«Et voilà que ça recommence! Le re-reconfinement!». Ci risiamo, un ennesimo lockdown. Questo è Le Figaro, mentre Libération opta per un sobrio: «Putain!», accidenti. Con le nuove, ulteriori misure, oggi un terzo degli abitanti della Francia si ritrova in lockdown. E non è un caso singolo: da Roma a Varsavia passando per Bruxelles, sono tanti i governi in Europa che stanno imponendo restrizioni per arginare la terza ondata. Ma la Francia di oggi non è la stessa del 2020: ora l’opinione pubblica – i media di ogni orientamento – si interroga sul perché, sugli errori della politica. Ed è esausta.

La terza via

Da questo venerdì a mezzanotte, e per almeno un mese, 16 dipartimenti, l’equivalente di 21 milioni di abitanti, saranno sottoposti a quella che il premier Jean Castex chiama «una terza via, per una terza ondata». In realtà questa terza via somiglia tanto ai soliti lockdown, ma la parola “reconfinement”, faticosamente reintrodotta dall’Eliseo questo autunno, ora è sostituita da sinonimi edulcorati: invece di chiusure, il governo parla di “aperture controllate”. Torna l’autocertificazione, anche se più permissiva della volta scorsa: si può stare in giro non un’ora ma per un tempo illimitato, ci si può allontanare dalla propria abitazione per il raggio di dieci chilometri invece che uno solo. Ci si sposta solo per necessità. Chiusi parrucchieri e fiorai; ma stavolta, tra i beni essenziali, sono inclusi libri e musica. Magra consolazione per i francesi, boccone amaro per l’economia: 110mila le attività commerciali costrette a chiudere. Castex prova ad addolcire le restrizioni posticipando il coprifuoco dalle 18 alle 19. E non tocca le scuole, «una priorità», né i luoghi di culto.

Ragioni e obiezioni

La motivazione del terzo lockdown è la rapida crescita di contagi e ospedalizzazioni. Castex lo ha annunciato mentre i casi salivano a 35mila nuovi al giorno. In Île-de-France sono aumentati del 24 per cento in una settimana. Con le rianimazioni quasi piene, il premier dice che «la situazione è peggio della seconda ondata. Tre quarti dei contagi sono per la variante britannica, più contagiosa e più grave». Castex è andato in tv più volte, per comunicare le ragioni delle chiusure. Così ha anche consentito a Macron di rimanere più defilato. Ma questo non ha risparmiato all’Eliseo duri attacchi da opposizione e media. La principale accusa è di non aver chiuso tempestivamente, il 29 gennaio, come gli esperti avevano suggerito. «Chi governa dice che questo lockdown è una scelta coraggiosa, ma sarebbero state ben altre le scelte coraggiose», scrive Le Figaro in un editoriale. «Coraggio sarebbe stato chiudere a gennaio; non sospendere AstraZeneca; aumentare i letti in terapia intensiva; impegnarsi in tempo per acquisti massicci di vaccini». La Francia ha pure iniziato con gran lentezza le vaccinazioni: quando Berlino era a 300mila dosi, Parigi a 5mila. Ora i vaccinati sono 5,7 milioni, la promessa è di arrivare a 10 entro metà aprile. Castex oggi si è anche fatto iniettare una dose di AstraZeneca, nel tentativo di ripristinare la fiducia dei cittadini in questo vaccino, incrinata dopo che ne era stata sospesa la somministrazione; da oggi, appunto, è ripresa. Ma si poteva fare di più, da prima, sia coi vaccini che con la gestione dell’epidemia. C’è oggi chi dubita dell’utilità di misure come il coprifuoco, che dura da cinque mesi. Lo stesso governo ammette che «ha avuto efficacia relativa». Non era inserito in un quadro coerente di misure; ad esempio c’erano pochi incentivi al telelavoro. Un nuovo lockdown è risultato ormai inevitabile, ma la “terza via” - chiusura indulgente - mostra limiti e paradossi. Per rendere la decisione più “digeribile”, governo ed Eliseo rischiano di scontentare tutti. Altri paesi europei si confrontano con difficoltà simili: il Belgio, che voleva allentare le restrizioni, ha fallito l’obiettivo. La Polonia da oggi estende a tutto il paese la “zona rossa”.

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