La rete parlamentare European Parliamentary Forum for Sexual and Reproductive Rights ha reso noto un report che documenta l'espansione finanziaria di chi si oppone ai diritti sessuali, Lgbtq+, educazione sessuale e affettiva: 275 associazioni che tra 2019 e 2023 hanno speso almeno 1,18 miliardi di dollari
Il movimento anti gender si espande in Europa e punta a svuotare i diritti conquistati e le istituzioni democratiche dall’interno. Può farlo grazie a preziose alleanze con leader autoritari e partiti di estrema destra e, soprattutto, a finanziamenti per milioni di euro.
«La portata delle risorse finanziarie, il coordinamento internazionale e l’integrazione politica degli attori anti gender non hanno precedenti. La reazione contro decenni di progressi in materia di uguaglianza di genere e diritti sessuali e riproduttivi è al centro della strategia dell’estrema destra», afferma Neil Datta, direttore esecutivo dell’European Parliamentary Forum for Sexual and Reproductive Rights (Epf), una rete parlamentare pro-choice attiva sui diritti sessuali e riproduttivi in Europa.
L’organizzazione ha da poco pubblicato il report “The Next Wave” che documenta l’accelerazione dell’espansione finanziaria di questi movimenti. L’analisi prende in considerazione 275 attori anti gender tra cui gruppi di advocacy, media, partiti politici e think tank impegnati nell’opposizione a diritti sessuali e riproduttivi, aborto, contraccezione, divorzio, diritti Lgbtq+, educazione sessuale e affettiva.
Fiumi di denaro
Partiamo dai soldi. Tra il 2019 e il 2023 le 275 organizzazioni hanno speso complessivamente almeno 1,18 miliardi di dollari in Europa per iniziative anti gender. Una cifra in crescita: il finanziamento annuale è aumentato costantemente rispetto ai 220 milioni di dollari del 2019 fino a raggiungere i 271 milioni nel 2022.
La più imponente mole di fondi non arriva più, come in passato, dalla destra cristiana statunitense o dalla Russia, ma direttamente dal cuore dell’Europa. Circa il 73 per cento di questo denaro – 869,5 milioni di dollari – viene dai 27 paesi del continente. La spesa delle organizzazioni Usa in Europa pesa per il 9 per cento del totale. Soldi perlopiù provenienti da famiglie miliardarie di destra, che finanziano anche le organizzazioni dietro il Project 2025. Una spesa stabile, circa 22 milioni di dollari all’anno.
La federazione russa ha contribuito con 211,9 milioni (il 18 per cento), destinati soprattutto all’interno del paese per promuovere iniziative nazionali. «Ci sono circa 700 milioni di dollari che arrivano dall’area dell’Ue», afferma Datta.
Il modello Ungheria
I cinque paesi europei da cui originano la maggior parte dei fondi sono Ungheria, Francia, Regno Unito, Polonia e Spagna. La presenza italiana non è così forte nel report, tuttavia Datta avverte che questo «è dovuto principalmente alla scarsa trasparenza finanziaria in Italia per quanto riguarda i conti pubblici delle persone giuridiche, il che porta a una significativa sottostima dell’ecosistema antigender italiano».
Il paese governato da Viktor Orbán ha contribuito con 172,2 milioni di dollari per iniziative anti gender in Europa. Di questi, 135 milioni sono passati attraverso cinque importanti fondazioni pubbliche – think tank, piattaforme mediatiche e organizzazioni di advocacy – controllate dallo Stato. Producono ricerche, pubblicazioni e fanno attività di lobbying in linea con l’agenda di Fidesz.
Uno di questi è il Mathias Corvinus Collegium che ha ricevuto fondi da diverse entità controllate da Budapest. A Bruxelles opera come un think thank specializzato in affari europei. Allo stesso tempo, Orbán mobilita organizzazioni non governative in realtà organizzate dal governo per simulare l’azione di una società civile autonoma, che poi collabora con piattaforme transnazionali anti gender. L’Epf definisce quella ungherese «una delle strategie anti gender più strutturate e dotate di risorse in Europa» che «rappresenta una minaccia significativa per l’Europa».
Secondo Datta, «stiamo assistendo allo sviluppo di un ecosistema simile a quello che esiste negli Usa. Ci sono think thank di estrema destra e anti gender in gran parte alimentati da finanziamenti pubblici, perché associati a partiti politici di estrema destra oppure con il modello ungherese delle fondazioni».
Soldi pubblici europei
Nel complesso, i soldi europei per iniziative anti gender vengono da diverse fonti: ricche famiglie aristocratiche, imprenditori del mondo tech, aziende. Ma c’è anche una parte significativa di fondi pubblici, pari ad almeno 171 milioni di dollari. Fondi statali, come in Ungheria. Ma anche finanziamenti legati all’Ue, come quelli del programma Erasmus, sfruttato da progetti anti gender apparentemente finalizzati all’educazione dei giovani.
Come ad esempio quelli portati avanti dalla World Youth Alliance (Wya), un’organizzazione non governativa cattolica antiabortista. Dal 2019, varie filiali della Wya hanno ricevuto oltre 1 milione di euro in finanziamenti dell’Ue. Wya è quello che il rapporto classifica come ong che si presentano come società civile ma in realtà gestite e in parte finanziate dalla chiesa.
Di queste fa parte anche Teen Star, l’organizzazione internazionale dietro i corsi di educazione sessuale di matrice cattolica finiti al centro delle polemiche all’inizio del 2025 dopo la denuncia di alcuni genitori di alunni di una scuola di San Donà di Piave. Wya e Teen Star fanno parte di quegli attori che forniscono cosiddetti “servizi anti gender”: infiltrano la rete educativa e sanitaria con programmi scolastici che promuovono l’astinenza invece dell’educazione sessuale, centri che scoraggiano le donne ad abortire con informazioni fuorvianti o che offrono terapie riparative contro l’omosessualità.
La politica
A livello europeo, tre gruppi politici sono particolarmente coinvolti nelle mobilitazioni anti gender: Conservatori e Riformisti europei (Ecr), Patriots for Europe e il Partito Politico Cristiano Europeo. «Oggi la dimensione politica è davvero l’epicentro del movimento anti gender. Quindici anni fa il fulcro era nel mondo delle istituzioni religiose, dieci anni fa della società civile. Ora è il mondo della politica», afferma Datta.
Il consolidamento delle leadership di questi partiti ha dato accesso al movimento anti gender a parlamenti, strumenti legislativi, risorse statali. Parallelamente, si stanno istituzionalizzando sempre più piattaforme transnazionali che consentono agli attori anti gender di coordinarsi. Come la Conservative Political Action Conference, nata negli Stati Uniti ma ormai di casa in Europa e in particolare a Budapest. La retorica anti gender è adesso non solo normalizzata nel discorso politico mainstream, ma incorporata nei processi decisionali.
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