Da un lato la pandemia, dall’altro i fondi di Next Generation Eu. Al centro, troppo spesso trascurata ma pur sempre ineludibile, la pubblica amministrazione. Che ha il compito di rispondere all’emergenza, facendo sì che ogni misura decisa dal parlamento, dal governo, dalle Regioni e dai singoli comuni venga attuata al meglio. E allo stesso tempo deve riuscire a gestire i 209 miliardi di euro del Next Generation Eu, non “solo” assicurandone la spesa ma anche l’impatto promesso in sede di programmazione.

Con una responsabilità aggiuntiva data dal fatto che parte delle risorse graveranno sul debito pubblico e quindi sulle giovani generazioni. A cui è ora di iniziare a dare potere, dando loro l’opportunità di mettere le proprie capacità e competenze a servizio del progetto di cambiamento del paese, dentro amministrazioni pubbliche rigenerate.

La risposta

Questo è il contesto al quale guarda l’appello che abbiamo promosso come Forum disuguaglianze diversità, Movimenta, Forum Pa, sottoscritto da un primo nucleo di persone – tra cui alcuni passati presidenti del Consiglio dei ministri – trasversali rispetto al mondo della politica e della società civile.

Abbiamo la convinzione che in questa tensione tra la risposta urgente al dramma dell’emergenza socio-sanitaria e i percorsi di cambiamento strutturale richiesti e sostenuti dalle nuove opportunità di intervento non solo europee, la Pa italiana non può essere lasciata alle sue fragilità di sempre. Quelle causate dal prolungato sottoinvestimento nel suo capitale umano, che ha portato ad una perdita di oltre 200mila lavoratori negli ultimi dieci anni, pur partendo da un numero di addetti inferiore agli altri principali paesi europei. Dall’età dei suoi dipendenti (oltre 54 anni in media, se escludiamo le forze armate, meno del 2 per cento di addetti con meno di 34 anni) che rende che la nostra Pa la più vecchia d’Europa. Dalla scarsa valorizzazione delle opportunità della digitalizzazione, dall’assai inadeguata formazione (negli ultimi 10 anni, in media, appena 1,02 giornate per ciascun dipendente). Dalla penuria di profili tecnici, contro troppi profili amministrativi generici. Dal ricorso crescente a figure flessibili e precarie, il cui numero ha ormai superato le 350mila unità, e all’esternalizzazione di funzioni. Dalla persistente prevalenza dell’attenzione sul rispetto formale dei processi rispetto al raggiungimento dei risultati in grado di cambiare la vita quotidiana di cittadini e imprese. Dalla mancanza di motivazioni e prospettive di carriera, attraverso la quale far emergere e rafforzare i talenti.

Non chiediamo l’ennesima riforma della Pa, o – ancora meno –scorciatoie inutili e pericolose quali quelle del ricorso ad “amministrazioni parallele” o a norme in deroga, ma proponiamo tre linee di intervento, in grado di promuovere un rinnovamento strutturale che può cambiare il volto della nostra Pa.

I nuovi obiettivi

In primo luogo, individuando in missioni strategiche chiaramente definite (transizione ecologica, parità di genere, miglioramento dell’offerta dei servizi essenziali, …) la bussola per l’azione di tutte le amministrazioni e il perno attorno al quale orientare l’inserimento delle nuove leve di giovani. Per ciascuna di queste missioni devono essere ricostruite le filiere amministrative coinvolte – dal ministero al Comune –, responsabilizzando tutta la filiera sul raggiungimento dei risultati comuni, chiaramente individuati e monitorati pubblicamente, abbattendo le divisioni in compartimenti stagni e rifuggendo da esternalizzazioni che deresponsabilizzano e creano precarietà.

In secondo luogo, riteniamo fondamentale che la Pa sia sempre più porosa, aperta e capace di collaborare con il terzo Settore e le organizzazioni di cittadinanza attiva, imparando a confrontarsi con i destinatari degli interventi, per acquisirne conoscenze e preferenze, dando loro l’effettivo potere non solo di partecipare alle scelte, ma anche di essere parte della loro realizzazione.

Infine, chiediamo che si intervenga profondamente per sbloccare, mobilitare e valorizzare chi nelle Pa lavora. È fondamentale accompagnare le amministrazioni in questa fase di trasformazione investendo su una nuova, diffusa ed efficace formazione per tutti i dipendenti pubblici, sulla creazione di percorsi di crescita professionale, sulla semplificazione dei procedimenti, attraverso anche processi di ascolto dei lavoratori, facendo così in modo che i processi d’innovazione e di digitalizzazione trasformino davvero i comportamenti e permettano servizi più semplici, vicini e veloci.

Se fino ad oggi la Pa è rimasta orfana di attenzione, nella politica e nella società, salvo lamentarci tutti della burocrazia che ostacola e blocca, noi attorno a questa visione di Pubblica amministrazione vogliamo raccogliere l’energia di tutto il paese.

Se non interveniamo subito, collettivamente e in profondità, non abbiamo speranza di superare questo momento drammatico e di trasformare l’Italia, dopo la pandemia, in un paese più moderno e capace di crescere, vale a dire in un paese che sappia costruire opportunità e contrastare le disuguaglianze.

© Riproduzione riservata