L’attacco alla libera stampa condotto durante il governo Meloni mette in allerta l’Europa. Chi vigila sul pluralismo – realtà europee che lavorano a stretto contatto con la Commissione Ue – segue la vicenda che riguarda Domani e la sta denunciando anche a Bruxelles.

«Quello contro Emiliano Fittipaldi e Stefano Feltri è già il secondo caso in cui la nuova premier italiana porta in tribunale i giornalisti. L’effetto è di inibire tutti i giornalisti e scrittori, con conseguenze serie sulla libertà di informazione, dunque sulla democrazia», dice Corinne Vella. Sua sorella, la giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, nonostante le ripetute intimidazioni ricevute anche per via legale, ha continuato le sue inchieste finché è stata assassinata.

Premier contro giornalisti

Neppure la sua morte però ha interrotto le azioni legali contro di lei. A portarle avanti, anche un primo ministro, il maltese Joseph Muscat. Sosteneva di agire «in qualità di cittadino», non di premier; è lo stesso argomento al quale ricorre oggi Meloni. «Muscat diceva di essere in tribunale come una persona qualunque, peccato usasse l’apparato di un premier. Il suo capo comunicazione twittava in diretta sul processo», racconta Vella. Quando sua sorella è stata assassinata, la famiglia ne ha ereditato i casi giudiziari, ben 47 nella sola Malta, portati avanti da figure dell’esecutivo.

La giornalista prima della sua morte stava lavorando proprio sulla corruzione e il governo. «Era chiaramente una campagna orchestrata contro di lei».Tuttora permangono cinque casi attivi contro Daphne Caruana Galizia, e a portarli avanti sono l’ormai ex premier e la moglie, un ex ministro e consorte, insomma un apparato di governo. «Muscat può dare la sua versione senza che mia sorella possa dire la sua». Corinne Vella sa cosa voglia dire quando un governo porta in aula un giornalista, ed è «un grande squilibrio di potere».

La famiglia di Daphne, tramite la fondazione a lei dedicata, è impegnata contro le “slapp” – acronimo che suona come “sberle” e indica le cause intentate a scopo intimidatorio - e ha promosso i lavori della “Case coalition”. Una coalizione di realtà associative che si è attivata anche sul caso riguardante Domani.

L’eccezione Meloni

«È a dir poco anomalo che una premier in carica usi la carta della diffamazione», dice Ricardo Gutiérrez, segretario generale della Federazione europea dei giornalisti (Efj). «La mossa di Meloni rappresenta un’intimidazione non solo verso la redazione di Domani, ma verso tutti i giornalisti: gli studi a nostra disposizione mostrano che uno dei principali strumenti per indurre la stampa all’autocensura è la minaccia di procedure legali. Quando ho appreso del caso che coinvolge Fittipaldi e Feltri sono rimasto scioccato, mi sono detto: ma davvero un caso come questo viene spedito in tribunale? Il caso va visto per quello che è: non è per punire Domani, è per dare l’esempio e intimidire chi scrive del governo. È così che si prova a silenziare la libera stampa. È estremamente preoccupante ancor più perché parliamo di un primo ministro. Ecco perché abbiamo formulato una denuncia».

Gutiérrez e la federazione, non appena hanno appreso del caso che coinvolge Domani, lo hanno denunciato al consiglio d’Europa.

L’attenzione di Bruxelles

Ma non è l’unica allerta lanciata: il caso Meloni-Domani è ormai all’attenzione di Bruxelles. Esiste infatti una “unità rapida”, la Media Freedom Rapid Response, finanziata dalla Commissione Ue proprio per monitorare la libertà di stampa. Del consorzio fanno parte realtà come Efj, European Centre for Press & Media Freedom, Article 19, osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa e International Press Institute. La galassia di esperti ha denunciato il caso che riguarda Domani nell’apposita mappa: la mossa di Meloni è sotto gli occhi anche delle istituzioni Ue. Bruxelles è allertata.

Nel rapporto sullo stato di diritto nel nostro paese, la Commissione Ue aveva già ammonito: «L’aumento delle slapp e la combinazione di diffamazione civile e penale preoccupano. Le intimidazioni ai giornalisti aumentano».

Dal lato del pluralismo, il rule of law report dell’Ue si basa sui lavori del Centre for Media Pluralism and Media Freedom, la cui ricercatrice Roberta Carlini dice: «Quanto al governo e al caso Meloni, trattandosi di una premier in carica considero questo un precedente molto pericoloso».

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