Le periferie Rozzano, nel milanese, e Scampia, a nord di Napoli, distano 800 chilometri. Sono due delle sette periferie terreno di sperimentazione del decreto Caivano bis. Il testo, approvato dal governo Meloni a Natale, mira a estendere il modello di intervento adottato nel comune campano ad altre aree del Paese caratterizzate da criticità sociali: Rozzano, Roma quartiere Alessandrino-Quarticciolo, Napoli quartiere Scampia-Secondigliano, Orta Nova, Rosarno-San Ferdinando, Catania quartiere San Cristoforo e Palermo Borgonuovo.

Per il piano, la cui stesura è a cura del commissario straordinario di Caivano, Fabio Ciciliano, sono stati stanziati complessivamente 180 milioni di euro. Così come fatto per Caivano, comune della città metropolitana di Napoli, si interverrà con progetti di riqualificazione sociale e infrastrutturale.

Altri progetti

«Le famiglie, alcune con otto figli, non riescono a pagare le bollette. E i ragazzi subiscono l’assenza di luoghi di socialità», dice Gennaro Speria, presidente dell’associazione no profit Area 51 di viale Lombardia a Rozzano, che ogni giorno distribuisce cibo alle famiglie in difficoltà. Genny lo zio, così lo chiamano tutti, viene da Casavatore, vicino Secondigliano, e dopo l’ultima scarcerazione da Poggio Reale ha deciso di cambiare vita. Mentre parliamo arriva un camion che trasporta pacchi di beni alimentari. «Prendo tanti giovani in difficoltà in messa alla prova e gli faccio svolgere lavori socialmente utili per dimostrare che un’alternativa al carcere c’è», racconta Speria.

Ma a Rozzano mancano spazi di aggregazione. «Il decreto Caivano è un segnale di attenzione da parte del governo. Ma le risorse devono essere gestite con cautela e i soldi non possono andare a qualunque cooperativa. Vanno messi nelle mani delle associazioni che fanno politica dal basso e conoscono il territorio e le famiglie in difficoltà».

Rozzano è l’unico comune del Nord inserito nel decreto Caivano bis. Ma, secondo il segretario del Partito democratico della periferia, Oscar Bersi, i progetti di riqualificazione dovrebbero riguardare anche altri comuni della cintura di Milano.

«Non ci convincono questi interventi spot, servono politiche nazionali che rispondano alle necessità dei cittadini», spiega Bersi, secondo cui le risorse stanziate dal governo sono insufficienti. «Non sappiamo niente degli interventi di rigenerazione urbana pensati dalla struttura commissariale. Abbiamo fatto delle proposte, come la riqualificazione del centro sportivo Garibaldi e l’apertura di servizi per le famiglie, ma non ci hanno ascoltati», dice il segretario. Non tutti sono critici, però. Per qualcuno, anche all’interno all’amministrazione, potrebbe essere un’occasione per cambiare il volto dell’area.

Commissariamento

La Campania e Napoli hanno già pagato il prezzo della stagione del commissariamento. Che, secondo uno degli attivisti di Mezzocannone occupato, Davide Dioguardi, è il silenziamento delle istanze del territorio e delle persone che ci vivono: «Non abbiamo bisogno di ricette calate dall’alto che speculano sui disagi della gente. Vogliamo modelli popolari che tengono conto dei progetti fatti dal basso dai residenti», spiega Davide. Per lui il dl Caivano bis mortifica le realtà sociali più o meno organizzate, riduce tutto a una questione di ordine pubblico e ponendo tutte le periferie sullo stesso piano appiattisce il dialogo sui territori.

Nel decreto, tra le altre misure, è stato introdotto lo stop all’uso di pc e cellulare per i giovani tra i 14 e i 18 anni responsabili di violenze, ma, in presenza di condotte più gravi, anche per coloro che hanno tra i 12 e i 14 anni. Sono state approvate misure per l’istituzione dell’osservatorio sulle Periferie e per il rafforzamento della capacità amministrativa del comune di Caivano. L’articolo 8 si occupa del percorso di rieducazione del minore e l’articolo 9 disciplina l’esecuzione delle pene nei confronti dei minorenni.

«Non credo che la cultura della sopraffazione e della violenza di genere si risolvano sequestrando il telefono alle persone che abitano in contesti culturali che giustificano proprio la perpetuazione di questi fenomeni», protesta Davide. Per il comitato Vele di Scampia 167 la struttura commissariale dovrebbe esportare il modello Scampia a Caivano, non viceversa.

«Quel modello è partito dal basso, dalle famiglie che si sono rimboccate le maniche rivendicando il diritto all’abitazione e a vivere una vita normale», dice il portavoce del comitato, Omero Benfenati. «Nel modello Caivano, oltre agli sgomberi non c’è nulla: non è stata coinvolta la cittadinanza, ma sono state scritte ricette per decidere sulla vita di persone che nei territori di Scampia ci hanno vissuto per una vita intera», protesta Omero, che chiede al governo, al comune e al prefetto di mantenere gli impegni presi: «Ogni giorno incontriamo le istituzioni per verificare che i cantieri proseguano e vadano avanti spediti», ma «noi vogliamo partecipare ai tavoli decisionali sui nostri quartieri, perché al centro vanno messe le persone», conclude Omero.

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