Non è più l’era del cordone sanitario, quel separé immaginario che teneva ben distinti europeisti e non, populisti di destra e non. «Ormai è diventato un cordino», dice Roberta Metsola, vicepresidente del parlamento europeo. E la novità è che proprio attorno al suo nome anche il cordino potrebbe scivolare via. La europarlamentare maltese, che fa parte dei popolari europei, attira infatti gli apprezzamenti anche di Fratelli d’Italia. Tra i fedelissimi di Giorgia Meloni a Bruxelles c’è chi ammette che sì, come presidente dell’Europarlamento a gennaio, alle elezioni di midterm, si potrebbe pure votare la popolare maltese. Considerato il ruolo di Meloni, che è presidente dei conservatori europei, non si tratterebbe di una scelta isolata. Certo, la politica a Bruxelles ha dinamiche tutte sue. Ma se si considera che i voti a Ursula von der Leyen dei Cinque stelle ne hanno segnato la mutazione, la caduta dei cordoni non va sottovalutata.

Le elezioni test

A inizio 2022 c’è un ricambio di poltrone all’Europarlamento, che con le elezioni di medio termine sceglie di nuovo il proprio presidente. La prima preoccupazione dei popolari europei è che il nome sia loro. «Spetta a noi ora decidere il candidato, così come i socialdemocratici in precedenza hanno scelto David Sassoli», dice Manfred Weber, che è presidente del gruppo popolare al parlamento Ue, e che si trova a Roma per un vertice del partito. «Pacta sunt servanda», insiste anche Forza Italia con Antonio Tajani, che teme che i socialisti provino a restare alla presidenza, mentre i socialisti a loro volta non perdonano che la presidenza dell’eurogruppo sia andata a Paschal Donohoe. Il centrodestra d’Europa si sta quindi attrezzando per schivare un Sassoli bis o comunque per presidiare il posto. Il punto è come.

Nelle scorse settimane a Bruxelles sono state fatte circolare voci su un possibile appoggio di formazioni più a destra: da quando Fidesz, il partito del premier ungherese, è fuori dai popolari, sta lavorando a una iniziativa comune con i conservatori (Fratelli d’Italia, il Pis polacco e altri) e Identità e democrazia (di cui fa parte la Lega e il Rassemblement national di Marine Le Pen). I contatti tra i leader di queste formazioni sono intensi, e Marco Zanni, leghista e presidente del gruppo Id, ha in mente anche una soluzione pragmatica che lascerebbe a Ecr e Id una loro autonomia: un’alleanza tattica simile a quella Greens-Efa (verdi e regionalisti). Un altro scenario – cioè una Lega epurata dai lati più sovranisti e che entra nel Ppe – non è del tutto escluso, o meglio: tra i vertici di Forza Italia, che nel Ppe c’è già, c’è chi dice che le porte sarebbero pure aperte, ma «la Lega dovrebbe fare un percorso di adesione ai valori», cosa che «richiede tempo». Arriverà prima la nuova formazione di ispirazione orbaniana quindi? Da Fratelli d’Italia mettono il freno: difficile che qualcosa di concreto arrivi in tempo per le elezioni di metà mandato. Nel frattempo allora la via è aperta ai pragmatismi di ogni tipo. E un piano c’è, o meglio, c’è un piano che almeno al centrodestra italiano piace: porta il nome di Roberta Metsola.

(Roberta Metsola. Foto EP)

Candidata all’italiana

Metsola al momento è vicepresidente dell’Europarlamento, e viene dal partito nazionalista maltese. Si tratta dello stesso partito nato per difendere l’uso dell’italiano dall’inglese dei colonizzatori, prima delle due guerre, quando Malta si divise sulla “questione della lingua”. Roberta Metsola conosce bene l’europarlamentare di FdI Raffaele Fitto, ricorda a memoria il giorno del compleanno dell’uomo di Meloni in Europa, Carlo Fidanza; insomma con Fratelli d’Italia ha rapporti più che cordiali. Per non parlare di Forza Italia, che la sponsorizza nel Ppe. Il suo nome non è scontato: l’area rigorista del partito – Germania e paesi nordici – gradirebbe la olandese Esther de Lange. L’Italia scommette su Metsola anche perché porterebbe una ventata mediterranea su almeno due temi: condivisione del debito e allentamento dei vincoli di bilancio – mentre ad esempio il tedesco Weber ribadisce che il patto di stabilità è una buona regola – e immigrazione. Tra i Fratelli d’Italia a Bruxelles c’è chi ammette che sì, Metsola la voterebbe. Già da subito? Alla scorsa elezione i conservatori europei presentarono il loro candidato di bandiera, Jan Zahradil. Stavolta oltre a cordoni e cordini pure le bandiere potrebbero cadere, sempre che i popolari scelgano il nome che piace.

Mutazioni

Giorgia Meloni oltre che leader di Fratelli d’Italia è presidente dei conservatori europei. Certo, a volte le strade si separano, come quando il Pis polacco sostenne von der Leyen; ma difficilmente i meloniani appoggerebbero una presidente al parlamento in dissidio col resto della famiglia. E bisogna vedere se gli ultraconservatori polacchi e i popolari siano disponibili a piegarsi: il presidente del Ppe, Donald Tusk, è l’avversario del Pis per antonomasia; ha da poco annunciato il ritorno alla politica polacca proprio per provare a prendere il governo del paese. Ma il pragmatismo consente una soluzione a tutto. Metsola per esempio, quando le si chiede se punterà sui voti di sovranisti e populisti di destra, dice ovviamente di no: lei non chiederà nulla. Ma se arrivano, ben venga. E siccome con le elezioni di metà mandato non cambia solo il presidente ma si rinfrescano anche altri incarichi, lei sarebbe disposta a concedere posti ai sostenitori più a destra del Ppe? Sta alla loro arguzia proporre i candidati più compatibili.

© Riproduzione riservata