Le ultime notizie sono il segnale di un problema ingombrante che Angela Merkel ha lasciato in eredità all’Europa. Il nodo è il gasdotto Nord Stream 2, e le relazioni con la Russia che la sua presenza determina. Mentre l’Ue si arrovella su come far fronte al rincaro di energia e bollette, diventa chiaro il potere di Mosca. Prima l’azienda russa Gazprom ha ridotto gli arrivi di gas all’Ue; la scorsa settimana i transiti dalla Bielorussia si sono ridotti di due terzi, tant’è che il governo polacco accusa Mosca di ricatto: ridurre l’offerta porta una salita dei prezzi. Poi ieri Putin ha annunciato l’aumento delle forniture in soccorso dell’Ue. Un tira e molla che rivela le potenzialità di ricatto. In più, ieri l’avvocato generale della Corte di giustizia Ue ha dato un parere che va a favore delle mire russe di aumentare le vendite di gas in Europa. L’operatore di Nord Stream 2, con sede in Svizzera, ha sfidato in sede europea la giurisprudenza tedesca: ritiene di dover essere esente dalla recente direttiva europea sul gas, per la quale chi possiede l’infrastruttura e chi fornisce il gas non possono coincidere. Quello che Merkel interpreta come un suo successo, e cioè aver chiuso il mandato con il gasdotto finalmente completato a settembre, è in realtà un motivo di tensione nell’est Europa e rende l’Ue meno impermeabile nei confronti di Mosca. Ciò anche per le condizioni accordate dalla cancelliera a Putin.

Le priorità di Berlino

L’apertura della Germania a Nord Stream 2, il gasdotto che dalla russa Vyborg attraversa il mar Baltico per approdare nella tedesca Greifswald, comincia poco prima che Merkel vada al governo. Settembre 2005: solo due settimane prima di lasciare la cancelleria, il socialdemocratico Gerhard Schröder sigla l’accordo con Mosca. Il mese dopo è lui stesso al soldo di Gazprom. Merkel, che detiene il potere dopo di lui, continua a portare avanti il progetto, motivata anche dalla scelta di abbandonare il nucleare. Nonostante da anni almeno otto governi Ue esprimano forti perplessità, nel 2018 Berlino dà il suo via libera alla costruzione dell’infrastruttura, finita un mese fa. Neppure l’opposizione interna tedesca, assai viva dopo l’avvelenamento di Navalny, frena la strategia pragmatica della cancelliera. L’idea merkeliana è che i legami economici depotenzino la pericolosità di capi di governo dispotici. Ma si è già rivelata fallimentare, anche dentro l’Ue, con Viktor Orbán.

Le pressioni duplici, sia degli Usa che dei paesi dell’est Europa come Polonia e Ucraina, che temono le ingerenze russe, non hanno impedito a Merkel di chiudere a luglio un accordo con Washington e ottenere il suo via libera. Fino al 2024 Mosca deve pagare a Kiev oltre due miliardi all’anno per far passare il suo gas da terra ucraina, ma con Nord Stream 2 non sarà necessario; Berlino promette che i soldi continueranno ad arrivare. Non è chiaro però come farà a garantirlo. Soprattutto, Merkel ha rifiutato la richiesta Usa di inserire una clausola “kill-switch” (“spegni tutto”) che consentirebbe di interrompere il flusso di gas in caso di mosse aggressive russe.

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