«Il piano Usa? È un inizio». Gli europei alle strette pagano il conto a Trump

Ancora una volta è la Casa Bianca a dettare le accelerazioni sul dossier ucraino. L’Europa si agita di conseguenza: questo venerdì la conferenza stampa di Ursula von der Leyen e António Costa dal G20, dove sabato i leader europei faranno il punto; e la ridda di telefonate, il coordinamento a tre fra Germania, Francia e Regno Unito, la seconda cerchia di coordinamento con altri paesi tra cui il nostro, le interlocuzioni di leader e vertici europei con Volodymyr Zelensky. Pure una telefonata tra Friedrich Merz e Donald Trump infilata in agenda venerdì pomeriggio per prevederla a breve. Già, perché il presidente degli Stati Uniti nonché affarista Donald Trump mette fretta e pressione: dice di voler sigillare il patto preconcordato con Vladimir Putin sull’Ucraina entro il giorno del ringraziamento. Peccato che per gli europei ci sia ben poco da ringraziare. Germania, Francia e Regno Unito dichiarano di aver «accolto con favore gli sforzi Usa» e fanno buon viso a cattivo gioco. Gioco che è davvero cattivo: infatti Merz, Macron e Starmer precisano che il piano è «un punto di partenza». I leader fanno intendere di essere al lavoro per emendare almeno un po’ i 28 punti del piano. I punti non si limitano a scavalcare pericolosamente la linea rossa del «non si decide di Ucraina senza Ucraina» (e questo «non si deve, lo ha ribadito dal G20 von der Leyen). Decidono pure dell’Europa senza gli europei. C’è da dubitare che gli europei – se non i leader, almeno i cittadini e i contribuenti – metterebbero mai la firma sotto un piano nel quale sono loro a metter soldi e garanzie per i profitti che faranno gli Stati Uniti. Le maggiori testate economiche internazionali non esitano nel dichiarare che Trump «fa profitto a spese dell’Europa, oltre che dell’Ucraina». Espressione del Financial Times, che va pure oltre, citando l’esperta ucraina Orysia Lutsevich: «È un accordo stile mafia anni Novanta». A spese degli europei Vale la pena mostrare fino a che punto il piano Trump-Putin si permette di decidere anche per loro e per noi, non soltanto dal punto di vista della sicurezza, ma pure dell’economia e della politica domestica. Eclatante il punto 11 del piano: «L’Ucraina è idonea all’adesione all’Ue e – mentre il processo è in corso – otterrà a breve termine accesso preferenziale al mercato europeo». La versione per cui – nonostante gli Usa ora dicono di aver preparato da almeno un mese questa bozza di patto con la Russia – gli europei sarebbero stati tenuti all’oscuro è veritiera? Finora, nelle dichiarazioni ufficiali, l’establishment Ue nega di aver avuto prima comunicazioni ufficiali. (Ad esempio il presidente del Consiglio europeo, interrogato sul punto, ha detto questo venerdì: «All’Ue non sono stati comunicati piani in via ufficiale»). Non significa che gli europei non fossero consapevoli degli sviluppi in corso: si veda qui quanto affermato dal cancelliere tedesco, «siamo in contatto quotidiano col governo Usa. I nostri advisor di politica estera sono a loro volta coinvolti per vedere come possiamo arrivare a un piano accettabile». Riavvolgendo il nastro, si ricorderà che – nel suo passaggio in Vaticano oltre che a palazzo Chigi, per poi arrivare il 7 novembre alla Casa Bianca – l’autocrate ungherese, in rapporti più che cordiali sia con Trump che con Putin, si era detto certo che in realtà il summit di Budapest non fosse affatto stato cancellato dall’agenda. La dichiarazione di Ursula von der Leyen è sibillina sul ruolo degli europei, anche se vuol apparire inflessibile nel supportare l’Ucraina: «In tutto questo tempo siamo stati fianco a fianco con l’Ucraina, abbiamo lavorato intensamente sia con Zelensky che con la coalizione dei volonterosi per una pace giusta e duratura e questo è un processo tuttora in corso». Così von der Leyen controlla gli aumenti di spesa Nato (e potrà riferire a Trump) Gli Usa approfittano Dopo la telefonata con il presidente ucraino, von der Leyen ha anche ribadito che «niente che riguardi l’Ucraina può realizzarsi senza l’Ucraina». Ma quel che riguarda l’Ue può esser fatto alle spalle degli europei? Tornando ai 28 punti, al numero 10 «gli Stati Uniti riceveranno compensi, risarcimenti, per le garanzie di sicurezza» che daranno all’Ucraina. A ben vedere, nulla di nuovo rispetto allo schema che il tycoon aveva concordato con gli europei già questa estate, a cominciare dal meccanismo Purl (nel quadro Nato) per cui sono gli alleati del vecchio continente a pagare gli Usa per gli equipaggiamenti che fanno avere a Kiev. A confermare l’impressione, già forte dall’incontro d’Alaska, che Trump e Putin si stiano in realtà riorganizzando le sfere d’influenza alle spalle dell’Europa, intervengono punti come il 13, sulla «reintegrazione della Russia nell’economia globale»: qui gli Usa prevedono pure «di entrare in una cooperazione a lungo termine su energia, risorse naturali, metalli rari nell’Artico». Groenlandia inclusa? Copenaghen è allertata. Last but not least: mentre l’establishment Ue lavora a come garantire finanziariamente l’Ucraina indebitata e ragiona su come coprire con le sue spalle (i suoi soldi) operazioni come quella dello scongelamento degli asset russi, c’è il punto 14. «I fondi congelati saranno usati come segue: 100 miliardi verranno usati per la ricostruzione a guida Usa. Gli Usa riceveranno la metà dei profitti da questa venture». E attenzione: «L'Europa contribuirà con 100 miliardi per aumentare gli investimenti disponibili per la ricostruzione dell'Ucraina». Ancora: «Il saldo dei fondi congelati sarà investito in un veicolo di investimento russo-americano per progetti congiunti Usa-Russia». Gli europei pagano, gli Usa (ap)profittano.