Il paese e la politica hanno la memoria corta. Gli archivi digitali al contrario custodiscono ogni cosa, a futura memoria. E così scorrendo i lanci delle agenzie di stampa a partire dal 2014 è possibile raccontare la genesi dell’alleanza tra la Lega di Matteo Salvini e la Russia di Vladimir Putin.

Sono notizie che in gergo si definiscono di servizio, comunicazioni di viaggi e incontri pubblici o privati del leader leghista nei suoi viaggi all’estero, in particolare a Mosca e nella federazione russa. Messe assieme compongono il mosaico dei rapporti con i fedelissimi di Putin, tassello dopo tassello conducono fino all’evento che ha mostrato al mondo quanto il partito del Capitano fosse soggetto alle interferenze del Cremlino: la trattativa dell’ottobre 2018 all’hotel Metropol condotta dall’ex portavoce di Salvini, Gianluca Savoini, per finanziare il partito con denaro russo. 

Emerge, dunque, un Salvini fondamentalista del Cremlino, anche in occasione dell’annessione della Crimea, passaggio cruciale della storia, insieme al conflitto del Donbass, per comprendere la guerra in corso in Ucraina. 

Per quanto Salvini con l’inizio della guerra abbia tentato di apparire meno putiniano, l’ambiguità continua a essere il tratto distintivo della politica estera del leader della Lega. Sull’invasione russa dell’Ucraina è parso ancora una volta titubante nel condannare l’aggressione di Putin e anche sulle sanzioni, sebbene non si sia opposto, certamente non ha espresso pubblicamente apprezzamento. 

Pellegrinaggi

Per capire il motivo di tanta confusione facciamo un salto indietro nel tempo. Il 10 ottobre 2014, l’Ansa alle ore 15.14 scrive: «Salvini chiede revoca embargo per Lombardia-Vento». Segue il testo: «Una delegazione della Lega guidata dal segretario del partito, Matteo Salvini, è sbarcata oggi a Mosca per incontrare esponenti istituzionali russi per ribadire la propria contrarietà alle sanzioni occidentali contro la Russia per il suo ruolo nella crisi Ucraina. “Oggi incontriamo il presidente della Commissione Esteri della Duma (la camera bassa del Parlamento, ndr), Aleksei Pushkov, e il ministro russo per la Crimea, Oleg Saveliev”, ha annunciato all'Ansa il portavoce di Salvini, Gianluca Savoini. Domani, ha aggiunto, sono previsti incontri con la comunità imprenditoriale italiana e russa, compresa la Confindustria Russia, filiale di quella italiana. “Domenica terremo una conferenza stampa a Simferopoli con i media locali, lunedì invece incontreremo il presidente Serghiei Aksionon e alcuni ministri della Repubblica di Crimea”, ha riferito Savoini. Non e' esclusa una visita a Yalta».

Un altro lancio di agenzia annunciava che la delegazione tornerà a Mosca il martedì e il mercoledì successivo per incontri istituzionali. Il motivo? «Siamo qui per capire la situazione attuale legata alla crisi ucraina e ribadire la nostra contrarietà alle assurde sanzioni che danneggiano l'Europa, in prima battuta l'Italia», sdiceva Salvini, che aggiungeva in pieno stile sovranista: «Queste sanzioni fanno gli interessi delle grandi lobbie e non dei popoli europei».

Interessante era la composizione della delegazione, assetto che si ripeterà identico negli anni fino allo scandalo del Metropol. Salvini era accompagnato dagli ufficiali di collegamento del suo partito con il Cremlino, ossia Gianluca Savoini (il protagonista della trattativa del Metropol) e Claudio D'Amico, che quando la Lega andrà al governo otterrà un incarico a palazzo Chigi come consulente strategico sugli affari esteri. Savoini e D’Amico sono gli ispiratori-fondatori dell’associazione Lombardia-Russia, organizzazione che raggiunto il massimo del potere nella Lega sovranista negli anni in cui Salvini era al governo. 

«Basta obbedire a Washington»

Il 13 ottobre 2014 il canovaccio è identico. Le agenzie scrivono: «Salvini chiede revoca embargo per Lombardia e Veneto». Nel testo si spiega che la richiesta è stata avanzata dalla solita delegazione della Lega, guidata dal segretario Salvini, «in un incontro a Simferopoli con il presidente della Crimea, Serghiei Aksionov, con il presidente del parlamento locale, Vladimir Konstantinov, e con il plenipotenziario di Putin per la penisola sul Mar Nero, Oleg Belaventsev, ossia le tre massime autorità locali», aveva annunciato lo stesso Salvini, assicurando di aver “colto interesse” tra gli interlocutori.

A rafforzare il concetto il suo fedele collaboratore, Savoini: «Potrebbe essere la prima crepa nel muro delle assurde sanzioni alla Russia...potrebbe essere esplorata la strada di accordi tra regioni, con il consenso di Mosca».

Lode alla flotta del Mar Nero

Nella gita in Crimea Salvini aveva trovato il tempo per accusare il governo Renzi: «Obbedisce alle idiote decisioni di Bruxelles». Tra i motivi del viaggio una dichiarazione di fedeltà assoluta a Mosca: «Perseguire un obiettivo geopolitico, non obbedendo più a Washington e guardando a est, a Putin, anche come alleato contro gli estremisti islamici», aveva sottolineato Salvini.

Tuttavia l’apice del putinismo lo ritroviamo in una frase successiva pronunciata da Salvini in riferimento al tour  per visitare la flotta russa del Mare Nero a Sebastopoli: «Suggeriamo a Renzi di farsi prestare la loro grande nave ospedale e qualche altra nave per difendere i nostri mari dagli immigrati».

La flotta cui faceva riferimento Salvini è parte attiva nella guerra in Ucraina. Quel 13 ottobre terminata la visita in Crimea il gruppetto leghista era rientrato a Mosca, il giorno dopo avrebbe incontrato l’allora presidente della Duma, Serghiei Narishkin, e tre vice ministri russi (esteri, cultura e comunicazioni), dopo il faccia a faccia avuto il sabato precedente con il presidente della Commissione Esteri della Duma, Aleksei Pushkov, e il ministro russo per la Crimea, Oleg Saveliev. Escluso Pushkov, gli altri due sono sotto sanzioni europee e americane. Saveliev lo era già all’epoca dell’incontro con i leghisti, mentre Narishkin nel frattempo è diventato il potente capo dei servizo estero di intelligence di Putin.  

Il 13 novembre 2014 invece la Lega filorussa si sposta in patria, a Varese per un convegno: “La difesa della famiglia naturale”, partendo, ovviamente, dal modello russo, o meglio «la sfida russa al mondialismo». Patrocinato dal comune di Varese guidato ai tempi dall’attuale governatore leghista della Lombardia Attilio Fontana. Organizzato da Savoini e dall’associazione Lombardia-Russia, lo stretto collaboratore di Salvini diceva: «Dobbiamo tenere aperto il dialogo con la Russia, l’Unione europea è soggiogata agli interessi mondiali e allontanare l’Europa dalla Russia sta indebolendo l’una e l’altra». Presente anche Fontana. E anche Alexy Komov, ambasciatore del congresso mondiale delle famiglie, legato all’oligarca Konstantin Malofeev, amico di Savoini e nel mirino delle autorità statunitensi. Komov è stato del resto presidente onorario dell’associazione Lombardia Russia ed era presente al congresso che ha incoronato Salvini segretario del partito nel 2013. 

Il 7 dicembre 2014 le agenzie annunciavano che Salvini il giorno successivo sarebbe andato a Mosca per partecipare a un convegno presso la Duma. A renderlo noto sempre Savoini, l’uomo del Metropol. Il testo dell’Agenzia proseguiva: «Lo scorso ottobre Salvini aveva guidato una delegazione in Crimea e a Mosca incontrando alte autorità e ricevendo una standing ovation alla Duma». L’incontro era stato organizzato dalla commissione per la politica economica guidata all’epoca da Igor Rudensky, sotto sanzioni americane.

L’agenzia specificava che in quell’occasione Salvini aveva smentito le voci di possibili finanziamenti al partito con soldi russi. In quel periodo il Front National di Marine Le Pen era nella bufera per un prestito milionario ottenuto da una banca vicina al Cremlino. «Il segretario della Lega aveva precisato che non avrebbe rifiutato un prestito da una banca russa, se conveniente», si legge nel lancio di agenzia. 

Fino al Metropol

Nuovo anno, nuove gite all’ombra del Cremlino per la truppa leghista capitatana da Salvini e Savoini. Il 14 febbraio, giorno degli innamorati, il segretario della Lega ha incontrato a Mosca, privatamente, esponenti politici e culturali, durante «una breve visita nella capitale della federazione russa». Con lui ancora una volta c’era Savoini. Tra gli appuntamenti quello con Andrey Klimov, responsabile rapporti esteri di Russia Unita, il partito di Putin, anch’egli sotto sanzioni. 

Il 16 dicembre 2015 un nuovo viaggio di Salvini e Savoini. Un altro incontro con Klimov e poi con Alekseu Pushkov, allora presidente della commissione esteri della Duma. Pushkov conosce bene l’Italia, da qualche tempo sua figlia è a capo del centro di scienze e cultura russa a Roma, organismo con cui il Cremlino esercita il soft power nel mondo. 

Il 9 novembre 2016 l’agenzia annunciava che Salvini la settimana successiva si sarebbe recato a Mosca. Un viaggio annunciato durante un’intervista a Radio Padania mentre commentava la vittoria di Donald Trump. «Salvini avrà incontri istituzionali e anche riservati a livello governativo», è il testo dell’agenzia. 

Il resto è storia. Due anni dopo, il 17 ottobre, Salvini ministro e vicepremier volerà a Mosca per un convegno organizzato su misura da confindustria italo-russa per parlare alle aziende italiane. Il giorno successivo la sua ombra, Savoini, condurrà le danze nella trattativa dell’hotel Metropol: seduto a un tavolo con due italiani e tre russi legati al Cremlino discuteva di partite di gasolio dietro le quali celare un finanziamenti milionario per la Lega sovranista «contro le élite di Bruxelles». 

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