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I lettori più affezionati ormai quando devono destreggiarsi tra le indicazioni del governo sulla pandemia sanno già che possono fare riferimento a lei, a Vitalba Azzollini, giurista e firma di Domani. In questa edizione Azzollini solleva un tema che non è da poco, perché l’effetto concreto è che o ci si ritrova senza malattia pagata oppure si dissimula il contagio per non rimetterci e a quel punto il costo in termini di salute pubblica lo pagano tutti.

Andiamo per ordine. Tutto nasce dalle nuove regole di fine anno. C’è stato un decreto legge, una circolare, e poi le faq - le risposte a domande frequenti - che come ormai da tempo nota Azzollini sono diventate loro malgrado fonti di diritto in pandemia. Il che è di per sé incredibile.

Ad ogni modo la nostra giurista di riferimento si districa per noi in questa giungla di disposizioni. E la conclusione è la seguente. Cito Azzolini.

Oggi non è venuta meno l’equiparazione della quarantena alla malattia, ma il governo non ha stanziato i fondi per coprirla economicamente. Insomma, in una serie di ipotesi, previste dal ministero della Salute, c’è l’obbligo di quarantena, ma non l’indennità di quarantena. Chi potrà svolgere la propria attività da remoto continuerà a percepire la retribuzione ordinaria. Mentre chi può lavorare solo in presenza, ma è tenuto a stare a casa in quarantena, non riceverà i fondi dell’indennità a carico dell’Inps. Perciò, a meno che il datore di lavoro non sostenga interamente la spesa dell’assenza del lavoratore, quest’ultimo dovrà utilizzare ferie o permessi, sempre che ne disponga. Alto è il rischio che, per evitare di stare in quarantena e doverne subire le conseguenze sul piano economico, il lavoratore dissimuli la propria condizione di “contatto stretto”, e continui a operare in presenza, rappresentando così un pericolo per tutti gli altri. 

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