Marion Maréchal: «C’è già una maggioranza Giorgia». Il reset trumpiano dell’Ue

«La maggioranza Giorgia rimpiazza già la maggioranza Ursula», dice a Domani Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen e madrina della «unione delle destre» da lei predicata; e in effetti ha scommesso sia sull’estrema destra che governa – è alleata di Meloni in Ue – che su quella che vincerà, dato che ha mollato l’ex alleato Éric Zemmour pur di tornare nell’orbita elettorale della zia. «Sono ottimista», spiega Maréchal a margine delle “vacanze romane” dei Conservatori europei (gli study days di Ecr): «Oggi c’è già una contro-maggioranza di destra che si aggrega regolarmente su dei testi, in opposizione alla maggioranza di von der Leyen», dice alludendo alla frequenza crescente con cui i Popolari votano coi gruppi più a destra di loro. Oggi è così, domani, quando anche la Francia slitterà più a destra e la maggioranza in Consiglio si sbilancerà su «Giorgia e Marine», lo sarà pure di più. Il grande equivoco sulla strategia di sicurezza nazionale Usa, e più in generale su quella illiberale trumpiana, è pensare che gli attacchi all’Ue siano un piano da avviare. Il «grande reset» è in corso da tempo: è già in stadio avanzato. Non a caso, tra i temi sui quali la «maggioranza Giorgia» si aggrega – e Maréchal lo rivendica – ci sono gli attacchi al Green Deal e la spinta sulla deregolamentazione; e questi sono esattamente i punti sui quali insiste la “strategia di sicurezza” Usa, che recita: «Vogliamo che l’Europa smetta di insistere su quel fallimentare e soffocante accanimento regolatorio». La propaganda sovranista e patriottica dell’estrema destra europea serve quale patria e quale sovrano? Il copione illiberale di Orbán e Meloni, dalla presa dei media alla costruzione del nemico Il «grande reset» «The Great Reset», il «grande reset», è la pubblicazione nella quale il Mathias Corvinus Collegium (la macchina di soft power orbaniana) e Ordo Iuris (l’istituto polacco vicino al PiS) teorizzano il piano per far regredire l’Unione europea a una pletora di istanze nazionali. Già di per sé, questo «reset» combacia perfettamente con la strategia trumpiana, nella quale l’Unione europea viene disconosciuta: si parla solo di «Europa» e si definisce l’Ue come «uno degli organi transnazionali che minano la sovranità» e producono «perdita di identità nazionali». Ma c’è ben di più di una rima baciata fra concetti: sappiamo per certo che a marzo di quest’anno a Washington la Heritage Foundation, il think tank vicino a Trump noto per aver concepito il piano autoritario Project 2025, ha discusso del «reset» con gli esponenti di MCC e Ordo Iuris. Nulla di nuovo, si potrebbe obiettare: è dai tempi della prima presidenza Trump e dei preparativi per le europarlamentari del 2019 che la galassia Maga, a cominciare da Steve Bannon, rattruppa sovranisti per picconare l’Ue. La novità però c’è: sta nel salto di qualità tra la teoria – quel “gran gruppone sovranista” che in quanto tale non è andato in porto né nel 2018 con Bannon né nel 2021 su spinta di Orbán e Salvini – e la sua realizzazione concreta. Realizzazione che porta appunto il nome – se si vuol seguire Maréchal – di «maggioranza Giorgia», e cioè: con Meloni si rinuncia alla forma ufficiale, del grande gruppone, ma si penetra il mainstream, cioè i rapporti coi Popolari e con von der Leyen, per poi fare da cavallo di Troia sia al resto delle destre estreme che ai piani trumpiani. L’Ue svolta a destra: il Ppe fa squadra coi Patrioti per spingere la deregulation La «maggioranza Giorgia» È questa, in fondo, la dinamica che Maréchal stessa traccia nel suo ragionamento: «La “maggioranza Giorgia” – spiega – è questa maggioranza a destra… Parlo di fatto dell’alleanza tra il Ppe e i Conservatori alla quale si aggiungono i voti (in Europarlamento, ndr) degli altri gruppi di destra, che ci consentono di smagliare il Green Deal e che ci hanno permesso di rivedere il testo sulla responsabilità d’impresa». È quello stesso attacco alle politiche climatiche e alle regole Ue che Trump incita, e per il quale strattona Bruxelles. «La cosa importante – e su questo Giorgia aveva ragione – è stata quella di evitare che il gruppo (Ecr) fosse dal lato cattivo del cordone sanitario: il fatto che siamo interlocutori potenziali ha dato risultati, dato che Meloni è ora una figura forte»: con queste parole Maréchal evoca il fatto che Meloni abbia boicottato il gruppone delle destre estreme per avviare l’alleanza tattica col Ppe e porsi poi come ponte tra il centrodestra mainstream di von der Leyen e le altre destre estreme. «Così noi Conservatori siamo un gruppo pivot», il fulcro, dice Marion Maréchal, ma pure l’apripista, «il che ci consente di fare la liaison, di costruire il coordinamento, tra Patrioti e Ppe. Una scelta pertinente di Meloni che le consente di essere centrale». E che consente di “resettare” l’Ue da dentro: basti pensare che Raffaele Fitto, colui che l’alleanza tra Ppe e Meloni l’ha costruita e che è diventato vicepresidente della Commissione, ha un ruolo centrale nella riforma che trasformerà il bilancio Ue in una somma di 27 piani nazionali e di un mega-piano competitività-difesa di von der Leyen. La “maggioranza Giorgia” diventerà “Giorgia e Marine”? «Se non cambiano asse i paesi fondatori, l’Europa non può davvero cambiare linea: con Le Pen presidente Meloni potrebbe avere una partner decisiva per influenzare la linea del Consiglio europeo».