Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie del Blog Mafie è dedicata al maxi processo in occasione del trentunesimo anniversario della strage di Capaci


In data 28 maggio 1984, venivano, altresì, riuniti al procedimento principale gli atti provenienti dallo stralcio, effettuato, limitatamente all'imputazione di associazione per delinquere, dal procedimento penale contro Marchese Filippo ed altri, imputati della così detta "Strage di Natale" e contrassegnato con la lettera H.

L'episodio risale al 25 dicembre 1981, allorché a Bagheria, a conclusione di uno spettacolare inseguimento automobilistico, nel corso del quale venivano esplosi numerosissimi colpi d'arma da fuoco, venivano uccisi, oltre ad un ignaro passante (tale Valvola Onofrio), Pitarresi Biagio e Di Peri Giovanni, mentre un terzo uomo, Pitarresi Antonino, veniva sequestrato e poi fatto scomparire dagli assalitori, che avevano esaurite le munizioni.

Una successiva operazione di Polizia portava all'arresto, in data 15 gennaio 1982, nella borgata di Brancaccio, di Marchese Giuseppe, Spadaro Francesco ed Inchiappa Giovan Battista a bordo di un'autovettura, nella quale venivano rinvenute e sequestrate due rivoltelle calibro 38 special e numerosissime munizioni.

Le impronte digitali rilevate a Marchese Giuseppe al momento dell'arresto, coincidevano con quelle rilevate sull'autovettura Fiat 128 targ. PA 395807, usata dagli assassini per la consumazione della "Strage di Natale" e poi abbandonata sui luoghi del delitto.

Tali conclusioni venivano confermate dalla perizia dattiloscopica collegiale depositata dai periti Giaccone, Miranda e Sammarco, il 14 maggio 1982. Intanto, nel prosieguo dell'istruttoria del procedimento principale, veniva sentito dal G.I. Come teste, dapprima in data 5 e 6 aprile 1984 e poi il 21 giugno 1984, Melluso Giovanni, un "camorrista" che, avendo deciso di collaborare,

riferiva intorno a fatti e circostanze appresi nel corso della sua lunga detenzione, riguardanti principalmente Fidanzati Gaetano, le confidenze da questi ricevute ed i suoi collegamenti con altri componenti dell'organizzazione mafiosa.

In data 13 aprile 1984, veniva, altresì, sentito Bruno Felice, detenuto a Genova per episodi di traffico di stupefacenti, il quale si dichiarava a conoscenza di diverse vicende concernenti le organizzazioni mafiose siciliane e disposto a collaborare.

Egli giustificava il versamento in un conto corrente nella sua disponibilità, anche se formalmente intestato a Gatto Luigi, di assegni per 21 milioni, come parte del maggior prezzo di 120 milioni, versatigli da Vernengo Antonino per la costruzione di una villa.

Affermava, altresì, di conoscere Vernengo Pietro e Vernengo Giuseppe. Per le condizioni di salute del teste, sottoposto di recente ad un intervento di colecistectomia, l'interrogatorio veniva interrotto e ripreso dopo la traduzione del Bruno Felice nel carcere dell'Ucciardone di Palermo, in data 17 luglio 1984. In tale occasione, il teste effettuava dei riconoscimenti fotografici che pero' non voleva inizialmente registrare a verbale, perche' preoccupato per la sua fisica incolumita' in relazione alle dichiarazioni rese. Successivamente, dopo che il giudice dava atto a verbale delle dichiarazioni comunque rese, finiva per confermare tutto quanto precedentemente detto.

A questo punto dell'istruttoria, si verificava un fatto nuovo che imprimeva un decisivo ed ulteriore impulso alle indagini.

Il 14 luglio 1984 rientrava in Italia, estradato dal Brasile dopo un lungo iter procedurale, Buscetta Tommaso, indicato per decenni dagli organismi di Polizia di tutto il mondo come un mafioso di rango e un trafficante di stupefacenti.

Questi, ormai isolato all'interno dell'organizzazione e ricercato dagli avversari, che, peraltro, gli avevano ucciso numerosi congiunti, violando taluni dei principi cardine dell'organizzazione di cui faceva parte, quali l'omertà, la segretezza, il rifiuto dell'autorità dello stato, decideva di collaborare con l'Autorità Giudiziaria, offrendo una chiave di lettura, dall'interno, del fenomeno mafioso, delle vicende dell'organizzazione, delle sue strutture, degli appartenenti ad essa e delle loro principali attività criminose.

Tale collaborazione, iniziata con l'interrogatorio del 16 luglio 1984, proseguiva pressocché ininterrottamente sino al settembre dello stesso anno.

Durante tale periodo, si acquisivano agli atti il procedimento penale contro ignoti imputati dell'omicidio di Spica Antonino e Romano Pietro, nonché la copia degli atti del procedimento penale contro Lo Presti Gaetano + Il, imputati dell'omicidio di Marchese Pietro.

Inoltre, a conclusione di approfondite indagini bancarie, venivano sentiti Trombetta Guido, sulla negoziazione di titoli per 600 milioni circa ad opera di impiegati della SATRIS S.P.A., e Di Pace Giuseppe, in relazione al riciclaggio di ingenti quantitativi di dollari statunitensi.

Veniva, quindi, nuovamente interrogato dal G.I., in data 31 agosto 1984, Perina Giovanni, il quale, dopo iniziali resistenze, finiva con l'ammettere di essere chiamato "Ciccio" e decideva di collaborare con l'Autorità Giudiziaria, confermando quanto già dichiarato da Azzoli Rodolfo e cioè che per un periodo di tre-cinque mesi, a partire dal 1978, aveva ricevuto dallo stesso alcune partite di eroina come intermediario nei traffici di stupefacenti della "famiglia" Grado.

Venivano, altresì, acquisite in copia le dichiarazioni rese al P.M. da Coniglio Salvatore il 10, 14, 17 e 27 luglio 1984 ed il 5 settembre 1984, che avevano consentito l'instaurazione del procedimento penale contro Anselmo Vincenzo + 46 (processo cosi' detto di "Nonna eroina"), per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti.

Il Coniglio Salvatore, interrogato poi direttamente dal G.l., in data 21 settembre 84, nel confermare le precedenti dichiarazioni, forniva importanti elementi di prova circa un'imponente attività di approvvigionamento, distribuzione e spaccio di eroina e cocaina tra Palermo ed altre città del Nord, tra cui principalmente Milano, da parte di una organizzazione che presentava tra i suoi elementi di spicco personaggi collegati all'organizzazione mafiosa.

A seguito, poi, delle dichiarazioni di Buscetta Tommaso, che aveva posto in risalto l'unitarietà dell'organizzazione e la riconducibilità ad essa ed ai suoi capi di tutti i delitti connessi alla "guerra di mafia", con provvedimento del 28 settembre 1984, veniva ordinata la riunione di vari procedimenti la cui istruzione si era svolta separatamente, ed in particolare: il procedimento contro ignoti imputati dell'omicidio in persona di Ienna Michele ed i relativi accertamenti balistici, secondo cui tale omicidio e quelli di Teresi Francesco Paolo e Di Fresco Francesco, erano stati commessi con la stessa arma; il procedimento contro. ignoti imputati di minacce a Procaccianti Paolo perito dell'Istituto di Medicina Legale dell'università di Palermo; il procedimento contro ignoti imputati di omicidio in persona di Badalamenti Agostino, figlio di Badalamenti Natale; il procedimento contro ignoti imputati di omicidio in persona di Badalamenti Silvio, nipote di Badalamenti Gaetano; infine, i procedimenti contro ignoti imputati degli omicidi di Mineo Giuseppe e Mineo Antonino, di Mazzola Paolo, di Buscetta Benedetto e Buscetta Antonino, di Pesco Vincenzo, di La Mattina Nunzio, di Badalamenti Salvatore, di Bellini Calogero, nonché di tutti gli ulteriori omicidi ricollegabili alla "guerra di mafia".

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