Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie del Blog Mafie è dedicata al maxi processo in occasione del trentunesimo anniversario della strage di Capaci


Il giudice istruttore disponeva, quindi, indagini bancarie e patrimoniali sul conto dei predetti imputati ed indiziati ed ordinava la riunione dei procedimenti già instaurati contro gli ignoti, imputati dei fatti delittuosi citati nel menzionato rapporto, nonché l'acquisizione dei rapporti giudiziari concernenti tutte quelle indagini, anche di pertinenza di altri giudici, che in vario modo potessero fornire elementi circa collegamenti, rapporti o interconnessioni di interessi e di affari tra gli associati, come, ad esempio, gli atti di polizia giudiziaria concernenti la scoperta di un laboratorio per la produzione di stupefacenti in Via Messine Marine e gli atti del procedimento contro Profeta Salvatore + 13, relativi alla riunione di presunti mafiosi in una villa di Via Valenza (cosiddetto "Blitz di Villagrazia").

Con successivi rapporti del 14 settembre, dell'11 e 23 ottobre 1982 e del 24 marzo 1983, la squadra mobile di Palermo, a seguito di una intensificata azione di controllo sul territorio, che portava tra l'altro all'arresto anche di taluni latitanti, riferiva ulteriormente sugli accertati rapporti tra i componenti delle organizzazioni criminali operanti nelle borgate di Ciaculli, di Corso dei Mille e della Kalsa.

Il giudice Istruttore acquisiva, quindi, rispettivamente in date 7 e 22 marzo, gli atti relativi alla relazione di servizio del Commissario Capo di P.S. dotto La Corte, del Servizio Centrale Antidroga, concernente le dichiarazioni rilasciate da Hamis Ahmed circa l'esistenza a Palermo di un laboratorio clandestino per la trasformazione della morfina base in eroina, e gli atti relativi al procedimento contro i fratelli Grado, i fratelli Fidanzati e Totta Gennaro, imputati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e di fatti concreti di traffico di stupefacenti, trasmessi dal giudice Istruttore presso il Tribunale di Trento per competenza a seguito di sentenza del 20 gennaio 1983.

Di notevole rilevanza probatoria tra gli atti di tale procedimento apparivano le dichiarazioni rese da Totta Gennaro in data 16 settembre 1982 e dai trafficanti turchi Sami Saleh e Wakkas Salah Al Din, quali riferivano circa i traffici di stupefacenti operati nella piazza di Milano negli anni '79 e '80 dai componenti delle famiglie Fidanzati e Grado, questi ultimi acquirenti presso i fornitori turchi i della famiglia Cil di morfina base, che poi provvedevano a trasportare in Sicilia per la trasformazione in eroina.

Venivano, altresì, acquisiti al presente procedimento gli atti relativi ad un rapporto del Centro Interprovinciale Criminalpol del Nucleo regionale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Trieste in data 19 giugno 1981, concernenti la denuncia a carico di Abdel Fatah Yaber Souleiman ed altre persone e contenenti, fra l'altro, le dichiarazioni di Bach Mamhoud, il quale ammetteva che insieme al cognato Hacmed Awad Aziz aveva consegnato a Palermo, accompagnato da un gruppo di quattro o cinque persone di Catania, una partita di morfina base ritirata da due uomini nell'autorimessa di una villa vicina al mare a 10-15 minuti dall'uscita dell'autostrada di Villabate.

Il giudice Istruttore acquisiva, altresì, copia degli atti concernenti il procedimento penale contro Mura Antonino + 16, contenenti tra l'altro indagini bancarie, risultanze di intercettazioni telefoniche, nonché il rapporto giudiziario del Nucleo operativo carabinieri di Palermo del 25 agosto 1978 di denuncia nei confronti di Riina Salvatore + 25 per i reati di associazione per delinquere, omicidio e altro, redatto principalmente sulla scorta delle confidenze fatte da Di Cristina Giuseppe, prima della sua uccisione, al Capitano Pettinato Alfio, comandante della Compagnia Carabinieri di Gela.

Del pari, venivano acquisiti gli esiti degli accertamenti fiscali e patrimoniali disposti nei confronti di imprese facenti capo al gruppo dei Greco, di Aiello Michelangelo e al gruppo di Bonura, Buscemi, Piazza, di cui ai rapporti della Guardia di Finanza del 23 ottobre 1982, del 10 e del 22 marzo 1983.

Frattanto, si verificava un fatto nuovo che imprimeva alle indagini una svolta decisiva e del tutto inaspettata dato che fino a poco tempo prima non si pensava possibile che qualcuno potesse rompere la barriera dell'omertà, che costituiva un limite, sino ad allora ritenuto insormontabile, alla conoscenza della struttura, delle dinamiche interne e delle regole dell'associazione.

Infatti, 1'11 marzo 1983 Calzetta Stefano, presentatosi al posto di Pronto Soccorso di Via Roma, faceva presente all'agente di servizio di avere importanti rivelazioni da fare.

Condotto in Questura e sommariamente sentito, si otteneva un primo immediato riscontro della sua attendibilità, dato che lo stesso forniva agli organi di Polizia una serie di indicazioni, che consentivano, la stessa sera dell'Il marzo, l'arresto di Alfano Paolo, latitante fin dal febbraio 1982, allorché era stato sorpreso nella raffineria di droga di Via Messina Marine, riuscendo in tale circostanza a sottrarsi alla cattura.

Nelle successive dichiarazioni, rese dapprima alla stessa squadra mobile di Palermo e successivamente a magistrati della procura della Repubblica di Palermo, dimostrando una perfetta conoscenza anche delle abitudini di vita delle persone accusate, il Calzetta, in data 5 aprile 1983, propiziava, altresì, l'arresto del latitante Rotolo Salvatore, la cui presenza indicava agli inquirenti in Piazza Sant'Erasmo, mentre egli trovavasi occultato dentro un furgone della polizia.

Nei suoi lunghi interrogatori il Calzetta riferiva fatti riguardanti prevalentemente il gruppo mafioso degli Zanca, cui egli era particolarmente vicino, nonché le attività illecite delle famiglie Vernengo, Tinnirello, Marchese e di numerosi altri esponenti di altre cosche collegate.

Egli narrava fatti da lui direttamente vissuti o caduti sotto la sua percezione o appresi dagli stessi Zanca, ai quali era solito accompagnarsi e per conto dei quali eseguiva spesso incarichi di poco conto.

Le indagini conseguenti alle dichiarazioni del Calzetta, espletate dal Nucleo Operativo dei Carabinieri e dalla squadra mobile di Palermo, che riferivano con rapporti del 2, del 3, e del 4 maggio 1983, portavano al rinvenimento di armi e munizioni celate in apposito nascondiglio presso lo stabilimento dei bagni Virzì, indicato come centro di spaccio di droga ed occultamento di armi, nonché al ritrovamento nel giardino del Calzetta di un sacchetto contenente circa 55 gr. di polvere bianca.

Mentre il giudice istruttore, cui erano stati rimessi gli atti dalla procura per la formale istruzione, stava compiendo l'interrogatorio di Calzetta Stefano presso la Casa Circondariale di Termini Imerese, nel pomeriggio del 6 maggio '83, la fabbrica di blocchetti di pomi-cemento gestita dai fratelli di Calzetta Stefano veniva fatta oggetto di un grave attentato dinamitardo, che causava un danno di circa 200 milioni di lire, cancellando l'esistenza dell'impresa e, dopo poco tempo, anche la voglia di Calzetta Stefano di continuare a collaborare lucidamente, cosi' come fino allora aveva fatto, con la Giustizia.

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