Intercettazioni dei giornalisti anche nell’inchiesta che ha portato al processo contro Mimmo Lucano e il "modello Riace", scoppia il caso. In una interrogazione alla ministra di Grazia e Giustizia Marta Cartabia, 14 parlamentari del Pd chiedono l’invio di ispettori anche alla procura di Locri. «Perché ad alcuni giorni di distanza dal caso della procura di Trapani, per la quale il ministero ha già provveduto a disporre accertamenti, le fonti di informazione riferiscono che anche a Locri si sarebbero sottoposti a intercettazioni telefoniche numerosi giornalisti, nonché magistrati ed avvocati, trascrivendo i contenuti delle loro conversazioni con proprie fonti informative, anche con riferimenti ad aspetti della vita privata e familiare». Lo afferma, in una nota, il deputato del Pd, Stefano Ceccanti, capogruppo in Commissione Affari Costituzionali. «Pertanto anche in questo caso - prosegue Ceccanti - appare opportuno che siano adottate iniziative affinché sia garantito lo scrupoloso rispetto dei principi generali relativi alla tutela del diritto di cronaca, della libertà personale e di informazione e del diritto alla difesa. Il ripetersi di fatti analoghi sembra anche far pensare a prassi diffuse in violazione di legge che appaiono gravi anche quando non avvengano solo nei confronti di cronisti». Nell’interrogazione si chiede «se il Ministro non intenda avviare anche a Locri un’analoga iniziativa ispettiva rispetto a quella già avviata a Trapani e se non intenda avviare anche una ricognizione più generale per assicurare la corretta ed uniforme applicazione della legge». Sulla vicenda, sono intervenuti sindacati e associazioni dei giornalisti. «Le intercettazioni delle conversazioni di numerosi cronisti da parte della Procura di Locri, oltre che da quella di Trapani, così come riportato dal quotidiano Domani, rendono ancora più inquietante una vicenda indegna di un Paese civile». Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana, commenta così le rivelazioni del quotidiano diretto da Stefano Feltri, che pubblica un articolo nel quale si parla di 33 giornalisti, tre magistrati, un viceprefetto e un avvocato intercettati, tra il 2016 e il 2017, nell'ambito dell'inchiesta «Xenia», che portò nel 2018 all'arresto dell'allora sindaco di Riace, Mimmo Lucano. «Il fatto che, a differenza di quanto emerso a Trapani, in questi casi si tratti di conversazioni con persone indagate, sempre nell'ambito di inchieste sul fenomeno migratorio, è del tutto irrilevante. È inaccettabile, infatti, che siano state trascritte conversazioni che la stessa polizia giudiziaria riteneva di nessuna importanza», aggiunge Lorusso. «Ancora una volta – conclude il segretario della Fnsi – si attenta al diritto alla riservatezza delle fonti del giornalista, presupposto indispensabile per l'esercizio corretto del diritto di cronaca e per il soddisfacimento del diritto dei cittadini a essere informati. L'auspicio è che la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, come già avvenuto per il caso della Procura di Trapani, faccia chiarezza sull'accaduto e prenda in considerazione l'adozione di misure di tutela della libertà di stampa e dell'articolo 21 della Costituzione». Identica richiesta viene avanzata da Beppe Giulietti, Presidente della Fnsi con un tweet. «Chiediamo alla ministra Cartabia di acquisire il pezzo di Domani che ha documentato le intercettazioni a carico di 34 croniste e cronisti». Anche l’Unci, unione dei cronisti calabresi, prende una dura posizione, reputando «grave quanto emerso oggi in un articolo del Domani». Secondo il gruppo calabrese dell’Unci, presieduto da Michele Albanese, si è adottato il «metodo Trapanì anche per l'indagine condotta dalla guardia di finanza sulla gestione a Riace dei progetti di accoglienza dei migranti». «Non si spiega in altro modo il motivo per il quale nel fascicolo del processo a Mimmo Lucano ci siano i nomi di tutti i giornalisti con cui l’ex sindaco parlava al telefono o si incontrava. Giornalisti che si rivolgevano a Lucano per capire cosa stava succedendo a Riace e per intervistarlo. Dai giornalisti del Fatto Quotidiano a quelli dell’Ansa passando per Famiglia Cristiana, la tv Svizzera, Repubblica, il Quotidiano del Sud, la Rai, Mediaset, La7, il Corriere della Calabria e la Gazzetta del Sud. C'erano tutti e le loro conversazioni sono state riportate nel fascicolo assieme a quelle tra Lucano e il suo avvocato. Ma pure quelle con tre magistrati e, addirittura, quelle con la portavoce dell’allora presidente della Camera Laura Boldrini». «I loro nomi e i loro numeri di telefono sono, quindi - è detto ancora nel comunicato - a disposizione di tutti perché finiti nei brogliacci dove sono state anche trascritte le intercettazioni e le interviste rilasciate da Lucano ai giornalisti e che nulla hanno a che vedere con le indagini. L’Unci Calabria ritiene che quelle intercettazioni, eseguite dalla guardia di finanza, siano legittime perché evidentemente un giudice, su richiesta del pm, le ha autorizzate. Quello che, però, non si concepisce è il motivo per cui, una volta intercettati i giornalisti e una volta accertato che stavano semplicemente facendo il loro lavoro, quelle conversazioni sono state trascritte e riassunte per poi essere riversate negli atti del processo. La sensazione è che si sia voluta ricostruire la rete di giornalisti con il quali Lucano si sentiva. È il caso di ricordare che la tutela delle fonti e il metodo di lavoro dei giornalisti sono un valore da salvaguardare. Inoltre perché registrare un giornalista che per telefono intervista un imputato e in questo modo conoscere il giorno prima della pubblicazione il contenuto dell’articolo?».

Pacato il commento dell’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano. «Ho letto stamattina l'articolo pubblicato su Domani che parla dei giornalisti che sono stati intercettati perché parlavano con me durante la fase delle indagini. Reputo molto gravi gli episodi raccontati nell'articolo. La sensazione è che il metodo Trapani sia stato utilizzato anche dalla Procura di Locri». «Non solo nel mio interesse - aggiunge Lucano – ma nell'interesse del corretto esercizio delle attività processuali, spero che la giustizia faccia chiarezza anche su questo aspetto. Non è normale che i giornalisti e i loro numeri di telefono siano stati resi pubblici così come non è normale che vengano riportate le mie intercettazioni con magistrati che nulla hanno a che vedere con le indagini. Per il resto, attendo con fiducia l'esito del processo che mi riguarda».

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