L’Europa va al riarmo. Come ha comprato i vaccini, vuole comprare le armi, e per le armi vuole spendere di più diminuendo al contempo il controllo democratico. La tendenza precede l’aggressione dell’Ucraina, ma «non bisogna perdere lo slancio» che la guerra ci dà, dice Ursula von der Leyen. La Commissione Ue presenta i piani per il futuro, e non sono solitari: anche i governi si riarmano, mentre l’Europarlamento prepara una riforma dei trattati che va nella stessa direzione.

Il riarmo

«La nostra spesa militare è insufficiente», dice la Commissione, che parla di «scelta tecnica, non ideologica» e accompagna le conclusioni con un grafico. L’Ue sembra Davide in confronto ai Golia russo e cinese, ma «il divario di investimenti» racconta solo una parte della storia. Bruxelles cita i dati dell’aumento delle spese militari: «Dal 1999 al 2021, l’Ue nel suo complesso ha aumentato le spese solo del 20 per cento, gli Usa del 66, la Russia del 292, la Cina del 592». Eppure Mario Draghi ha notato che «l’Ue spende tre volte più della Russia». Il fatto è che la Commissione, indicando l’Ue come fanalino di coda, si basa sull’incremento delle spese, non sul loro ammontare. Che è incomparabilmente più alto in Europa che in Russia, e che in Ue continua a crescere. I dati Sipri dicono che nel 2014, nell’Ue pre-Brexit sono stati spesi 244 miliardi di dollari; nel 2019 sono diventati 280, nel 2021 erano 304 calcolando il Regno Unito, 242 senza. La Russia ha speso 64 miliardi nel 2014, 60 nel 2019 e 63 nel 2021. La Cina ha sborsato 183 miliardi nel 2014, 246 nel 2019 e 270 nel 2021. Gli Usa 708 miliardi nel 2014, 743 nel 2019, 768 nel 2021. «Non prospettiamo una corsa al riarmo, ma uno stop al disarmo silenzioso», sostiene l’alto rappresentante Ue Josep Borrell.

Acquisti congiunti

«Gli stati si sveglino e aumentino le spese militari», dice Borrell. L’obiettivo di Bruxelles è sempre più nitido: sotto l’ombrello della «difesa europea» non c’è solo il coordinamento e l’ottimizzazione delle spese. «Va aumentata anche la quantità». Bruxelles stila una lista della spesa: rimpinguare subito i magazzini svuotati per aiutare gli ucraini, ma pensare anche alle armi futuribili del lungo periodo; droni, difesa cyber, e così via. L’investimento pilota della Commissione per avviare i primi acquisti comuni copre fino al 2024. Con mezzo miliardo del bilancio europeo, Bruxelles dice di voler incentivare i governi a comprare insieme, e cita l’esperimento fatto per i vaccini. In quel caso, la Commissione ha tenuto segreta la composizione della squadra negoziale, l’articolazione esatta delle spese, e ha rivelato qualcosa sui contratti con Big Pharma solo dopo le pressioni di eurodeputati e società civile. Nel corso dei mesi, gli acquisti si sono concentrati sempre più su un’azienda, Pfizer-BioNTech. Pochi giorni prima dell’invasione dell’Ucraina, la mediatrice Ue ha definito «malgoverno» l’opacità di Bruxelles: von der Leyen aveva messaggiato per settimane con l’amministratore delegato di Pfizer mentre un contratto per i vaccini veniva negoziato, e ha rifiutato di rendere pubblici i messaggi.

A vantaggio di chi

Le misure annunciate questo mercoledì dalla Commissione non nascono con la guerra in Ucraina: elevano a potenza le tendenze in corso. Bruxelles dice di voler incentivare i consorzi tra stati con l’esenzione dall’Iva; von der Leyen aveva parlato di «esenzione dall’Iva», di sgravi agli acquirenti di materiale bellico, già a settembre nel “discorso sullo stato dell’Unione”. L’esistenza di un consorzio, senza opportuni vincoli, non elimina di per sé il rischio di doppioni: ai cacciabombardieri di sesta generazione tempest sta lavorando l’Italia con Regno Unito e Svezia; in parallelo, Francia e Germania. Finora l’esistenza di un fondo europeo per la difesa non ha spinto di per sé i governi a lavorare insieme, come la stessa Commissione attesta: «Nonostante nel 2020 la spesa per la difesa europea sia aumentata, gli investimenti fatti in modo collaborativo sono calati all’11 per cento». Il fondo europeo per la difesa, che Bruxelles vuole ampliare e che è nato nel 2016 sotto l’impulso dei colossi dell’industria militare, finora è andato a vantaggio di pochi paesi – Francia, Germania, Italia e Spagna – e pochi big: Leonardo, Indra, Safran, Thales, Airbus. I giganti dei quattro paesi più sovvenzionati coordinano il 68 per cento dei progetti. «C’è immenso bisogno di acquisti», per la Commissione. L’ex manager scelto da Macron come commissario al Mercato interno, Thierry Breton, è in prima linea.

La riforma guerrafondaia

Il progetto europeo si fondava sulla condivisione di risorse per eliminare tentazioni guerrafondaie; oggi l’Ue mette insieme soldi per comprare armi. La transizione è anche istituzionale. Una svolta è stata l’uso della «peace facility» per spedire armi in Ucraina. Poi c’è stata la richiesta della Commissione all’Europarlamento di «essere pronti a approvare spese militari nel bilancio Ue», accolta dalla presidente Metsola. Finora, il fondo europeo di difesa è stato giustificato come sostegno all’industria: l’Ue drena soldi pubblici in ricerca e sviluppo, anche se la proprietà intellettuale resta in mano all’azienda. Ora c’è un ulteriore passo: la Commissione incentiva con il bilancio comune gli acquisti di armi. Ma non è finita qui. Il parlamento Ue, che vuole riformare i trattati, farà arrivare sul tavolo del Consiglio di giugno la sua proposta sui punti da modificare. A giudicare dalla bozza di risoluzione che circola oggi, gli eurodeputati rinunceranno anche al poco controllo che hanno sul riarmo. In un paragrafo si legge che «il parlamento può dare alla Commissione competenze straordinarie e concederle tutti gli strumenti in caso di crisi nel campo della difesa». I popolari vogliono pure «l’acquisto comune di materiale militare con il bilancio Ue».

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