Il fondatore del Movimento 5 stelle Beppe Grillo e l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte sono a un passo dalla rottura. Grillo non ha gradito il nuovo statuto del Movimento preparato da Conte, che riduce i poteri del garante accentrandoli nelle mani del futuro capo politico.

A Conte non è piaciuto il discorso che Grillo ha fatto giovedì di fronte ai parlamentari del Movimento, in cui il fondatore ha detto che intende continuare ad avere un ruolo politico centrale, a scapito di Conte, e ha usato toni poco garbati nei suoi confronti.

Per ora Conte si è chiuso in un silenzio totale, lasciando filtrare alla stampa soltanto brandelli di indiscrezioni tramite il suo staff. Una delegazione di parlamentari del Movimento è stata inviata a casa sua per negoziare, ma è tornata sconfitta. Non tutto sembra già perduto. Conte fa sapere che potrebbe parlare lunedì e questo aprirebbe spazio per nuove trattative.

Ma la posta in gioco rimane alta: riuscirà l’ex presidente del Consiglio a “rottamare” il fondatore del Movimento 5 stelle?

Conte capo politico

Considerato spesso un mediatore incline al compromesso, nelle ultime settimane Conte ha mostrato di prendere molto sul serio il compito di guidare e riformare il Movimento 5 stelle. L’offerta gli era arrivata direttamente da Grillo e dallo stato maggiore del Movimento, formato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, dal presidente della Camera Roberto Fico e dagli altri principali leader, quasi tutti parlamentari e con incarichi di governo.

Il mandato che gli era affidato era all’apparenza molto ampio. Il comunicato ufficiale il giorno del vertice parlava di «progetto rifondativo» e di «ristrutturazione integrale». Il suo piano di riforma, però, è andato probabilmente molto oltre quanto in molti si aspettavano.

Fuori uno

Il primo a opporsi al nuovo corso che Conte si apprestava ad avviare è stato Davide Casaleggio, titolare dell’associazione e della piattaforma Rousseau. Figlio del carismatico cofondatore del Movimento, Gianroberto, Davide Casaleggio aveva un ruolo ambiguo, ma rilevante nella vita del Movimento. Da tempo, però, si trovava in una situazione di crescente conflitto con il gruppo parlamentare.

L’investitura di Conte a capo politico ha fatto precipitare la situazione. Per mesi i due si sono scontrati, hanno trattato e sono andati per avvocati. Non è stata una guerra lampo, ma piuttosto un lungo assedio.

Alla fine, è stato Conte a spuntarla e Casaleggio ha consegnato al Movimento il suo tesoro: la lista degli iscritti alla piattaforma Rousseau. Al modico prezzo di un versamento da 250mila euro, Conte ha ottenuto la sua prima vittoria e si è garantito la separazione tra il Movimento e la famiglia Casaleggio.

Uno vale uno, tranne alcuni

Eliminato Casaleggio, la sfida per Conte è diventata la scrittura di un nuovo statuto che contenesse una soluzione ai due nodi principali ancora aperti: la questione del limite dei due mandati e il rapporto con Beppe Grillo.

La prima questione è delicata, poiché Conte sa che non se trovasse un modo di cancellare la regola o almeno di fare delle eccezioni, rischierebbe non solo di trovarsi contro tutto lo stato maggiore del Movimento (che ha già esaurito i suoi due mandati), ma avrebbe anche grossi problemi a tenere unito il gruppo parlamentare.

La soluzione che propone è una sorta di mediazione: una deroga al limite dei due mandati per “meriti”, che riguarderebbe, scrivono i giornali, proprio la dozzina di colonnelli che costituiscono i quadri dirigenti del Movimento.

Fuori due?

La proposta della deroga per “meriti” non si trasforma mai in nulla più di un retroscena di giornale, poiché prima che Conte possa presentare ufficialmente il suo nuovo statuto è esplosa l’altra questione delicata: il rapporto con Beppe Grillo.

Molto poco è trapelato su quello che Conte stava scrivendo nello statuto e su come lo stesse facendo, ma negli ultimi giorni è divenuto chiaro che le tensioni con Grillo si erano intensificate.

Stando a quanto riferito da Grillo ai parlamentari giovedì, il nuovo statuto affidava a Grillo un ruolo essenzialmente simbolico: un padre nobile che è necessario «consultare» sulle questioni più importanti, ma privo del potere quasi assoluto di cui gode oggi.

Per Grillo, che nonostante tutte le sue incertezze e i suoi mezzi passi indietro degli ultimi anni ha sempre mantenuto un potere di vita o di morte sul Movimento, queste condizioni sono inaccettabili. O almeno, lo erano fino a ieri.

La nemesi

Conte si trova oggi nell’ironica situazione di ripercorrere i passi di quella che è stata fino a ieri la sua nemesi politica, il “rottamatore” Matteo Renzi.

Entrambi hanno cercato di stravolgere dall’interno i partiti di cui hanno fatto parte, hanno provato a sovvertirne alcune delle idee fondamentali e a cambiarne la classe dirigente, o almeno quella parte meno allineata ai loro piani.

La “rottamazione” di Renzi è ormai storia e ognuno può farsi l’idea che preferisce dei suoi risultati. Il tentativo di Conte è invece ancora in corso e tutti gli scenari possibili. Compreso quello in cui Conte esce dal Movimento solo per trovarsi alla guida di un partito con il 2 per cento dei consensi.

 

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