Un paese politicamente immobile, ma forse ancora per poco. Il voto politico tenuto domenica in Albania lascia in eredità indicazioni contraddittorie.

Da una parte ci sono le conferme, che parlano di un sistema politico stagnante, incapace di rinnovare le leadership dei partiti oltreché nettamente al di sotto degli standard di trasparenza. Ma per un altro verso si fa largo una variabile politica nuova, che dalle colonne di Domani è stata indicata come elemento che nel medio periodo potrebbe rivoluzionare gli equilibri: la vasta diaspora albanese, che per la prima volta è stata messa nelle condizioni di votare dall’estero.

Rispetto a questo ultimo elemento, i dati del lentissimo spoglio fanno intravedere orientamenti di voto che in parte tendono a distinguersi. Certamente difficili da controllare, da parte di élites politiche incapaci di andare oltre la rendita di posizione.

Tra conferme e sospetti

Nel pomeriggio di questo lunedì gli osservatori dell’OSCE hanno emesso il giudizio sulle operazioni di voto: andamento regolare ma clima fortemente polarizzato. Formula parecchio eufemistica: il clima da colpi bassi e reciproche accuse ha sfiorato l’isteria anche nel giorno del voto.

Per quanto riguarda l’esito, il Partito Socialista del premier in carica Edi Rama vince in modo netto sul Partito Democratico dell’eterno Sali Berisha. Il lentissimo spoglio cominciato a urne chiuse (le 19 di domenica) e andato avanti ancora per tutto lunedì ha premiato il PS con circa il 53 per cento. Il PD si è fermato sotto il 34.

Queste percentuali riflettono piuttosto fedelmente la distribuzione media del voto nelle diverse realtà locali, con picchi in alcuni collegi dove il PS sfonda la soglia del 60 per cento e il PD rimane sotto il 30: come a Elbasan, Argirocastro e Fier (in quest’ultimo collegio il partito di Berisha arranca intorno al 25). Quanto alle altre formazioni politiche, il loro peso nel voto espresso in territorio albanese è irrilevante.

Il quadro è in linea con quanto rimarcato prima del voto dal notista politico Adrui Nurellari: un continuo riciclaggio delle élites. Dalle elezioni del 2013 continuano a confrontarsi gli stessi personaggi: un sistema che sa di muffa.

Il premier Rama ha portato a casa il quarto mandato consecutivo; per la giovane democrazia albanese è un record. Il suo avversario Berisha colleziona un’altra sconfitta ma continua a occupare la scena, dove si trova da ben prima di Rama.

Certo, adesso per l’ex premier sarà difficile mantenere la leadership del partito. Ma al di là di queste considerazioni, resta che le politiche 2025 si sono giocate in un clima di sospetti incrociati, con accuse reciproche di inquinamento del voto e denunce che al momento non trovano conferme. Denunce che hanno toccato anche il voto della diaspora.

Pianto greco

I voti espressi dagli albanesi all’estero sono la novità di questa tornata. Oltre 191mila albanesi della diaspora hanno espresso la loro preferenza, sui quasi 246mila che si sono iscritti (79 per cento). Una variabile che ha mandato in fibrillazione i partiti e posto condizioni di polemica. Subito dopo il voto, presso il Parco Olimpico di Tirana (dove i voti della diaspora sono stati sottoposti a spoglio), si è deciso di trattare a parte i voti provenienti dalla Grecia, circa 52mila.

Esponenti del Partito Democratico hanno avanzato sospetti e la presidenza della Commissione elettorale centrale ha preferito accordare il compromesso. L’assestamento delle percentuali ha fatto emergere considerazioni interessanti e fortemente contraddittorie.

Per quanto riguarda lo scarto fra i due partiti principali, il voto degli albanesi all’estero ha addirittura ampliato la forbice in favore del PS (55.8 contro 28,2). Ma per un altro verso, dal voto della diaspora si profila un risultato lusinghiero per Nisma-Shb: nel tardo pomeriggio di lunedì era una quota sopra l’8 per cento. Raggranellata a spese soprattutto dei socialdemocratici, crollati intorno all’1.

Dati coi quali Rama dovrà comunque confrontarsi, in attesa di ricevere per l’ennesima volta l’amica Giorgia.

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