Non sapete cosa sia il ”tetto dinamico” al prezzo del gas proposto dalla Commissione europea per affrontare la crisi energetica? Non siete i soli. Non lo sa neanche la Commissione, perché, semplicemente, ancora non esiste. 

Da oltre un anno le istituzioni europee si nascondono dietro una marea di documenti e slogan accattivanti, ma le loro proposte per affrontare la crisi energetica non sono minimamente all’altezza. Le persone in Europa non hanno bisogno di finte rassicurazioni, ma di una classe politica in grado di agire nell’interesse della collettività. 

Un mercato inadeguato

La Commissione europea non ha ancora fatto i conti con il fallimento del mercato dell’energia. Nonostante von der Leyen abbia ammesso che «non è adatto allo scopo», fatica a proporre interventi conseguenti. Se il Title Transfer Facility, il mercato di scambio per il gas (TTF) olandese, non è rappresentativo dell’attuale mercato del gas, siamo sicuri che valga la pena lasciarlo invariato? Perché questo è quello che propone l’esecutivo comunitario, lasciando solo al futuro le deboli alternative. Il nuovo indice per il gas liquefatto (gnl) sarà realizzato solo tra un anno e sarà poco più di un suggerimento, non c’è alcuna certezza sul fatto che verrà effettivamente utilizzato come riferimento.

Ancora una volta l’Unione europea scommette sulla razionalità del mercato, confidando che faccia la scelta giusta. Una scommessa rischiosa se si pensa che le grandi aziende dell’energia distribuiscono dividendi ai loro azionisti, mentre le famiglie faticano sotto il peso di bollette sempre più salate e stipendi bloccati. 

Il tetto invisibile

La soluzione ponte poi, il tetto “dinamico” al prezzo del gas, è ancora tutta da disegnare. Qui non siamo arrivati neanche alla proposta, ma siamo ancora fermi al punto di idea confusa. Per saperne un po’ di più dovremmo aspettare che il Consiglio europeo che si riunisce oggi dia il via libera. Ma a cosa? A un «meccanismo che possa limitare i prezzi estremi».

Nasce spontanea la domanda: chi e come definirà quando un prezzo diventa «eccessivo»? Non è dato saperlo. Si prenderà in considerazione il prezzo di produzione? I prezzi a cui le aziende comprano l’energia saranno finalmente pubblici?

Non c’è niente nelle proposte di Commissione e Consiglio che lasci sperare che verrà intrapresa questa strada. 

Brutti ricordi

Un altro sviluppo preoccupante sono le misure per salvaguardare le imprese che operano sui mercati finanziari. La Commissione ha annunciato con orgoglio due interventi che «allevieranno lo stress di liquidità attualmente sperimentato da alcune società energetiche». Si tratta di ampliare l’elenco degli asset che possono essere usati come garanzie e alzare la soglia delle commodity da tre a quattro miliardi di euro. In pratica un déjà vu di quanto accaduto prima della crisi bancaria del 2008, quando gli standard normativi sono stati allentati per mascherare i difetti strutturali. Sappiamo come è andata a finire. 

Tagli squilibrati

Veniamo all’aspetto che la Commissione ha più a cuore: il risparmio di energia. Non c’è dubbio che sia necessario risparmiare, ma sul come molti interrogativi rimangono irrisolti. Se il risparmio non è accompagnato da misure indirizzate a colpire chi spreca, oltre a non essere efficace non farà altro che inasprire le disuguaglianze già esistenti. La Commissione, nelle sue indicazioni ufficiali, suggerisce di «dotarsi di finestre a doppio vetro»: ottimo, ma ha idea di quanto costi farlo? Con l’aumento dell’inflazione e il caro vita, molte famiglie in Europa faticano ad arrivare alla fine del mese e cambiare le finestre non è un’opzione.

Basta temporeggiamenti

È da oltre un anno che i governi degli stati membri e le istituzioni europee si rimpallano le responsabilità sulla crisi energetica, senza far nulla per mettere in atto quelle «misure senza precedenti» che avevano promesso. Le proposte poco lungimiranti dell’Ue non hanno nulla a che fare con la solidarietà. Questo non è il momento di chiedere alle aziende di combustibili fossili, i grandi inquinatori, «contributi di solidarietà» simbolici.

È il momento di riformare radicalmente un settore energetico in crisi che ha beneficiato esclusivamente i portafogli delle multinazionali inquinati a spese del pianeta, delle lavoratrici e dei lavoratori, e delle famiglie. È necessario invertire questa tendenza.

Il Consiglio europeo in corso sarà all’altezza?

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