Anche se i partiti conservatori Cdu e Csu, spaccati ormai da settimane sulla decisione in casa propria, fossero riusciti ad accordarsi sul loro candidato cancelliere ieri sera, il dato politico resterebbe comunque invariato: l’attenzione dei commentatori, e si presume dei cittadini, ieri era tutta riservata ai Verdi.

L’entusiasmo

Chi segue i Grünen da anni, ma anche e soprattutto chi ha imparato a conoscerli a partire dalla scelta di non partecipare al governo nel 2017, non ha lesinato superlativi per definire la candidatura alla cancelleria di Annalena Baerbock «la migliore decisione che i Verdi potessero prendere», e lei stessa una «grandissima candidata» per il dopo-Merkel.

«Una scelta storica» l’ha definita anche lo stesso Robert Habeck, il cosegretario del partito. Ieri Baerbock e Habeck hanno annunciato la decisione inseme: la scelta è il risultato di un processo consensuale che non ha nulla da invidiare all’ordinata candidatura del vicecancelliere Olaf Scholz (Spd) e sottolinea ancora più marcatamente il caos nella Cdu/Csu.

È innegabile che si tratti di una svolta storica per il partito. È infatti la prima volta in quarant’anni che i Verdi designano una dei loro per lo scranno più alto della repubblica federale. È forse proprio perché si tratta di una pietra miliare che la decisione è caduta su Baerbock, che più rappresenta il modello politico che il partito ambisce proporre, anche al potere.

Il ritratto

Quarant’anni, laureata in legge internazionale alla London School of Economics, Baerbock è una professionista della politica fiera della propria capacità analitica e preparata a una gestione pragmatica del comando. Come Habeck appartiene alla corrente “pragmatica” (i «realos», ndr) del partito, più pronta al compromesso e a intraprendere battaglie ambientali con direttive federali piuttosto che con manifestazioni.

A differenza del suo collega alla guida dei Verdi, Baerbock rappresenta una candidatura sicura ed è meno propensa agli scivoloni mediatici: una fonte di partito ha detto al settimanale Die Zeit che «con Annalena prendiamo il 18-21 per cento, con Robert il 16-25 per cento». Punti preziosi in un sistema proporzionale, ma che sottovalutano forse la grinta di una politica che in meno di tre anni è stata capace di uscire dalla semioscurità, conquistare la segreteria e porsi in testa a una futura forza di governo.

Parliamo, poi, di una tedesca dell’ovest con la faccia tosta di candidarsi ripetutamente nel collegio uninominale di Potsdam, nel Brandeburgo dove di verde ormai sono rimasti solo i pascoli. Per ora non è mai riuscita a spuntarla ed è entrata nel Bundestag via lista proporzionale (quest’anno il collegio sarà però conteso fra lei e il candidato cancelliere dei socialdemocratici Olaf Scholz).

Già assistente parlamentare a Strasburgo di un’europarlamentare verde, Baerbock ha una carriera accademica e partitica fortemente segnata dalla politica estera.

A Berlino ha svolto il ruolo di portavoce del gruppo di lavoro sugli Affari europei dei Verdi (questo in un paese in cui le commissioni tecniche dei partiti giocano ancora un ruolo determinante nella determinazione della linea politica), a Bruxelles è stata membro del direttivo dei Verdi europei.

La debolezza

L’unica macchia sul suo curriculum è la mancanza di qualsiasi esperienza di governo. Questa lacuna sarà indubbiamente un tema importante della campagna elettorale, una partita nella quale partecipano ministri, come Scholz, e governatori come Markus Söder o Armin Laschet, che governano in Baviera e in Nord Reno-Vestfalia.

A questo proposito sarà cruciale capire quanto rimarrà del tandem Habeck-Baerbock la cui guida tanto aveva fatto crescere il partito: ogni boutade di lui era sempre compensato dalla competenza di lei, ogni discorso deludente di lei dal carisma di lui.

Nonostante i limiti caratteriali che le vengono rimproverati, i Verdi entrano in campagna elettorale da un’ottima posizione nei sondaggi, che hanno raggiunto anche grazie al loro ambizioso programma. Perché la sfida centrale di queste elezioni sarà proprio l’affermazione di un nuovo paradigma politico. Lo ha detto Baerbock quando ha presentato la propria candidatura: «Mi candido per il rinnovamento, per lo status quo ci sono altri».

Gli avversari hanno colto il guanto di sfida, chi più chi meno. Afd ha annunciato fin da subito di considerare i Verdi come il proprio principale avversario politico. Tra i conservatori il posizionamento rispetto ai Verdi resta uno dei conflitti centrali. Non è un segreto che ci sia l’esplicita volontà di Söder, qualora fosse davvero lui a spuntarla contro Laschet, di frenare l’ascesa dei Verdi abbracciando temi ambientalisti e prepararsi a una coalizione di governo di cui i democristiani rimangano azionisti principali. Kevin Kühnert, vicesegretario della Spd, ha invece colto l’occasione per invitare Baerbock a chiudere il lunghissimo periodo di governo della Cdu formando una coalizione di centrosinistra con socialdemocratici e Linke. Attualmente sembra però improbabile che Baerbock possa annunciare alleanze prima delle elezioni: più facile che il partito più corteggiato del Bundestag si lasci tutte le strade aperte.

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