il 20 per cento nel Consiglio superiore della magistratura, l’organo che decide sulla vita professionale dei magistrati e sulle nomine dei dirigenti degli uffici giudiziari. Nei decenni di funzionamento del Csm, le donne



