Dal gabinetto del ministro dei Trasporti agli uffici della Corte dei conti andata e ritorno, con qualche fermata intermedia. Utilizzando il comodo e molto praticato sistema delle porte girevoli Mauro Bonaretti, capo di gabinetto di Graziano Delrio (Pd) quando quest'ultimo era ministro, è stato prima inserito dalla politica nei ranghi della magistratura contabile, poi è stato nominato vice del commissario straordinario per il Covid, Domenico Arcuri.

Ora il Pd lo rilancia in uno dei posti chiave di vertice del ministero che più di altri ha capacità di spesa. Bonaretti si lascia alle spalle la funzione di controllore dei conti pubblici e si riaffaccia dall'altra parte della barricata, alla gestione politica e amministrativa del settore. Rispetto a quando se n'era dovuto andare non è cambiato granché al ministero, per volere del nuovo ministro Enrico Giovannini non si chiama più Mit, ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ma Mims, ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile. Ma i problemi sono gli stessi.

Anche nella gestione Giovannini il Pd consolida il suo legame con il mondo dei trasporti, delle concessioni autostradali e delle opere pubbliche che ormai dura da quando l'ex Pci Massimo D'Alema da capo del governo lanciò i Benetton come signori delle autostrade. Perfino l'attuale segretario Pd, Enrico Letta, ha avuto il suo quarto d'ora autostradale quando nel 2016 divenne consulente di Abertis, colosso spagnolo che aveva forti interessi in Italia essendo entrato nella gestione della A4 Brescia Padova e della A31 Valdastico. Successivamente Abertis è diventata una stella della galassia Benetton.

A favore dei concessionari

Rientrando al ministero, Bonaretti non sarà capo di gabinetto come ai tempi di Delrio, si occuperà del dipartimento dei trasporti, uno dei tre istituiti da Giovannini con una mini riforma interna.

In quell'ufficio probabilmente si troverà comunque alle prese con qualcuno dei molti dossier avviati con Delrio, rimasti per un motivo o per l'altro a mezz'aria, ma sempre favorevoli ai concessionari.

Come la decisione del 2015 di non revocare la concessione per la Brescia-Padova nonostante non ci fossero più i presupposti per mantenerla, al punto che oggi proprio la Corte dei conti di cui Bonaretti è magistrato ha avviato un'indagine. O come il prolungamento per 4 anni senza gara della concessione Gavio per la Asti-Cuneo.

O la rocambolesca fusione Anas-Fs avviata nel 2018 o il pasticciaccio dell'A22 Autobrennero che nel 2016 Delrio e Bonaretti volevano diventasse interamente pubblica per concederle senza gara un prolungamento della concessione di 30 anni.

Insieme a Bonaretti sarebbe dovuto planare da Milano nel ministero di Giovannini anche un altro politico Pd, Pierfrancesco Maran, assessore all'urbanistica del sindaco Beppe Sala e ancor prima assessore ai trasporti con la giunta di Giuliano Pisapia. Maran avrebbe dovuto occupare il più importante dei tre dipartimenti istituiti da Giovannini, il dipartimento delle opere pubbliche, sostituendo Pietro Baratono, il dirigente ministeriale che aveva osato dire che il re è nudo a proposito della fusione Fs-Anas, sostenendo che quella operazione si basa su un presupposto che non c'è, ossia l'allungamento ventennale della concessione Anas dal 2032 al 2052.

Lo scandalo mascherine

La nomina di Maran è stata bloccata dalla Lega che dal suo punto di vista ha ritenuto fosse troppo: le voci di corridoio dicono che Matteo Salvini si sia presentato a porta Pia dove c'è il ministero per rappresentare di persona al ministro tutta la sua contrarietà. Alla fine Maran è rimasto dov'era.

E' invece riuscito a salire al vertice del ministero un altro dirigente di area Pd, Andrea Tardiola, promosso segretario particolare di Giovannini dopo essere stato a lungo segretario generale della regione Lazio guidata da Nicola Zingaretti.

Alla regione Tardiola era diventato il bersaglio dell'opposizione e in particolare di Fratelli d'Italia che gli rimproveravano di non aver esercitato a dovere il ruolo di responsabile anticorruzione nel caso dell'acquisto delle mascherine cinesi farlocche.

Anche Bonaretti, mai indagato, è stato sfiorato da uno scandalo delle mascherine. Il protagonista della vicenda, Mario Benotti, giornalista, inviato speciale e caporedattore Rai, docente universitario e capo della segreteria al ministero delle Politiche per gli affari europei quando Bonaretti era capo di gabinetto, in un interrogatorio ha fatto mettere a verbale quanto segue: «Il Commissario Arcuri mi incontrò a Roma. Si fece precedere da una telefonata del dottor Bonaretti, che era stato mio capo di gabinetto al ministero e che io conoscevo, ora consigliere della Conte dei conti e collaboratore di Arcuri, in cui Bonaretti diceva che mi doveva vedere (...). Arrivano lui (Bonaretti) ed il Commissario Arcuri sotto il mio ufficio. Arcuri mi dice che c’era una difficoltà, che a Palazzo Chigi lo avevano informato che c’era un’indagine su tutta questa situazione, forse dei servizi. Mi prega di interrompere qualunque comunicazione con lui e così faccio».

Poi precisa: «Durante il colloquio Bonaretti è stato in disparte».

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