L’ordinanza che obbliga a riempire i mezzi pubblici fino al cento per cento dei posti. I soldi per le terapie intensive non spesi per posti che diventano ogni giorno più vitali. La carenza di vaccini antinfluenzali, merce rara. Benvenuti nella Sicilia amministrata dalla destra di Nello Musumeci, che mentre grida al complotto per la scelta di inserire la regione nelle zone ad altro rischio, fa la metà dei tamponi rispetto all’Emilia Romagna, che conta 500mila residenti in meno. 

Per la Sicilia questa è la prima ondata, ma non sta andando affatto bene. «Solo grazie alle temperature miti dell'isola ancora non è scoppiata la stagione influenzale altrimenti sarebbe un disastro», commenta uno degli infermieri impegnati a contenere i danni di un sistema che non si è preparato a questa emergenza sanitaria pur avendo avuto diversi mesi di vantaggio rispetto al nord Italia. E se fino a qualche mese fa, lo sport nazionale era stato quello di tirare un sospiro di sollievo verso un Mezzogiorno che si era salvato dal virus, perché altrimenti non avrebbe retto i numeri del contagio, oggi è sopraggiunto quello del dito puntato contro chi si è crogiolato sugli allori, anziché predisporre un piano per la seconda ondata, cercando di trarre qualche insegnamento dalla prima.

In Sicilia, nel mirino delle polemiche e i primi a essere indicati come i responsabili dell’immobilità sono il presidente della Regione e commissario straordinario all'emergenza Covid, Nello Musumeci, e l'assessore regionale alla sanità, Ruggero Razza. Oggetto, peraltro, di una mozione di sfiducia del Pd regionale e di una speculare interpellanza presentata alla camera dai deputati siciliani eletti nelle fila dei democratici. Un atto duro, per denunciare l'insufficienza di una giunta che anziché concentrare gli sforzi sui problemi, ha fatto di tutto per negarli.

Negazionismo siciliano

Il documento è un j’accuse sull'inadeguatezza delle misure messe in atto dal governo regionale per arginare l'onda del virus che ha fatto si che oggi la Sicilia si trovi, insieme alla Puglia, Abruzzo, Basilicata, Liguria, Toscana, Umbria, classificata tra le regioni con rischio arancione, collocata nello scenario 3, di rischio elevato, quindi, e che rischia di scivolare insieme alla Lombardia, al Piemonte, alla Valle d'Aosta, alla Provincia di Bolzano e alla Calabria nella zona rossa. Una classificazione che Musumeci ha definito «sospetta e immotivata», paventando «motivazioni politiche per penalizzare regioni guidate dal Centrodestra». Insomma, per il governatore ex missino più che di fronte ad un virus ci troviamo davanti a un complotto.

La mozione critica aspramente l'atteggiamento dell'Assessore Razza che invece di intavolare un dialogo costruttivo con il governo nazionale per adottare misure adeguate al contenimento della pandemia, si è preoccupato piuttosto di confutare i dati: «Un atteggiamento» si legge nell’atto parlamentare «che ha determinato un drammatico deficit organizzativo nel sistema sanitario regionale, così come nel sistema di tracciamento dei casi».

«L'atteggiamento della regione è negazionista, ma bisogna evitare in ogni modo di diventare zona rossa»  commenta il capogruppo del Pd all’assemblea regionale, Peppino Lupo, che aggiunge: «Riteniamo che la regione dovrebbe cambiare passo e invece di lamentarsi realizzare dei posti di terapia intensiva e sub intensiva, perché stiamo collassando e siamo oltre il livello di guardia».

Intensiva al collasso

Attualmente risultano 400 posti letto in terapia intensiva, a fronte dei 720 necessari in base al parametro nazionale che ne prevede 0,14 ogni mille abitanti. Nell'interpellanza parlamentare si legge che il governo avrebbe stanziato 125 milioni per realizzare 301 letti di terapia intensiva, «ma la Regione ha speso meno di 50 milioni per poco più di 100 postazioni». Gli operatori parlano della difficoltà di tracciare i contagiati e delle difficoltà di effettuare i tamponi in tutta l'isola, rispetto alle regioni che hanno una popolazione simile.

Dati alla mano: il 5 novembre in Sicilia sono stati processati 9497 tamponi (residenti 4,9 milioni) contro i 20.332 dell'Emilia Romagna (residenti 4,4 milioni) o i 30.283 del Lazio (residenti 5,8 milioni). Anche qui, come in altre regioni d'Italia, le inefficienze della politica ricadono su chi nella sanità lavora: il vaccino antinfluenzale è introvabile, il primo lotto è andato via in un attimo e «i medici di base, stanno scegliendo chi vaccinare, è assurdo» chiosa Lupo che parla per esperienza diretta.

Poi ci sono gli ospedali dove si riversa chi nella medicina territoriale non trova risposta. «A breve dovremo selezionare i pazienti, decidere chi far entrare nelle terapie intensive e chi no»  racconta in una pausa dal lavoro, Salvatore Vaccaro, vicesegretario nazionale del sindacato degli infermieri Nursind. Lavora al policlinico di Catania dove i posti letto sono vicini alla saturazione «senza contromisure, tra 15 giorni il sistema crollerà». Una previsione fatta da chi lavora sul campo, dove quelli che per altri sono semplici dati, qui sono persone in carne ed ossa da curare ogni giorno, con le ambulanze in coda agli ingressi degli ospedali e una curva dei contagi che continua a salire, senza che all'orizzonte si veda un cambio di strategia.

Autobus pieni

Quello che i consiglieri Pd lamentano è un atteggiamento superficiale da parte dell'amministrazione regionale che lo scorso 2 luglio in deroga a tutte le norme nazionali, approfittando di un «rischio basso» sull'isola, ha emesso un'ordinanza, numero 26, per consentire l'occupazione al 100 per cento dei posti a sedere e dei posti in piedi su tutti i mezzi di trasporto regionale (autobus, tram, treni, navi, taxi) in deroga all'obbligo di distanziamento sociale di almeno un metro fissato dal Dpcm dell'11 giugno 2020. E come se non bastasse la stessa ordinanza prevede sanzioni per chi non si adegua alle nuove norme.

Come in Sardegna, anche in Sicilia c'è stato chi non ha voluto perdere neppure un euro da una stagione particolarmente florida che ha visto i turisti italiani affollare i nostri bagnasciuga, nell'impossibilità di recarsi all'estero. Anche questo stanno pagando i siciliani con circa 33 mila contagiati e 735 morti dall'inizio dell'emergenza, che qui è iniziata da poche settimane. «A forza di negare che era in corso un'emergenza, stiamo crollando, i parametri sono stati sforati, non c'è più tempo da perdere» denunciano in coro i consiglieri di opposizione che archiviando la polemica auspicano uno sussulto di Musumeci per evitare il disastro all’orizzonte.

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