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Voi che leggete Domani, sapete già da tempo che cosa sta succedendo alla frontiera polacca. La zona di frontiera a cui le ong i media e i deputati non hanno avuto accesso, e quindi una vera e propria zona cieca in una frontiera che è anche europea. E poi quella legge che i colleghi polacchi indipendenti chiamano legge di espulsione, cioè la legalizzazione fatta da Varsavia dei respingimenti illegali. Oggi vi racconto un altro spicchio di quella stessa storia, e che è una parte allarmante e inquietante della vicenda. Mercoledì la Commissione europea, Bruxelles quindi, ha fatto una proposta che è volta proprio ad assecondare, accompagnare e supportare quanto già avviato dalla Polonia. Perché? Perché la Polonia, come Lituania e Lettonia, insomma gli stati membri confinanti con la Bielorussia, potranno ritardare le pratiche di asilo, e potranno scegliere di recepire le richieste di protezione soltanto in alcuni luoghi, non ovunque. I rimpatri sono facilitati, incentivati. Insomma sotto l’alibi della guerra ibrida di Lukashenko, il quale certamente è responsabile, Bruxelles colpisce però le vittime di questa storia, e cioè le persone che cercano protezione in Europa. A rendere ancor più sconcertante questa vicenda è che per fare tutto ciò la Commissione europea usa quelle stesse leve di emergenza che era stata pregata questa estate di usare durante l’esodo dall’Afghanistan. All’epoca chi difendeva i diritti ha invocato gli strumenti di emergenza per accogliere, non per respingere. E la Commissione, niente, non lo ha fatto. Oggi li usa per la politica della fortezza. Mentre intanto sulla zona cieca al confine, sui muri, non obietta. 

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