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Questa volta vi porto ben oltre la prima pagina e l’attualità politica, ci spingiamo nelle pagine delle idee, perché trovate una presenza d’eccezione, quella della scrittrice Jhumpa Lahiri, e la sua lectio magistralis su un Antonio Gramsci meno discusso ma che vi farà piacere riscoprire. Il Gramsci traduttore, nel senso più ampio del termine.

Gramsci attraverso le lettere medita sull’evoluzione misteriosa delle parole e dei loro significati, ed è spesso preoccupato di come si dicano le cose nelle altre lingue. Il 18 maggio 1931 troviamo una lunga riflessione sull’uso italiano di parole come felice e buono e bello. Gramsci lega queste espressioni alla cultura, al pio desiderio (o velleità), e conclude: «La vita reale non può mai essere concordata da suggerimenti ambientali o da formule, ma nasce da radici interiori». La questione del diverso e dell’equivalenza linguistica è cruciale per qualsiasi traduttore, conclude Lahiri. Due pagine da non perdere.

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