Un cerchio su un foglio, che si muove seguendo la bocca e le parole di Donald Trump sul climate change: «It’s a hoax» (è un imbroglio). Una matita lo riempie, in realtà è un voto per Joe Biden. «Silence him» (zittitelo), recita il messaggio finale.

Per uno degli ultimi – e più riusciti, forse – spot di questa campagna elettorale, il candidato democratico ha deciso di mettere all’angolo “The Donald” sulle tematiche ambientali.

Gioco facile: Trump rivendica fieramente azioni in aperto contrasto con gli obiettivi ambientali e il negazionismo riguardo la crisi climatica, la cui avanzata, tra incendi e inondazioni, è sempre più evidenti in Stati come California e Florida.

L’estremismo anti-ambiente di Trump

L’uscita dagli Accordi di Parigi siglati nel 2015 durante l’amministrazione Obama e il definanziamento dell’Epa (Environmental Protection Agency), ridotta fino ad una percentuale dello 0,2 per cento del budget federale, sono solo alcuni esempi.

Secondo il New York Times, sono circa 100 i rollback ambientali messi in atto dal Potus (presidente degli Stati Uniti) durante la sua permanenza alla Casa Bianca: ovvero, revoche o annullamenti di leggi precedenti su ambiente e clima. Ci sono poi le concessioni fatte alle lobby dei combustibili fossili. Emblematico è il caso dell’oleodotto Dakota Access: uno dei primi atti della presidenza Trump, il 24 gennaio 2017, fu proprio l’assenso alla costruzione dell’infrastruttura – ribaltando il blocco stabilito da Obama appena un mese prima – che minacciava la riserva di Standing Rock, in Nord Dakota. Attualmente l’oleodotto è al centro di una controversia legale, dopo che la Corte Suprema quest’anno ha imposto una nuova valutazione dell’impatto ambientale e perfino uno shutdown, revocato poco dopo.

L’estremismo delle posizioni anti-ambientali di Trump ha fatto gridare allo scandalo persino importanti riviste scientifiche. New England Journal of Medicine e Scientific American hanno – per la prima volta nella loro storia – rotto la prassi di neutralità elettorale e di fatto espresso il proprio appoggio a Biden, mentre Science e Nature si sono “limitate” a criticare duramente il presidente uscente.

Ma anche lo sfidante democratico ha posizioni ambigue sul tema, che potrebbero spingere realtà e movimenti per il clima all’opposizione anche in un’ipotetica presidenza Biden.

Le ambiguità di Biden

Ad esempio, sulla questione del fracking. Questa tecnica di estrazione del petrolio, basata sulla fratturazione idraulica, comporta seri problemi per l’ambiente: consumo di acqua, contaminazione delle falde acquifere e del suolo. Persino rischi sismici.

A riguardo, Biden è in un sandwich tra un’ala del partito che ne chiede l’abolizione e l’ovvia necessità di tenersi stretti i voti in stati decisivi, come ad esempio la “sua” Pennsylvania, dove il settore conta circa 32mila occupati, o anche il tradizionale swing state Ohio e nel Texas, diventato incredibilmente contendibile. Il candidato democratico ha spesso rilasciato dichiarazioni contrastanti sul tema, ma sembra abbia optato per il blocco al fracking esclusivamente per nuovi progetti. Per di più, questo provvedimento riguarderebbe solo il fracking sul suolo federale – una minima parte dei siti di estrazione attualmente in uso, e in generale una minoranza assoluta del territorio statunitense.

Durante il primo dibattito presidenziale, inoltre, Biden ha ribadito la sua contrarietà al Green New Deal (Gnd). Il piano, presentato da Alexandria Ocasio-Cortez ed Ed Markey come una mobilitazione nazionale decennale, prevederebbe la totale indipendenza energetica degli Stati Uniti basata unicamente su fonti rinnovabili. Esso tocca chiaramente anche gli aspetti sociali della transizione ecologica. Da quelli più strettamente implicati, come la creazione di milioni di posti di lavoro nel settore del rinnovabile, a temi generici di giustizia sociale come la salute pubblica di qualità. Al Gnd, Biden contrappone un suo piano per affrontare la crisi climatica. Il “Biden Plan” sarebbe relativamente meno ambizioso in termini economici: meno onnicomprensivo sugli interventi di giustizia sociale, zero netto di emissioni al 2050, “solo” 2 mila miliardi di dollari in 4 anni, contro le diverse decine di migliaia stimate dagli economisti per il Green New Deal.

Ciononostante, il piano di Joe Biden contro la crisi climatica sarebbe l’intervento ambientale più ambizioso della storia recente.

Se la scelta è tra questa proposta e il negazionismo, la strada da intraprendere appare chiara per chiunque abbia a cuore il futuro del pianeta e dei suoi abitanti.

 Anche se la bocca di Trump dovesse effettivamente venire “chiusa” con una matita come nello spot, i nostri occhi dovranno comunque rimanere ben vigili e aperti.

Giorgio Brizio e Simone Martuscelli sono due attivisti di Fridays for future

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