La Lega è divisa e Forza Italia è messa anche peggio. Fratelli d’Italia cresce nei consensi, ma viene guardato con sospetto dagli altri due partiti. Negli ultimi giorni il centrodestra sembra sul punto di implodere.

Ma il clima da fratelli coltelli di questi giorni non è altro che una sciarada. Dietro gli scontri e le ripicche c’è una coalizione che governa nella grande maggioranza delle regioni italiane, con idee, programmi ed elettorati compatibili, pronta a tornare unita non appena una prova elettorale nazionale lo renderà necessario.

Marciare divisi

Era chiaro da tempo che le elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre, concentrate sulle grandi città dominate dai progressisti, sarebbero state un disastro per il centrodestra. La sfida era difficile e il centrodestra ha fatto poco per renderla più semplice.

La strategia di presentare candidati civici e moderati appetibili anche per gli elettori di centrosinistra non era sbagliata, ma la coalizione ha dimostrato di avere enormi difficoltà a trovare profili credibili di questo tipo. E anche dove li ha trovati, come a Torino, è stata comunque punita.

Adesso, all’alba di una grave sconfitta, i “movimentisti” dentro Forza Italia e la Lega accusano i “governisti” di averli infilati in un abbraccio mortale con il governo Draghi. Nel frattempo, cresce l’insofferenza per Fratelli d’Italia, l’unico partito della coalizione rimasto all’opposizione e l’unico che ha visto crescere i suoi consensi. Salvini è così esasperato che ha definito gli alleati dei «rompicoglioni», come testimonia un audio pubblicato dal Foglio.

Colpire uniti

Che queste schermaglie possano generare qualcosa di più che qualche titolo di giornale e qualche cambio negli assetti di potere interni alla coalizione, è però improbabile. 

«Quando guardiamo al lungo periodo invece che alle tensioni inevitabili del breve, è difficile trovare motivi seri e sostanziali per cui la destra dovrebbe dividersi», dice Daniele Albertazzi, professore di scienze politiche all’Università del Surrey e osservatore della politica italiana.

Il centrodestra oggi governa 14 regioni, dove, nonostante i patemi nazionali, non sembra affatto intenzionato a dividersi. In Calabria, dove il centrodestra ha appena rivinto le elezioni, le discussioni per formare la nuova giunta del presidente Roberto Occhiuto proseguono normalmente. E se qualche incidente politico non è da escludere (il presidente uscente Nino Spirlì sarà vicepresidente oppure no?), lo scioglimento della coalizione appare impensabile.

Il centrodestra è altrettanto compatto quando parla dei temi, e lo è molto più del centrosinistra. Su immigrazione, ordine pubblico e tasse, i tre partiti dicono sostanzialmente le stesse cose.

Molti commentatori sostengono che l’europeismo della Lega non sarebbe sufficientemente convinto e sarebbe un ostacolo all’alleanza con Forza Italia e ad un eventuale governo. Sembrano dimenticare, però, che il centrodestra si era presentato unito nel 2018 con la Lega che aveva nel programma l’uscita dall’euro. E con quello stesso programma, la Lega è andata al governo.

Oltre a questo ci sono poi i crudi numeri: i sondaggi continuano a mostrare che il centrodestra unito ha i voti necessari per ottenere una solida maggioranza alle prossime elezioni.

I precedenti

«Usando un po’ di memoria storica, potremmo ricordarci che il centrodestra ha sempre litigato», continua Albertazzi. I governi Berlusconi, ad esempio, producevano continui litigi tra Lega, Udc e Alleanza nazionale, sempre puntualmente composti all’avvicinarsi delle elezioni più importanti.

Contrasti persino peggiori di quelli che vediamo oggi ci sono stati cinque anni fa, dopo le amministrative del 2016, disastrose per la coalizione tanto quanto quelle a cui abbiamo appena assistito (in quel occasione, Forza Italia fece cadere il sindaco leghista di Padova). Anche allora, però, i dissidi sono stati composti prima delle successive elezioni politiche.

«L’unica volta in cui l’unità del centrodestra si è rotta per un lungo periodo è stato nel 1994, quando la Lega fece cadere il primo governo Berlusconi e poi rimase da sola per sei anni», dice Albertazzi. In quegli anni, la Lega ha fatto il pieno di voti, ma è rimasta marginale ed è tornata al governo solo rientrando nel centrodestra.

Vent’anni dopo, di cui poco meno della metà trascorsi con il centrodestra al governo, sembra improbabile che Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia vogliano replicare l’esperienza di quella amara traversata nel deserto dell’irrilevanza politica.

 

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