Von der Leyen invoca «diplomazia» senza stigmatizzare la mossa israeliana. Merz sente Netanyahu, assieme a Macron invoca «il diritto di Israele di difendersi» e resta «in coordinamento» con Trump, Parigi e Londra
«In Israele sanno bene che siamo contrari a un attacco militare contro l’Iran, ma non mi pare che sia così imminente», aveva detto Antonio Tajani poche ore prima che quell’attacco si realizzasse. Questo sabato alle 11 il ministro degli Esteri riferirà in Parlamento.
Mentre il duo franco-tedesco, con l’innesto di Londra, si raccordava con Netanyahu e Trump (coi quali sono intercorse telefonate), formulando poi dichiarazioni gemelle contro il nucleare iraniano e per la sicurezza di Israele, venerdì pomeriggio Giorgia Meloni si coordinava anzitutto col suo stesso governo; filtrava anche la notizia di telefonate della premier con Trump, von der Leyen e Merz.
Il governo italiano ha «riaffermato il pieno sostegno ai negoziati Usa-Iran» sul nucleare e sottolineato che «una soluzione diplomatica debba essere l’obiettivo prioritario».
La linea generale dell’Ue è: «De-escalation».
L’innominato
Le dichiarazioni post attacco israeliano di António Costa, presidente del Consiglio europeo (e quindi del consesso di capi di stato e di governo), Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, e Kaja Kallas, alta rappresentante dell’Ue (la «ministra degli Esteri» dell’Unione), seguono tutte lo stesso canovaccio ed esprimono un identico contenuto.
Sono strutturate in tre parti: l’espressione di preoccupazione per gli eventi e la situazione «in Medio Oriente»; la perorazione della via diplomatica; l’invito alla de-escalation. Questo è il punto politicamente più delicato, dato che i messaggi partono dopo l’attacco lanciato dal governo israeliano, con Netanyahu che annuncia una guerra destinata a durare. Ma nessuno dei tre esponenti Ue stigmatizza l’intervento di Israele, mentre Ursula von der Leyen invita esplicitamente a non contrattaccare (rivolgendosi dunque all’Iran).
La presidente di Commissione scrive: «L’Europa sollecita tutte le parti a esercitare la massima moderazione e contenimento, alla de-escalation immediata e al trattenersi dal contrattaccare». (Messaggi simili da Costa – «Sollecito alla moderazione, un’ulteriore pericolosa escalation va evitata» – e Kallas: «Sollecito tutte le parti a esercitare contenimento e prevenire un’ulteriore escalation»).
Durante il midday briefing, ai cronisti che chiedevano come mai la Commissione non si esprimesse esplicitamente sull’attacco israeliano e se lo ritenesse in linea con il diritto internazionale, i portavoce hanno sistematicamente schivato la questione. «No comment» è la risposta a: «Perché non condannate l’attacco? Avete forse dubbi che sia illegale?».
La Commissione dice che intende «usare tutti gli strumenti a sua disposizione per facilitare la via diplomatica»; ma Trump stesso, uscendo dall’accordo sul nucleare iraniano nel 2018, ha vanificato parte degli sforzi passati dell’Ue. C’è inoltre il tema delle leve non violente che l’Ue avrebbe verso Netanyahu ma non usa. Solo dopo anni e dopo una riuscita operazione di mediazione dell’Olanda (prima il duo Spagna-Irlanda aveva fallito) si è iniziato di recente a parlare di una revisione (non necessariamente una modifica né una sospensione) dell’accordo tra Ue e Israele, che peraltro all’articolo 2 vincolerebbe al rispetto del diritto internazionale umanitario.
Dietro i toni neutrali delle dichiarazioni dell’Ue si cela uno squilibrio, come più di un cronista ha fatto notare ai portavoce della Commissione nel briefing di questo venerdì: Israele non viene nominata, né l’attacco stigmatizzato. E si capisce perché non solo rimettendo le dichiarazioni nel contesto della postura più generale di Bruxelles verso il governo israeliano, ma pure affiancandole alle parole del capo di governo più ascoltato da von der Leyen: quelle del compagno di partito e cancelliere, Friedrich Merz.
Asse franco-tedesco (e UK)
Le posizioni di Bruxelles riflettono quelle dei governi europei.
Berlino esprime una certa contiguità con quello israeliano: «Netanyahu stamattina mi ha informato su azioni militari e obiettivi», ha scritto Merz venerdì in mattinata. «Il governo tedesco ha ripetutamente espresso preoccupazione per il programma nucleare dell’Iran».
E ancora: «Ribadiamo che Israele ha il diritto di difendere la propria esistenza e la sicurezza dei suoi cittadini». Niente note critiche verso l’attacco, ma «un coordinamento stretto coi partner, in particolare Francia, Regno Unito e Usa».
L’Italia non è citata, Parigi sì: Macron – come già avvenuto col dossier ucraino – questo venerdì si è coordinato con Trump, oltre a sentire Netanyahu. E ha dichiarato – in sintonia con l’«amico» Merz – che «la Francia ha ripetutamente condannato il programma nucleare iraniano» e «riafferma il diritto di Israele a difendere sé e la sua sicurezza». Linea concordata anche con il premier britannico, che si è espresso all’unisono, invocando «de-escalation».
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