Per chi come me ha Roma nel cuore, l’intervento di Mario Giro riesce a dare forma a pensieri pieni di amore e preoccupazione per il futuro della città. Invita a riflettere sulla necessità di ricucire Roma elaborando una visione con basi solide e un’ambiziosa proiezione operativa, capace di entusiasmare le romane e i romani, facendoli sentire di nuovo parte di una grande impresa collettiva.

Roma è ormai composta di frammenti impazziti, che non sono tenuti assieme da una idea di sviluppo per la città del XXI secolo. La complessità di questo tempo, a Roma, non riesce a trasformarsi in relazioni. Rispondere con relazioni a isolamento e solitudini è il principio da cui partire per iniziare a ricostruire, evitando che si disperdano energie e risorse preziose. Relazioni tra diversità, in una città che dalla sua storia ha imparato il senso più profondo della parola convivenza. Dimensione religiosa, civile e culturale a Roma possono armonizzarsi, nel rispetto della pluralità di visioni del mondo che le percorrono. Per fare questo occorre valorizzare le esperienze di mobilitazione dal basso che già hanno ridato vita a tanti luoghi, e non contrapporsi in modo sterile a esse: dalla Casa delle donne fino alla vicenda del Cinema palazzo, un’idea ottusa di legalità e sicurezza ha mortificato energie vitali, frantumando il tessuto sociale. Come si può pensare di mettere in relazione le solitudini, se si tagliano questi ponti?

Ricucire Roma significa collegare gli spazi. Il tessuto urbano è cresciuto in modo disordinato, ma questo non può separare comunità che devono incontrarsi e contaminarsi. Abbiamo a che fare con una città dalla conformazione unica? Bene. Facciamone una risorsa, superando con coraggio resistenze radicate, lavorando per ridurre il trasporto su gomma, prendendosi cura della rete stradale e incentivando il trasporto su ferro.

Ricucire Roma significa rimarginare le ferite aperte nel tessuto economico della città. Roma ha perso molto, ma noi dobbiamo consentirle di ritornare vitale. Non si contano le grandi imprese che hanno abbandonato la città negli ultimi anni, spesso perché non hanno trovato infrastrutture adeguate. Il turismo è in crisi per gli stessi motivi e, adesso, anche in conseguenza della pandemia. Pochi esempi che dimostrano, però, che una città frammentata non è terreno fertile per creare lavoro e benessere. E che un tessuto economico indebolito diviene brodo di coltura di degrado sociale, corruttele, infiltrazioni mafiose sempre più penetranti e preoccupanti.

Quando si parla di ricucire il tessuto economico penso all’importanza strategica della ricerca. Roma ha un’altissima densità universitaria e una scarsissima capacità di trasmettere conoscenza al tessuto sociale, economico e culturale, trasformandola in opportunità. In sinergia con le università romane, da qui devono passare rilancio, sviluppo, crescita.

La capitale d’Italia è un asset strategico per il paese. Per questo è importante che nella programmazione per l’impiego dei fondi del piano Next generation EU ci si ricordi anche di Roma. Assieme al Giubileo del 2025, questa è un’opportunità unica che deve trovarci pronti e uniti. Giro ha ragione quando ricorda due cose fondamentali. La prima: le competenze interne all’amministrazione della città che non possono essere soffocate dagli ingranaggi della burocrazia né dal pregiudizio politico. La seconda: c’è bisogno di una leadership generosa, capace di condividere responsabilità e chiamare a raccolta i migliori. Questo è successo in passato: nel 1993, ad esempio, quando fu una nuova generazione a prendere per mano la città.

Ricucire Roma, infine, significa ristabilire la fiducia nelle istituzioni. A sinistra, questo significa rimettere insieme i frammenti – di nuovo – in cui questo campo è disgregato. Non per annullare le differenze, ma per creare relazioni che liberino energie. Un nuovo centrosinistra per Roma si costruisce con un percorso di partecipazione, nei modi consentiti in questo tempo che ci sottrae alla presenza fisica nello spazio pubblico. A Roma, come in ogni grande città, tutto si tiene. Dalla qualità delle relazioni all’adeguatezza delle infrastrutture, un unico filo lega i percorsi di sviluppo della comunità. Prendiamo quel filo tra le dita, armiamoci di pazienza e infiliamolo nell’ago. I frammenti di stoffa che compongono la città hanno colori diversi. Ricucirli insieme farà esplodere la bellezza.

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