Nei giorni scorsi vi ho anticipato quali saranno i quattro filoni delle inchieste di Domani che decideremo insieme a voi lettori: ambiente, lavoro, salute, disuguaglianze. Dateci ancora qualche giorno per gestire un po’ di questioni amministrative e poi cominciamo a fare sul serio, molti giornalisti mi hanno già mandato progetti interessanti che presto discuteremo tutti insieme.

Nel frattempo, leggo con interesse tutte le mail che inviate in risposta a questa newsletter. Un lettore, Giovanni Novara, mi ha mandato il racconto di come ha visto intrecciarsi quei quattro temi tra le montagne del Trentino: un tipo di economia e lavoro che minaccia la salute, compromette l’ambiente e alimenta disuguaglianze che poi - a loro volta - hanno l’ambiente e la salute come prime vittime.

Ho pensato di condividere con voi questa lettera che sembra quasi un manifesto di come vanno raccontati i grandi temi, globali e locali, che Domani ha scelto come sue priorità.

Domani sarà un prodotto della nostra redazione e dei nostri collaboratori, certo, ma per essere davvero interessante e utile a questo Paese dovrà attingere attingere alle vostre esperienze, alle vostre idee, alle competenze e all’intelligenza collettiva che soltanto una comunità di lettori attivi e partecipi può produrre.

Ecco la lettera di Giovanni Novara:

Ciao direttore, continuo a seguire l’evolversi della gestazione: Domani cattura l’attenzione di un sacco di gente. Io, come tutti quelli che credono nel progetto, ne parlo appena posso con amici e conoscenti. Ti scrivo per darti conforto e dirti che apprezzo i tuoi interventi.

Quello sulla crisi climatica e il tempo che non c’è più mi ha particolarmente colpito perché in questi giorni sono in giro con la mia compagna per valli e vette dolomitiche e ho modo di vedere, ormai indelebili, i segni della violenza della Natura che si è vendicata dei nostri soprusi.

La scorsa settimana ero al Passo Brocon (Trentino) per fare la meravigliosa camminata “Trodo dei Fiori” e ho chiesto al proprietario del vicino rifugio come pensa che si dipanerà questa anomala stagione estiva penalizzata dal Covid. La chiacchierata ha toccato anche la situazione degli spaventosi danni di due anni fa che la tempesta Vaia del 2018 ha procurato pure su quei versanti.

Lungo i tornanti, ovunque ci sia spazio, sono oggi ordinatamente ammassate migliaia di tonnellate di tronchi di conifere che i lavoranti hanno levato dai versanti scoscesi su cui quella notte da cataclisma Vaia dette la sua tremenda lezione. Un lavoro improbo, che richiede grande coraggio, competenze assolute, professionalità e che è stato rallentato anch’esso dalle restrizioni sanitarie dell’emergenza collettiva.

Ho chiesto se il personale fosse tutto proveniente dai paesi intorno.

“Ma no, i lavoranti vengono tutti dall’Est Europa e dall’Austria - ha esclamato il gestore del rifugio - Non c’è nessuno dei nostri. A noi italiani un lavoro così complesso costerebbe troppo e non ci sarebbero nemmeno operai e tecnici sufficienti! Tutti stranieri. Stanno qui a turni di due-tre mesi a lavorare come matti poi tornano a casa due settimane e di nuovo qua! Si portano tutto: camion, attrezzature sofisticate, macchinari...perfino il gasolio che a loro costa neanche 80 centesimi al litro! Altro che il nostro a 1,40 con le accise! E noi gli svendiamo i tronchi, che ormai ne abbiamo fin troppi. Qui, ai nostri prezzi, costerebbe una fortuna pulire e mettere in sicurezza le nostre rive distrutte come invece possono i rumeni e tutti gli altri. E a loro volta ne fanno commercio dappertutto, perfino l’India compera questo legname da loro! Lo portano fin laggiù con le navi. Ormai hanno quasi finito di pulire i nostri monti e le valli!”.

Ecco, questo racconto conferma che e come il rapporto con la Natura si è rotto. Indietro non si torna.

Le economie forzate dal clima, forzato a sua volta dal nostro inquinamento globale, cambiano la vita di intere popolazioni.

Dal Friuli fin quasi ai Monti Lessini passando per il Comelico, il Cadore, la Pusteria, parti dell’Alto Adige più a Est (i dintorni e il Lago di Carezza, il Passo Costalunga), il Trentino quasi tutto, l’Agordino, lo Zoldano…

Scendo verso il Primiero.

Dopo pochi tornanti la strada è interrotta: eccoli gli uomini dell’Est, bisogna attendere che issino con una teleferica un enorme fascio di tronchi sul camion a rimorchio. Lavorano freneticamente su strapiombi da paura.

Nessuno indossa la mascherina.

Sembra che pensino che è più facile volare di sotto che beccarsi il Covid.

Nella bella casa di caccia Welsperg ora adibita a sede del Parco naturale Paneveggio-Pale di San Martino, il direttore Vittorio Ducoli ha scritto su un pannello all’ingresso:

“Dobbiamo anche chiederci se davvero hanno meno valore gli altri monti, le altre valli, le altre terre (GLI ALTRI). Possiamo salvare i nostri Monti Pallidi, che al tramonto l’Enrosadira accende, senza rispettare TUTTI i monti e le terre? (RISPETTARE TUTTI)? Quando spianiamo forme e microforme di un terreno per costruire l’ennesima pista da sci, per piantare l’ennesimo vigneto, per asfaltare l’ennesimo parcheggio, non solo uccidiamo le forme di vita che ospita, ma annientiamo perfino le possibilità di un loro futuro ritorno. È fin troppo facile consumare il territorio, è fin troppo facile distruggere ciò che è bello”

Ecco direttore, tutto ciò per offrirti con grande rispetto uno spunto di inchiesta. È un ulteriore augurio di felice nascita per il tuo-nostro Domani.

Giovanni Novara

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