Il Mezzogiorno potrebbe, anzi dovrebbe, ottenere più del 34 per cento delle risorse del piano Next Generation Eu. Così si legge nella la relazione del governo che individua le priorità nell’utilizzo dei 209 miliardi di euro del piano per la ripresa europeo destinati all’Italia. Il documento elenca i criteri che saranno utilizzati per la premiazione dei progetti. Le parole d’ordine sono sempre le stesse: innovazione, ambiente e sociale. Ma se ne aggiungono altre più specifiche: l’«aderenza alle missioni del piano Sud 2030», il valore aggiunto dei progetti in termini di occupazione, che includerà anche un’analisi degli effetti nei settori sia a monte che a valle rispetto al beneficiario del progetto, la creazione di beni pubblici, una formula che comprende dalle infrastrutture agli investimenti in educazione e poi la rapida attuabilità o cantierabilità, la rapidità di attuazione, la partecipazione di capitale privati e la monitorabilità.

Nuovi investimenti

L’obiettivo generale è quello di destinare la maggior parte delle risorse a nuovi investimenti e a quelli con il più alto moltiplicatore tenendo conto, si legge nella relazione, che «l’espansione del capitale pubblico e il miglioramento della qualità dei servizi destinati a imprese e famiglie ha effetti positivi, nel lungo periodo, sulla redditività del capitale privato e, quindi, sulla produttività generale e sul potenziale di crescita dell’economia nel suo complesso».

Se tutti i fondi fossero usati per nuovi investimenti e non per spese già programmate, secondo Banca d’Italia si avrebbe un aumento cumulato del Prodotto interno lordo di circa 3 punti percentuali entro il 2025.

Ma la relazione insiste soprattutto sui calcoli della Svimez che stima come per ogni euro per ogni euro di investimento al Sud, si generino circa, 1,3 euro di valore aggiunto per il Paese e di questi circa 30 centesimi, un quarto ricadano al centro nord. Per questo, secondo l’esecutivo, per superare il divario soprattutto infrastrutturale esistente tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno, è «auspicabile che le risorse del piano siano destinate in misura anche maggiore rispetto a quanto prevista dalla clausola del 34 per cento».

In questo modo secondo il governo dovrebbe diminuire non solo il divario tra Sud e Nord Italia ma anche quello tra Italia e Europa.

Disoccupazione e Pil

L’idea è irrobustire le misure di decontribuzione per i datori di lavoro nel Sud, come in altre aree del paese in crisi che hanno bisogno di rilancio economico. La ripartizione dei fondi tra regioni seguirà i criteri europei e cioè popolazione, Pil pro capite e tasso di disoccupazione.

L’esecutivo annuncia anche un piano nazionale per convertire le «produzioni mature». Spiega con una buona dose di retorica che l’Italia dovrebbe rappresentare il «porto d’Europa» e che per questo il paese deve essere dotato di nuove infrastrutture.

Ma ricorda l’esigenza «imprescindibile anche in questa fase, di assicurare un sostanziale, progressivo e continuo riequilibrio dei conti pubblici». Questa volta, però, passando per politiche espansive che migliorino il rapporto tra debito e Pil.

La scommessa è ambiziosa, la strategia attesa da molto tempo. Ma per farla funzionare, spiega lo stesso documento, la prima necessità è tagliare gli sprechi. Per il governo che ha appena buttato nuovi soldi di noi tutti in Alitalia, una vera sfida.

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