Quando si parla del fondamentale ruolo che hanno ricoperto le madri costituenti nella fondazione di uno stato moderno e democratico, si deve fare riferimento anche al percorso storico che ha permesso loro di trovare lo spazio per far sentire la propria voce.

Le donne avevano partecipato attivamente alla Resistenza contro il nemico nazifascista, soprattutto come staffette e propagandiste, ma anche impugnando le armi in nome della libertà: si trattava di un passo avanti per uscire da quella condizione femminile densa di pregiudizi, che costò loro, però, processi e deportazioni.

L’obiettivo condiviso dalle forze partigiane, grazie anche al coraggio delle donne che parteciparono alla Resistenza fu raggiunto e l’Italia fu finalmente libera dal nazifascismo. Un paese distrutto e dilaniato dal conflitto richiedeva una solida ricostruzione, basata su fondamenta che si esprimessero nella modernità di principi di uguaglianza, di dignità morale e di importanza civile e politica: tutti i cittadini dovevano essere partecipi della vita politica del paese. Ancora una volta le donne giocarono un ruolo fondamentale per la ripartenza dell’Italia.

La strada da intraprendere, però, doveva passare per una tappa importante: l’acquisizione del suffragio universale. Prima del termine della guerra, e più precisamente l’8 ottobre del 1944, le donne del Comitato di liberazione nazionale rivendicarono al governo presieduto da Ivanoe Bonomi il diritto di voto per l’intera componente femminile della cittadinanza italiana. La proposta fu discussa il 30 gennaio del 1945, e ottenne l’istituzione il primo febbraio con il Decreto Legislativo n. 23.

Contemporaneamente, l’imminente fine della guerra faceva sì che si iniziasse a pensare alla ricostruzione democratica del paese. Il 5 aprile del 1945 fu istituita, a tale scopo, la Consulta nazionale, un’assemblea provvisoria che si occupasse dell’organizzazione delle elezioni politiche.

Il Governo nominò 430 consultori, tra i quali figuravano 14 donne: i lavori iniziarono in settembre. Non tutti, però, erano concordi sulla concessione del diritto di voto, in molti pensavano che le donne italiane fossero, in generale, disinteressate alle vicende politiche del paese. Da una parte i partiti della “sinistra” (Pci, Psi,Pd’Az) ritenevano che potessero subire influenze da parte degli uomini e della chiesa, dall’altra parte gli esponenti della Dc pensavano che le donne si facessero trascinare da padri, mariti comunisti, socialisti.

Tuttavia, con 179 voti favorevoli contro 156, arrivò l’approvazione il 15 febbraio del 1946: il suffragio universale era una realtà. Il successivo 10 marzo fu stabilito che anche le donne, in quanto cittadine italiane, che avessero compiuto il venticinquesimo anno d’età, erano eleggibili all’Assemblea costituente, proprio come gli uomini. Lo stesso giorno si tennero le prime elezioni amministrative dopo la caduta del regime fascista: si compiva un passo importante al fine della ricostruzione politica dell’Italia, ancor più se si pensa che circa duemila donne furono elette nei consigli comunali italiani.

Paternalismo e modernità

La data che passò alla storia, però, fu quella del 2 giugno del 1946. I cittadini italiani erano chiamati a pronunciare la propria preferenza per la monarchia o la repubblica, e, inoltre, a eleggere i membri dell’Assemblea costituente, che avrebbe provveduto a scrivere la legge fondamentale dello stato: la Costituzione italiana.

Dei 556 rappresentanti eletti, 21 erano donne: Adele Bej, Nadia Gallico Spano, Leonilde Jotti, Teresa Mattei, Angiola Minella, Rita Montagnana, Teresa Noce Longo, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi del Partito Comunista; Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria De Unterrichter Jervolino, Maria Federici, Angela Gotelli, Angela Guidi Cingolani, Maria Nicotra Fiorini, Vittoria Titomanlio della Democrazia Cristiana; Angelina Livia Merlin e Bianca Bianchi del Partito Socialista; infine, Ottavia Penna Buscemi della lista “Uomo Qualunque”.

Il 25 giugno, le rappresentanti elette si insediavano nell’Assemblea costituente, e cinque di loro entrarono a fare parte della ristretta Commissione dei 75, che aveva il compito di stilare il progetto della nuova Costituzione da presentare poi all’Assemblea: uno straordinario momento storico per l’Italia.

I 535 deputati uomini le guarderanno con un certo paternalismo, ma la loro presenza sarà fondamentale per rendere la Costituzione italiana tra le più moderne e progredite per la difesa dei diritti dell’uomo, in grado di garantire pari dignità sociale in ogni campo. Fecero gioco di squadra e la loro unità concorse a scrivere articoli della Costituzione molto avanzati per quei tempi e fondamentali tasselli per il futuro della nostra democrazia. Pochi sanno del contributo decisivo apportato – un esempio per tutti – all’articolo 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua...», la specificazione “di sesso” si deve alla cocciutaggine di una delle madri costituenti: Lina Merlin. Il concetto dell’indissolubilità del matrimonio, in un paese come l’Italia, non sembrava superabile e invece per soli tre voti ne fu votata l’estromissione dalla Carta, aprendo la strada al percorso per il divorzio che nel 1970 adeguerà la nostra legislazione a quella dei maggiori paesi.

Le donne costituenti pur muovendo da una diversa formazione culturale e orientamento politico, seppero formare una inossidabile unione tra di loro per incidere nella formulazione della Costituzione, facendo emergere una nuova visione della donna, dei rapporti tra donne e uomini, del rapporto genitori figli. Grazie al loro fondamentale intervento il concetto di eguaglianza fu declinato non solo come principio giuridico e formale, ma anche sostanziale: inteso come il necessario superamento di ogni discriminazione.

I diritti sociali, civili e politici divennero presupposto per creare le condizioni per la partecipazione attiva di tutti i cittadini e le cittadine alla vita sociale e politica. Elemento essenziale del contributo della componente femminile fu senz’altro di avere messo al centro del dibattito costituente il tema della dignità umana.

L’intervento di Iotti

I valori che orientarono le nostre costituenti furono indirizzati a garantire a tutti un livello di benessere economico, sociale e culturale. Libertà intesa come necessità di affrancarsi dalla paura, dal bisogno e dalla miseria. La solidarietà come inderogabile dovere della Repubblica e delle istituzioni di promuovere i diritti inviolabili della persona. Grazie alle Costituenti, alla concretezza del loro pensiero, alla loro ferma determinazione nel voler rappresentare la domanda di cambiamento delle donne, hanno visto la luce alcuni articoli cruciali della nostra Carta. In particolare gli articoli 3, 29, 30, 31, 37, 48, 51...

La voce delle donne elette nella Commissione dei 75 si concentrava soprattutto sul miglioramento della condizione della componente femminile dell’Italia: dalla famiglia alle questioni relative al lavoro e alla carriera, nonché sulla scuola e sul diritto allo studio. Parità giuridica, vita pubblica e tutela dei diritti dei cittadini tutti e dei bambini (come, per esempio, i figli nati da unioni fuori dal matrimonio): erano queste le basi da porre, per i cittadini e le cittadine dell’Italia. La sofferenza patita dalle donne durante la guerra permetteva di compiere riflessioni specificamente indirizzate alla condivisione e all’uguaglianza, alla parità dei diritti civili, lavorativi e giuridici senza distinzioni tra i sessi.

L’impegno delle madri costituenti può essere riassunto in un famoso intervento di Nilde Iotti: «Tutte noi vi invitiamo a considerarci non come rappresentanti del solito sesso debole e gentile, oggetto di formali galanterie e di cavalleria di altri tempi, ma vi preghiamo di valutarci come espressione rappresentativa di quella metà del popolo italiano che ha pur qualcosa da dire, che ha lavorato con voi, con voi ha sofferto, ha resistito, ha combattuto, con voi ha vinto con armi talvolta diverse ma talvolta simili alle vostre e che ora con voi lotta per una democrazia che sia libertà politica, giustizia sociale, elevazione morale».

 

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