Sono tempi bui. Le notizie dei massacri in Ucraina, degli stupri, delle torture, ci restituiscono l’immagine di una violenza che da decenni non vedevamo così vicina a noi e che ci eravamo abituati a considerare totalmente estranea al nostro modo di essere e di sentire. Pensiamo che infliggere direttamente, personalmente, dolore e sofferenza ai nostri simili sia una  cosa che non appartiene al nostro mondo, e che le persone che conosciamo non potrebbero mai fare. Gli uomini e le donne che incontriamo nei negozi o dal dentista, i padri e le madri che portano i bambini a scuola, le persone che si siedono accanto a noi al cinema e al teatro non sarebbero mai capaci di uccidere un uomo a calci, di sparare a un bambino inerme, di torturare con la corrente elettrica. Sfortunatamente la psicologica sociale ha dimostrato che le cose non stanno esattamente così. Anzi, non stanno proprio per niente così.

Esperimento Milgram

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L’esperimento più famoso è quello conosciuto come “esperimento Milgram” dal nome del suo ideatore ed è stato condotto nel maggio 1962 alla Yale University. In sintesi, a quaranta volontari tra i 20 e i 50 anni è stato proposto di partecipare a uno studio, dicendo che ci si proponeva di verificare i meccanismi dell’apprendimento e in particolare l’utilità di punire le risposte sbagliate.

Nel caso specifico, dall’altra parte di un vetro stava una persona che doveva ripetere correttamente brevi frasi dette dai partecipanti e che avrebbe ricevuto scosse elettriche di intensità crescente dai 15 ai 400 V ogni volta che commetteva un errore.

In realtà si trattava di un attore che non riceveva alcuna scossa, ma che rispondeva fingendo un dolore crescente dopo ogni scarica, arrivando a battere i pugni contro il muro e a implorare di interrompere l’esperimento e di lasciarlo uscire.

Nel filmato dell’esperimento che chi ha lo stomaco sufficientemente forte può trovare ancora oggi su Youtube, il 65 per cento dei partecipanti (26 su 40) sono giunti a dare la scossa più elevata, anche quando il soggetto dall’altra parte dello specchio non rispondeva più e sembrava aver perso coscienza.

Nel filmato sono evidenti il disagio e perfino la sofferenza dei volontari che dovevano somministrare le scosse elettriche, ma altrettanto evidente è la loro subalternità nei confronti dello sperimentatore in camice bianco seduto a  pochi metri da loro che li spinge a continuare con ordini di crescente intensità: «Per favore continui», «L’esperimento richiede che lei continui», «È assolutamente essenziale che lei continui», «Lei non ha nessuna scelta, deve continuare». 

Prevedere la natura umana

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Solo dopo il rifiuto del quarto ordine veniva concesso al volontario di smettere. Questo studio, che è stato ripetuto diverse volte e in diverse condizioni, con risultati sostanzialmente sovrapponibili, ci  insegna molte cose. La prima è che non possiamo sperare che la natura umana, nostra e delle persone apparentemente pacifiche che ci circondano, sia in sé stessa uno scudo affidabile nei confronti degli atti e dei comportamenti più disumani e brutali.

La seconda è che la maggior parte delle persone fa quello che le viene ordinato di fare, in particolare se l’ordine viene da un’istituzione o da una persona percepita come autorevole e in controllo della situazione.

Il terzo insegnamento ci viene dal fatto che, prima di iniziare lo studio, a 14 studiosi di psicologia della stessa università era stato chiesto di prevedere quale sarebbe stata la percentuale di volontari disponibile ad andare fino in fondo e la risposta era stata in media del 4 per cento.

Una risposta simile a quella che probabilmente avrebbe dato la maggior parte dei nostri lettori e che porta a concludere che la nostra capacità di prevedere i comportamenti dei nostri simili  (e sottolineo simili) e la nostra consapevolezza degli abissi in cui può  spingersi l’animo umano sono colorati di un inguaribile e pericoloso ottimismo.

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